Elena Muchina, un’atleta sacrificata dall’Unione Sovietica

Elena Muchina monumento

Elena Vjačeslavovna Muchina è stata un’atleta sovietica, nata a Mosca nel 1960, quando la capitale dell’attuale Russia era parte dell’Unione Sovietica.
Grazie alla sua bravura, ebbe un ruolo fondamentale nella modernizzazione della ginnastica artistica: l’atleta fu pioniera di molte acrobazie (come, ad esempio il doppio raccolto avvitato al corpo libero ed il doppio raccolto come uscita alla trave).
La storia di Muchina è, però, molto triste: una carriera brillante, che l’ha portata ad essere considerata da molti la migliore ginnasta degli anni ’80, la cui carriera (e vita) si è spezzata troppo in fretta a causa dell’indulgenza dei suoi preparatori atletici; nonostante fossero a conoscenza della sua pessima condizione fisica, l’hanno spinta ad allenarsi il più possibile per poter essere in grado di competere alle Olimpiadi del 1980. Oggi, in molti sono concordi nel dire che la grande Elena Muchina sia stata sfruttata fino alla fine, in maniera da mostrare agli occhi del mondo la grandezza dell’Unione Sovietica e l’attenzione che gli sportivi russi prestavano allo sport.

Elena Muchina: Biografia

Come detto, Elena Muchina nasce a Mosca negli anni ’60. La sua infanzia ha come sfondo familiare la casa della nonna, data l’assenza di entrambi i genitori. Resa nota la sua bravura nella ginnastica artistica, avvenne successivamente l’iscrizione alla polisportiva russa del CSKA Mosca, la maggiore società sportiva sovietica. L’anno della sua consacrazione da ginnasta di altissimo livello fu il 1977, quando partecipò all’Europeo per l’Unione Sovietica. La sua tenacia, l’impegno costante e la spinta del suo allenatore Klimenko, uno dei primi a credere nelle incredibili abilità della ragazza, diedero i propri frutti: in quell’occasione vinse tre ori, un argento ed un bronzo, consacrandosi come regina d’Europa.

Il Mondiale

Al Mondiale del 1978, confermò quanto fatto l’anno precedente: oltre che regina d’Europa, Muchina fu consacrata campionessa mondiale.
I campionati del mondo di quell’anno si svolsero a Strasburgo, dove l’atleta vinse cinque medaglie, tre d’oro e due d’argento. In questa occasione, divenne anche la prima ginnasta ad eseguire due acrobazie impensabili per l’epoca: un doppio raccolto come uscita alla trave, che ha influenzato lo stesso sport negli anni a venire, dato lo sviluppo di varie varianti dello stesso; l’altra fu un doppio raccolto avvitato a corpo libero, una mossa considerata complessa ancora oggi, nonostante le pedane odierne siano appoggiate su delle molle per facilitare la spinta.
Elena Muchina riuscì a farlo negli anni ’70, quando i tappeti erano privi di alcun supporto. Questo basta per far comprendere le capacità atletiche della campionessa.

L’Europeo e l’infortunio

Nel 1979, ovviamente, prese parte al successivo Europeo da campionessa in carica e, anche in questa competizione, i pronostici erano tutti dalla sua parte. Nella competizione che ebbe luogo a Copenaghen, Elena Muchina vinse un oro ed un argento ma, mentre era in tournéé in Gran Bretagna, subì un brutto infortunio alla caviglia.
In seguito ad accertamenti, si ebbe il verdetto: la caviglia dell’atleta era rotta. Avrebbe dovuto essere a riposo assoluto e saltare i successivi Mondiali, quelli dello stesso anno. Nonostante ciò, fu costretta per ben due volte a ricorrere ad operazioni chirurgiche per poter essere in prima linea ai giochi olimpici, che avrebbero avuto sede nella sua Unione Sovietica.

Il 1980 ed il terribile incidente di Elena Muchina

Nonostante l’infortunio, Elena Muchina cercò di dare il massimo per essere protagonista delle Olimpiadi di Mosca del 1980, spinta sia dalla eccessive pressioni esterne del suo staff, che del suo preparatore atletico.
Gli allenamenti erano estenuanti: otto ore al giorno, sette giorni su sette. La stessa Muchina affermò: Se mi fossi infortunata, almeno tutti quei sacrifici sarebbero finiti.
L’atleta, infatti, sentiva che la sua caviglia non avrebbe retto ancora a lungo e, purtroppo, così fu: 15 giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi, durante la solita stancante sessione di allenamento, la sua predizione divenne realtà.

Klimenko, il suo preparatore, l’aveva convinta a provare il cosiddetto Salto Thomas, un salto a 560 gradi, un giro mortale e mezzo che, per essere eseguito, necessitava di un’importante potenza nelle gambe che avrebbe portato poi all’elevazione necessaria; non il massimo per una ragazza reduce da una frattura alla caviglia. Un’acrobazia difficilissima e pericolosissima che portò, infatti, l’atleta a rompersi il collo. La diagnosi fu terribile: frattura del rachide cervicale e paralisi totale, sia degli arti superiori che inferiori.

Le conseguenze

Sembra strano dirlo, ma la parte più triste di questa vicenda deve ancora venire: al suo risveglio, Muchina era completamente paralizzata e l’Unione Sovietica cercò, per circa 2 anni, di nascondere l’accaduto, raccontando che la ragazza in realtà stesse bene e che avesse subito soltanto un leggero infortunio. La vicenda venne a galla soltanto due anni dopo, quando un dirigente sportivo spagnolo, un certo Saramanch, voleva a tutti i costi consegnarle la medaglia d’oro e farle gli auguri di una presta guarigione.

In realtà, la scena che trovò di fronte a sé quando arrivò da Elena Muchina fu straziante: la ragazza era ancor più dimagrita, seduta su una sedia a rotelle e completamente impossibilitata a muoversi. Pensare a cosa abbia subito, in quel periodo di tempo, costretta a tacere sulle proprie vere condizioni di salute ed obbligata a dipendere da altre persone, fu un pensiero da far accapponare la pelle. 

In seguito all’infortunio dell’atleta sovietica, inoltre, il Salto Thomas fu definitivamente bandito dalle competizioni di ginnastica artistica, in quanto considerato troppo pericoloso.

Conclusioni

Oggi, Elena Muchina è considerata un simbolo per tutti gli sportivi, una ragazza con un vissuto triste sin dall’infanzia, ma completamente dedita alla sua amata ginnastica, sport che però l’ha portata alla sua stessa rovina.
Come abbiamo visto, la voglia di mettersi in mostra, la forza, la determinazione e il coraggio di non mollare mai, erano qualità che appartenevano alla ginnasta: dopo l’infortunio, nonostante le difficoltà, con un’ammirevole forza d’animo e determinazione, riuscì a portare a termine il proprio percorso universitario e a laurearsi all’Istituto di Educazione Fisica di Mosca. La vita di questa grande donna volge al termine il 22 dicembre del 2006, a 46 anni, a causa di un arresto cardiaco, dopo 26 anni di solitudine e sofferenza, indotte dalla sua condizione paraplegica. 

Fonte immagine: Wikipedia Commons

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