I Titani: un viaggio alla scoperta degli dèi preolimpici | Riflessione
Fin dal primo incontro tra i nostri occhi e le pagine dei poemi più famosi dell’antica Grecia, siamo entrati in un mondo coinvolgente, che ha colpito la nostra immaginazione con la sua maestosità. Un universo di dèi e dee che pensano, parlano, si innamorano, odiano come i mortali e le cui vicende si intersecano, spesso, con quelle degli uomini.
Per quanto dèi ed uomini possano essere diversi gli uni dagli altri, se confrontate, vediamo quanto simili siano le due società. Regola dei rapporti tra dèi e mortali è la religione, cioè il complesso di atti di culto da parte degli uomini con cui si cercava di ottenere il favore della divinità. Ma proprio la divinità, o meglio, la discendenza divina, era la giustificazione che adottavano i re per legittimare la loro superiorità su tutti gli altri e poter realizzare la gerarchia che sovrintendeva alla società. E questi racconti di uomini e dèi, trasmessi da padre in figlio e poi cantati dai poeti, diedero vita alle leggende che, tutt’oggi, ancora ci affascinano.
Il principio fu il Chaos, un’immensa voragine in cui perduravano, mescolati, tutti gli elementi. Dal Chaos si formarono prima Gea (la Terra), sede sicura per il Tutto, e Amore. Poi ebbero origine Erebo (il Tartaro), collocato sotto la terra, e Nyx (la Notte). Erebo e Nyx, unitisi, generarono Etere (l’Aria) ed Emera (il Giorno). Gea a sua volta dette vita ad Urano (il Cielo), che la ricoprì da ogni parte e fu sede eterna degli dèi ed, insieme, generarono i Titani.
I Titani
I Titani (in greco antico: Τιτάνες, Titánes) sono, nella mitologia e nella religione greca, gli dèi più antichi (próteroi theoí), nati prima degli olimpi. Titanidi erano invece chiamate le dee, loro sorelle, mogli e compagne.
I Titani vengono considerati come le forze primordiali del cosmo, che imperversavano sul mondo prima dell’intervento regolatore e ordinatore degli dèi olimpici e che, quindi, muovevano le fila della vita e del mondo.
Nonostante spesso sconvolgessero il creato, tuttavia, non erano mai rappresentati come degli esseri mostruosi, bensì sempre in forma antropomorfa.
L’origine del termine Τιτάνες non è assolutamente certa. Esiodo, nella sua Teogonia, poema mitologico in cui si raccontano la storia e la genealogia degli dèi greci, lo fa derivare, in modo del tutto fantasioso, dal termine τιταίνειν (“produrre uno sforzo”, “tendere in alto”) e da τίσις (“vendetta”, “punizione”) collegandolo alla relazione che questi dèi ebbero con Urano, loro padre.
Chi sono i Titani?
I Titani erano esseri straordinari, incarnazioni delle forze della natura, concetti o sentimenti.
Oceano, (Ὠκεανός), primigenia divinità marina, è inteso come l’infinita distesa di acque che circonda le terre emerse; dalla sua unione con Teti, (Τηθύς), la maggiore delle Titanidi, nascono i fiumi, le fonti e i laghi della Terra, nonché le Oceanine, bellissime ninfe che popolano i mari, e i fiumi infernali Acheronte, Stige e Lete.
Da Iperione, (Ύπέριον), in greco “colui che corre in alto”, e Teia (Θεία), “la divina” nascono le divinità delle luce e del calore: Helios (il Sole), Selene (la Luna) ed Eos (l’Aurora). Anticamente era chiamato Iperione lo stesso sole.
Ceo (Κοῖος) non è ricordato spesso nei miti, tuttavia gli abitanti dell’isola greca di Cos, lo celebrano come la divinità simbolo della loro terra. Sua sposa è Febe “la lucente”, madre di Latona, che da Zeus genererà Apollo e Diana.
Crio, (Κριός), chiamato anche “Megamede” (Grande Signore), rappresenta il “pilastro del Sud” e sposa Euribia, che non è una Titanide. Con lei genera Astreo, Pallante e Perse, da cui hanno origine le stelle, i venti, la vittoria, il potere, la violenza e l’ardore.
Giapeto, (Ιαπετός), a sua volta, non sceglie in sposa una Titanide. Da Climene, figlia di Oceano, genera Menezio; Atlante, gigante che sostiene il cielo con la forza delle sue braccia; Epimeteo, il cui nome è ricordato nel mito di Pandora, alla quale farà dono del vaso pieno di sciagure, e Prometeo, che ingannerà Zeus facendo agli uomini dono del fuoco.
Titanide è anche Temi, (Θέμις), “la Giustizia”, antichissima dea dell’ordine e dell’equilibrio. In suo nome si fanno giuramenti, si stipulano trattati e si accolgono gli ospiti. È lei, insieme a Febe, (Φοίϐη), a fondare l’oracolo di Delfi. Con Zeus finirà per dare origine ad altre entità che personificano l’armonia della natura e della vita: le Moire Cloto, «la filatrice», Lachesi, «colei che fissa (il destino)» e Atropo, «l’irremovibile», che assegnano all’uomo il suo destino, e le Ore, che simboleggiano le stagioni della natura: Tallo «la germogliante», Carpo «la matura» e Auxo «la crescente».
Mnemosine, (Μνημοσύνη), “la Memoria” si unirà, infine, con Zeus in nove notti consecutive e con lui genererà le nove Muse, protettrici delle arti e delle scienze.
L’ultimo Titano è Crono, (Κρόνος), il romano Saturno, “il fortissimo Crono… di scaltro consiglio, fra tutti i figliuoli il piú tremendo; e d’ira terribile ardea contro il padre“, come viene riportato nella Teogonia.
Dopo i Titani, l’unione tra Gea e Urano genera i tre Ciclopi Bronte, Sterope e Arge, i giganti con un occhio solo dotati di forza e abilità manuale, e gli Ecatonchiri, o Centimani, Cotto, Briareo e Gige, colossi, appunto dalle cinquanta teste e cento braccia, dalla forza terribile.
Urano imprigionò i tre Ecatonchiri e i Ciclopi a causa della loro “mostruosità” e per paura che uno di essi potesse realizzare l’oracolo che lo perseguitava.
La leggenda narra, infatti, che un oracolo predisse ad Urano che qualcuno della sua progenie lo avrebbe ucciso. Per questo, dopo aver imprigionato i sei giganti, come citato da Esiodo: “Urano, come nascevano (i Titani), tutti li nascondeva giù nei bàratri bui della Terra, non li lasciava a luce venire”.
Fu la stessa Gea a chiedere ai Titani di ribellarsi; solo Crono, il più giovane, accettò di farlo, e così Gea gli costruì una falce dentata: appena Urano si stese nuovamente su di lei, Crono, nascosto, lo evirò.
Tutti i figli di Urano e Gea tornarono alla luce e Crono divenne signore del mondo. Sposò sua sorella Rea, (Ῥέα), l’ultima delle Titanidi, da cui ebbe sei figli, la stirpe degli dèi olimpici: Estia, Demetra, Hera, Ade, Poseidone e Zeus ma tutti questi figli vennero divorati da Crono, che “…aveva saputo dalla Terra e da Uràno fulgente di stelle, che era per lui destino soccombere al proprio figliuolo.” In tal modo, a mano a mano che Rea generava i figli, Crono”...l’inghiottiva, come ciascuno dall’utero sacro su le ginocchia della sua madre cadesse…“.
Incinta nuovamente, Rea, consigliatasi a sua volta con gli stessi genitori, decise di partorire di nascosto a Litto (Creta), consegnando a Crono una pietra che questi divorò pensando fosse il proprio ultimogenito.
Il bambino, invece, Zeus, crebbe in forza e intelligenza, costringendo suo padre a vomitare tutti i suoi figli divorati fino ad allora e coinvolgendo i suoi fratelli, gli dèi dell’Olimpo, a combattere contro il loro padre, sostenuto dai Titani residenti sul monte Otri.
Si originò, così la lotta che Esiodo nella Teogonia definisce Titanomachia, oggetto inoltre dell’omonimo poema perduto, attribuito a Eumelo di Corinto. La Titanomachia durò piú di duecentocinquantamila anni (dieci “grandi anni”), in cui le lotte tra i due schieramenti si susseguirono di continuo in uno scontro feroce e maestoso, senza esclusione di colpi, in cui si combatteva lanciando montagne infuocate, suscitando terremoti e sconvolgimenti naturali.
Secondo la tradizione, furono proprio i Centimani e i Ciclopi a dare una svolta alla guerra. Essa, infatti, durava da tempo e si era giunti a uno stallo. Gea allora consigliò agli dèi di liberare i Ciclopi e andare a prendere i giganti Centimani, imprigionati nel Tartaro da Urano, e convincerli a unirsi alla battaglia. Zeus seguì il consiglio di Gea: sciolse dalle catene i tre Ciclopi, che per gratitudine gli fabbricarono delle nuove armi da usare contro i Titani, il tuono, il fulmine e il lampo, rifocillò gli Ecatonchiri con nettare e ambrosia e li invitò a lottare al suo fianco contro i Titani. Cotto diede la sua parola per tutti e tre.
La guerra riprese con gli dèi schierati in cima al monte Olimpo e i Titani sulla cima dell’Otri, a sud del monte Olimpo e a nord della piana della Tessaglia. Ma i nuovi combattenti avevano cento mani ciascuno, con le quali presero cento pietre e le scagliarono contro i Titani. Con tale pioggia di pietre e con l’aiuto delle nuove armi donate dai Ciclopi, i Titani furono sconfitti, incatenati e fatti precipitare nel Tartaro. Gli stessi Ecatonchiri furono messi a guardia dei Titani, chiusi in una fortezza sigillata con delle porte di bronzo create da Poseidone.
I Titani nelle altre tradizioni mitologiche greche
Altre leggende, più che altro versioni, sono nate sui Titani.
Diodoro Siculo, nella sua Bibliotheca historica, riferisce che secondo i Cretesi, i Titani nacquero al tempo dei Cureti, un gruppo di divinità minori della religione greca, più volte identificati con i Coribanti. Secondo questa versione, essi vivevano nei pressi di Cnosso ed erano figli di Urano e di Gea, oppure figli di uno dei Cureti andato in sposo a una certa Titaia, da cui essi presero il nome. Ognuno di questi Titani ebbe modo di lasciare un dono prezioso in eredità agli uomini conquistando in questo modo un onore imperituro. Il più anziano dei Titani, Crono, fu re.
Apollonio Rodio (Argonautiche I, 503-506) racconta, invece, tramite Orfeo, come, prima di Crono e Rea, i Titani fossero sudditi del serpente marino Ofione (Ὀφίων) e dell’oceanina Eurinome (Εὐρυνόμη). Essi avevano sede sull’Olimpo ma dovettero cedere il potere regale rispettivamente a Crono e a Rea dopo essere stati gettati nei flutti dell’Oceano.
Titanismo
Con il termine Titanismo, il mondo filosofico intende un atteggiamento di ribellione, un eroico quanto disperato tentativo di lotta da parte di qualcuno che, incurante di una potenziale sconfitta, sfida forze a lui superiori e porta fino in fondo la sua battaglia. Queste forze possono essere la divinità, il destino, la natura, il dispotismo, il totalitarismo, qualsiasi potenza che opprime la vitalità, l’espressione della volontà e della libertà dell’uomo. Non è, tuttavia, il destinatario della lotta ciò che fa la differenza, ma colui che si ribella.
In ambito letterario, il titanismo ha origine in Germania, all’interno del movimento Sturm und Drang, del 1770, che, in polemica con l’intellettualismo illuministico, contrappone alla ragione il sentimento, la fede, l’emozione, l’intuito, la spontaneità, la libertà, il potenziamento dei bisogni dell’uomo, in modo da soddisfare la sua sete di possesso e dominio. Nascono così l’uomo di fede, il genio, artistico e creativo, e l’uomo di natura, il superuomo. Il titanismo trova piena espressione nel Prometheus, ne I dolori del giovane Werther e nell‘Urfaust di Goethe.
Il titanismo rappresenta, inoltre, una tendenza fondamentale dell’anima di un altro movimento, il Romanticismo, e soprattutto della poesia di questa corrente. Il Romanticismo concepisce l’individuo in perenne conflitto con la società, o natura, continuamente in lotta contro forze prevaricatrici, che vincolano i suoi slanci vitali, ed in tensione verso l’immenso, l’illimitato.
A queste forze potenti e avverse la maggior parte dei mortali soccombe senza lottare, rifugiandosi nella provvidenza divina ed adottando quello che è l’atteggiamento della “vittima”, mentre gli uomini “di eccezione” si ribellano, insofferenti verso il “finito”, trasfigurandosi nella lotta, pur consapevoli di essere destinati alla sconfitta, o nell’opera letteraria con una sorta di compiacimento del dolore, da cui il “titanismo”, appunto.
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