Prima un incontro svelto di sguardi. Occhi che sfuggono poi restano, le labbra si mordono leggermente, i capelli si scostano dal volto. Ultimo tiro di sigaretta, ancora sguardo. Appena si toccano le mani e i corpi si uniscono, le singole parti diventano una. È l’estasi dei sensi, il circolo perenne dell’abbraccio.
Il tango è un’opera d’arte in movimento e musica, è qualcosa che richiama un’eco lontana, irraggiungibile. Ma cosa succede quando l’arte in movimento incontra l’arte impressa in un’immagine, in un tratto di matita e colore? Quella di Corto Maltese e del tango è una storia di lontananze e di amori perduti. È essa stessa un’avventura, è l’ennesimo salpare da un porto.
Corto Maltese è l’emblema dell’avventuriero e sembra essere l’incarnazione del viaggio. Nato grazie al connubio del genio di Hugo Pratt e della matita di Lele Vianello, da subito è una figura che prende vita e si delinea attraverso mille sfaccettature: marinaio e pirata astuto e generoso, romantico e disilluso, ha il temperamento del gipsy e del bohemien, ma la sua ironia pungente è sempre marcata da un velo di malinconia.
In lui vive il sognatore e il nostalgico, l’eterna contraddizione tra il bene e il male. E anche le origini di Corto non potevano che essere contrastanti, essendo figlio di un marinaio della Cornovaglia e di una gitana andalusa, “la Niña di Gibraltar”.
Sarà che Corto è tutte quelle contraddizioni che esplodono sfacciatamente nell’animo umano, ma per un osservatore acuto come Pratt non sarà stato difficile accostarlo al sentimento contrastato per eccellenza: il tango. Ma andiamo per ordine.
“Tango para Corto”, un tanto per Corto Maltese
La storia di Corto Maltese in Argentina ha inizio nel 1904, anno in cui il marinaio fa scalo a Buenos Aires. Quattro anni dopo, “La Boca”, sobborgo della città, pullula di marinai, immigrati italiani e gente di malaffare, ma soprattutto bazzicano per quelle strade i più famosi ballerini di tango. E lui, non per caso, si trova là. Più tardi, nel 1923, il destino, o forse determinate circostanze, lo portano nuovamente nella capitale argentina, dove viene avvisato della morte (apparentemente accidentale) dell’amica Louise Brookzowyc e della scomparsa della sua bambina tra le losche viscere di Buenos Aires.
Corto si trova all’improvviso in mezzo ad una storia di prostituzione, illegalità, vecchi amici maledetti e donne. Donne che per il marinaio rappresentano amori fugaci o amori irraggiungibili, sogni che si perdono nella notte e nel tempo, portati via dall’ennesima partenza.
Tutto questo diviene reale nelle 104 pagine di “Tango”, nelle quali Hugo Pratt non riesce solo a dipingere gli odori, i colori e l’anima più inafferrabile di Buenos Aires, ma come sempre regala altri orizzonti, trasferisce vite sulla carta, rubandole alla realtà. Come nel caso della meravigliosa Louise Brookzowyc, personaggio voluto da Pratt per ricordare e omaggiare Louise Brooks, grande attrice del cinema muto.
Corto Maltese e il ballo argentino
Ma la scena più intensa nata dall’incontro tra tango e fumetto (che è stata anche presentata ad una mostra alla galleria Hde di Napoli, dove sono state esposte le serigrafie firmate da Pratt) è quella in cui Corto balla un tango con Valentina, donna bellissima e intrigante creata nel 1965 dalle chine di Guido Crepax. Non un’immagine in cui le due figure sono intere, solo dettagli: occhi, bocca, gambe che si avvicinano, piedi che giocano.
Ecco, questo pare sia il tango, così come la vita: sequenze di dettagli che possiamo solo immaginare nell’insieme. Aggiungeteci poi la poesia e l’atmosfera sinistra di un sobborgo di Buenos Aires, il suono di un bandoneon sotto il chiaro di luna, cappelli calati a coprire sguardi troppo espliciti, spacchi profondi che nascondono gambe, caviglie, tacchi. Immaginate tutto questo e pensate al sorriso beffardo di un marinaio che guarda il mare ma si volta per un istante, distratto da un ricordo o da una musica lontana. Corto ha appena finito di ballare un tango. E forse è quello stesso ballo ad assomigliargli?