L’Institutio (da in + statuo, quindi porre dentro, instituire, istruire), ossia il sistema dell’istruzione romana, era ispirata alla Formazione Enciclopedica Ellenistica che prevedeva sette discipline: grammatica, geometria, aritmetica, astronomia, musica, retorica e filosofia.
Vediamo evoluzione e costituzione dell’istruzione romana
L’istruzione romana durante la Repubblica
Durante la Repubblica, fino a 7 anni i ragazzi dovevano essere educati dalla madre, per poi successivamente farsi impartire dal pater familias i precetti culturali più specifici e i valori del Mos Maiorum (coraggio, obbedienza, vigoria fisica, capacità militari, austerità, pietà, onestà, dedizione al bene della res publica). A 18 anni i ragazzi compivano la cerimonia di passaggio indossando la toga virile ed entravano in società a fianco del padre.
In alcuni contesti, già dall’età arcaica s’incontra la figura di uno schiavo o liberto (spesso greco) detto litterator che fungeva da maestro di lingua. Purtroppo, essendo un subalterno, veniva spesso screditato dai padroncini che non erano ben disposti verso l’istruzione romana, o guardato con sospetto dai cittadini che pensavano «sviasse i giovani dai valori tradizionali».
L’influenza greca nelle Institutiones
Con l’apertura verso la cultura greca, nel II secolo a.C., ci fu una svolta radicale in questo campo che comportò anche l’affermarsi di institutiones pubbliche (ma non statali), ossia scuole rivolte ai plurimi che non potevano permettersi un precettore in casa. Queste istituzioni erano private e gestite da professionisti pagati irrisoriamente (per lo più greci) che spesso venivano anche maltrattati dai propri allievi.
Le classi erano promiscue in locali stretti (con poca mobilia e una lavagna nel migliore dei casi) e gli argomenti di scrittura, lettura e calcolo venivano esposti in maniera contro-intuitiva: perciò le lezioni erano ridicolmente difficili da seguire. Per esempio, l’istruzione romana prevedeva che l’alfabeto fonico venisse insegnato agli studenti senza ricollegarlo ai simboli grafici, mentre gli insegnanti li obbligavano a ricopiare dei testi senza aver mai approfondito la struttura delle parole, e così via.
L’istruzione romana nelle Scholae imperiali
A partire dal I secolo a.C. vi furono ingerenze statali nel campo dell’educazione (come bandi per la chiusura delle institutiones private), mentre con l’età imperiale (dal 31 o dal 27 a.C. fino al 476 d.C.) si assistette alla svolta dato che l’istruzione romana venne posta a carico dello stato, che offrì lauti stipendi ed esenzioni fiscali agli insegnanti, sussidi ai giovani ed eccezionalmente corsi di qualità, come quello sulla retorica di Quintiliano (che guidava i ragazzi coltivando la loro indoles, ossia talenti e passioni). Gli insegnanti ebbero più cura ad alternare studium e remissio (ossia periodi di studio e ricreazione) secondo le esigenze naturali dei ragazzi per non generare in loro insofferenza.
Il sistema tripartito
Il sistema scolastico venne così tripartito: a 7 anni i bambini varcavano la soia del Ludus (la Scuola Primaria) dove il Ludi Magister li avviava alla lettura, alla scrittura e al calcolo. Questo era l’unico livello dell’istruzione romana concesso alle donne, che solo decenni più tardi riuscirono ad acculturarsi approfonditamente optando su mezzi al di fuori delle Scholae tradizionali.
A 13 anni erano accolti nella Scuola del Grammaticus dove si trattava in lingua ellenica di letteratura latina e greca attraverso la lettura espressiva, l’analisi, la recitazione a memoria e il commento delle opere più notevoli (dall’età Augustea anche di autori contemporanei). Spesso, l’istruzione romana era affiancata da nozionistica generale pseudo-scientifica per la comprensione dei testi. Tuttavia, queste informazioni insegnate erano sterili in quanto i romani, nella loro pragmaticità, non vedevano l’utilità a lunga portata nella ricerca disinteressata, e preferivano servirsi di scoperte di seconda mano (spesso greche, limitate o sbagliate) senza arricchire il loro repertorio, né confermarne l’autenticità.
A 16 anni i giovani venivano traghettati nella Scuola del Rhetor dove: in teoria, dovevano essere formati su come sostenere delle impegnate orationes, nella pratica gli esercizi virtuosistici e i temi lontani dall’attualità più che agevolarli alla professione li lasciavano perplessi al momento del loro debutto in società. L’istruzione romana, quando possibile, veniva culminata da un viaggio in Grecia svolto per frequentare qualche lezione dei più rinomati filosofi del tempo (ci volle un po’ prima che la filosofia fosse apprezzata a Roma), o, più probabilmente, per assistere alle migliori arringhe che la piazza attica avesse da offrire all’epoca.
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