Discesa di Gesù negli inferi, la catabasi di Cristo per salvare le anime dei patriarchi e per combattere Satana prima della risurrezione
Il Venerdì Santo è la giornata del calendario liturgico dedicata alla commemorazione della passione e della crocefissione di Gesù Cristo sul Golgota, il quale risuscitò dopo tre giorni.
Inoltre, esiste una tradizione di leggende medievali, derivate dalla lettura di alcuni versetti neotestamentari come la Lettera ai Romani di San Paolo o il Vangelo di Matteo, che affrontano il tema della discesa di Gesù negli inferi. Il figlio di Dio sarebbe disceso in questo posto per sconfiggere il demonio e liberare le anime dei patriarchi biblici dell’Antico Testamento (si pensi ad Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè fino al progenitore Adamo), i quali, essendo nati prima della venuta del Salvatore, non avrebbero ricevuto accoglienza in paradiso da subito; in quanto, tale regno ultraterreno è destinato a tutti coloro che sono stati degli ottimi cristiani in vita e la missione divina di redimere l’umanità dal Peccato originale non era stata compiuta all’ora della loro morte.
La discesa di Gesù all’inferno dopo la crocefissione, tra passi neotestamentari e testi apocrifi
La teologa Joanna Zervou Tognazzi, in una voce dell’Enciclopedia Treccani riguardante l’anastasi (ovvero la risurrezione di Cristo, recuperando il lemma di origine greca), riporta l’esistenza di un testo anonimo che racconta la discesa di Cristo all’inferno. Il testo apocrifo è parte del Vangelo di Nicodemo, assieme agli Atti di Pilato, e racconta della risurrezione dei due figli di Simeone (il vecchio profeta citato nel Vangelo di Luca, quando Cristo fu presentato al Tempio di Gerusalemme dai suoi genitori). I due ragazzi, tornati in vita dall’aldilà, raccontano le pene dell’inferno e l’arrivo del Messia, il quale sconfigge Satana e libera i due narratori. Zervou Tognazzi ritiene che il testo abbia subito ulteriori modifiche, la redazione conosciuta oggigiorno (probabilmente) sarebbe stata redatta in epoca carolingia.
In realtà, già nella Tardo antichità, i padri della Chiesa consideravano la discesa di Gesù negli inferi «un mistero, privo di testimonianze, che spiega e conclude la storia della salvezza, iniziatasi con un altro mistero, quello dell’incarnazione», un evento riportato da San Paolo e dall’evangelista Matteo ma anche, come affermato da Egidio Guidobaldi sempre sull’Enciclopedia Treccani, dalla Prima Epistola di San Pietro e dagli Atti degli Apostoli.
L’autore di testi apologetici Tertulliano sosteneva la tesi della discesa oltremondana del Figlio di Dio, così come recita anche il Symbolum Apostolorum (Credo Apostolico) riportato da Rufino d’Aquilea: “crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, descendit in inferna, tertia die resurrexit a mortuis” ([Gesù fu] crocifisso sotto Ponzio Pilato e sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno era risuscitato dalla morte), e lo stesso vale per altri autori della patristica successiva, come Giovanni Damasceno, Giovanni Crisostomo e Cirillo d’Alessandria. Quest’ultimi ritenevano che la discesa di Gesù all’inferno fosse avvenuta per la liberazione delle anime di Adamo ed Eva (i progenitori dell’umanità macchiati del Peccato originale) assieme a quelle dei patriarchi biblici e delle loro spose fino al Giovanni Battista, quel battezzatore che vagava lungo il corso del Giordano e che battezzò suo cugino.
Il Canto IV dell’Inferno di Dante Alighieri: il racconto di Virgilio della discesa di Cristo
La tradizione medievale è ricca di leggende sulla discesa di Gesù negli inferi, le quali conobbero un notevole diffusione nella comunità di credenti. La Commedia di Dante Alighieri (da un punto di vista filologico, bisogna ricordare che l’aggettivo “Divina” era stato aggiunto da Giovanni Boccaccio per celebrare l’opera) è la summa del pensiero teologico-filosofico e letterario del Medioevo, un’opera che, grazie alla potenza delle immagini fornitaci dalle sue terzine, ci permette di esplorare la cultura e il modo di pensare di un’altra epoca. La leggenda della discesa di Gesù negli inferi torna anche nell’opera di Dante, grazie al Canto IV dell’Inferno.
Il poeta fiorentino e la sua guida Virgilio si ritrovano nel Limbo, il luogo dove, come riferito dalla della filologa e studiosa Anna Maria Chiavacci Leonardi, risiedono le anime degli illustri spiriti del passato: personaggi letterari-mitologici come Enea, Ettore, Orfeo, Elettra e quelli realmente esistiti come il condottiero Caio Giulio Cesare, il sultano Saladino oppure filosofi come Socrate, Platone, Aristotele e Talete. “Dante-narratore” afferma di essersi emozionato all’incontro con i grandi poeti del passato: Orazio (autore delle Satire), Ovidio (l’autore delle Metamorfosi), Lucano (colui che compose il Bellum Civile o Pharsalia) e Omero, al quale spetta il titolo di epico per le sue opere (Iliade e Odissea).
Dalle parole di Virgilio, contenute dal verso LII al verso LXIII, apprendiamo la storia del primo girone infernale, il Limbo, dove risiedono le anime di tutti coloro che non ebbero la possibilità di conoscere il messaggio di Cristo, di convertirsi alla fede cristiana ma obbedirono alle virtù cardinali rivelando di essere degli “spiriti magni”.
Le anime di Adamo, Abele, Noè, Mosè, Abramo, Davide, Giacobbe con quella della moglie Rachele e quelle dei suoi figli erano risedevano in questo luogo. Virgilio era appena giunto nel Limbo, in quanto, in epoca medioevale circolava la leggenda che costui avesse predetto la nascita di Cristo all’interno delle Bucoliche (precisamente la quarta). Ed è proprio l’illustre poeta antico e guida di Dante a narrare al poeta-personaggio la discesa di Gesù all’inferno per liberare le anime di questi spiriti, dal momento che il Paradiso sarebbe nato dopo la morte del Messia e la diffusione della sua parola.
Il recupero di tale tema nella letteratura dal XVI secolo da oggi
La leggenda della discesa di Gesù negli inferi continuò ad alimentare l’immaginario letterario europeo; per esempio, nel caso di Torquato Tasso, il quale, nel suo poemetto Le Stanze del Sig. Torquato Tasso per le Lagrime di Maria vergine Santissima e di Giesu Christo Nostro Signore (1593), ritorna il tema della discesa di Cristo, la sconfitta del Male e la liberazione dei patriarchi, come affermato dal docente universitario Pasquale Sabbatino nel suo volume La Bellezza di Elena. L’imitazione nella letteratura e nelle arti figurative del Rinascimento. Si tratta di un poemetto in cui si racconta la Passione di Cristo, il dolore provato da Maria davanti alla morte del suo figlio, del pianto della madre e dei presenti ma anche della discesa di Gesù agli inferi.
Un altro esempio di scontro tra Gesù e Satana, stavolta nella letteratura contemporanea e senza alcuna discesa all’inferno, è quello descritto nel romanzo L’ultima tentazione (Ο τελευταίος πειρασμός, O teleftéos pirasmós, 1954) dello scrittore, drammaturgo e giornalista greco Nikos Kazantzakis, il quale fu adattato sul grande schermo da Martin Scorsese. Nell’opera di Kazantzakis, Satana prova a corrompere la parte più umana di Gesù, il quale rifiuta il sacrificio sulla croce per poter vivere normalmente come molti suoi contemporanei. Non c’è nessuna catabasi all’inferno, anzi, il padrone di tale luogo sembra arrivare sulla Terra e sfidare l’Onnipotente corrompendo il figlio.
Fonte immagine di copertina: Wikipedia