Le donne avvelenatrici sono donne che si sono riscattate diversamente ad una società che non le permetteva di scegliere il proprio posto.
Si sa, le donne in passato non avevano tutte le libertà di oggi, non potevano divorziare o, peggio, denunciare i mariti violenti.
Nel corso della storia alcune di esse, per liberarsi dal proprio status sociale e di moglie, sono arrivate ad avvelenare i propri mariti. Andiamo a vedere in particolare quali sono le origini di alcuni fenomeni di questa tipologia.
Giulia Tofana è conosciuta proprio per essere una di queste donne avvelenatrici della storia. Lei era una giovane ragazza che viveva in un quartiere malfamato di Palermo, dal quale voleva fuggire. Dopo aver fatto per un anno la prostituta, decise di vendere una pozione velenosa composta da acqua, anidride arseniosa, piombo, antimonio e succo di bacche di belladonna, pianta medicinale tra le più pericolose diffuse nel mediterraneo.
Questa bevanda era inodore, insapore e incolore quindi facile da mascherare e veniva venduta in una boccetta con le istruzioni per evitare errori.
Per non destare sospetti, la bevanda veniva spacciata per un cosmetico femminile ed era venduto molto spesso a donne che vivevano in un matrimonio infelice dal quale non potevano divorziare e quindi l’unico modo per liberarsi era la morte dei mariti. Molto presto però l’attività fraudolenta destò dei sospetti alla Santa Inquisizione perché una donna non aveva rispettato le sue indicazioni circa la somministrazione del veleno e il marito, che era sopravvissuto e aveva anche scoperto il tentativo di omicidio, denunciò Giulia Tofana. Giulia decise di scappare a Roma con un frate, Girolamo, che sarebbe poi diventato il suo amante e riuscì a rifarsi una vita con lui.
Tra le più famose donne avvelenatrici dell’antichità romana invece vi era Lucusta, giovane donna celta giunta a Roma come schiava. Locusta gestiva un emporio dove sono state trovate sostanze velenose. Molto probabilmente fu istruita già prima di arrivare a Roma. Agrippina minore si rivolse a lei per avvelenare l’imperatore Claudio, morto nel 54 d.C. per aver mangiato funghi velenosi probabilmente reperiti da Lucusta. Sempre alle sue doti ricorse Nerone per uccidere Britannico, figlio del defunto imperatore.
Proprio per questo Nerone non era intenzionato a punire Locusta per la sua attività, ma Galba, futuro imperatore, la fece giustiziare brutalmente dopo averla fatta trascinare in catene per le strade della città. Lucusta è stata la prima vera assassina riconosciuta nella storia.
Tra le storie di donne avvelenatrici c’è quella di Madame Alexe Popova, una donna russa che si ricorda per aver ucciso circa 300 uomini. La Russia agli inizi del Novecento, come si può immaginare, era retrograda e non interessata ai diritti delle donne, infatti i maltrattamenti che ricevevano in famiglia erano considerati normali. A Madame Alexe, quindi, si rivolgevano donne stanche di essere maltrattate, abusate, picchiate da mariti violenti, che anziché rivolgersi alla polizia che non le avrebbe ascoltate, si rivolgevano a Madame Popova, che molto spesso anche senza compenso risolveva i loro problemi.
La sua tecnica era conquistare la fiducia dei mariti di chi le chiedeva una mano e una volta riuscita li avvelenava. Usava l’arsenico, un veleno completamente inodore e insapore che a quel tempo era facilmente reperibile anche nelle drogherie perché venduto come topicida.
Venne scoperta perché una delle donne che le aveva chiesto di avvelenare il marito si pentì comunicando l’accadimento alla polizia. Lei venne dunque arrestata e durante il suo processo dichiarò di essere colpevole ma in buona fede, poiché il suo scopo non era uccidere ma liberare le mogli dai mariti violenti!
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