Negli ultimi anni è sicuramente capitato a ciascuno di noi di imbattersi in una gogna mediatica, in veste di spettatori passivi o di attori inconsapevoli: appare coerente però analizzare fin dal principio il contesto generale che ha dato vita nell’ultimo decennio al diffondersi a macchia d’olio di questo fenomeno tanto potente e democratico quanto pericoloso.
Struttura di una gogna mediatica
Viviamo tempi rapidi, fin troppo veloci per i nostri semplici ritmi umani, ed i social sono lo specchio di una società basata su un approccio consumistico che da decenni non ha fatto altro che alimentare la cultura della vita breve di un prodotto. Se negli anni del dopoguerra però questo concetto riguardava unicamente gli oggetti materiali, col passare del tempo questa modalità di pensiero ha influenzato ogni aspetto delle nostre vite trasformando indirettamente noi stessi e le nostre idee nel prodotto: se un essere umano è un prodotto vuol dire che può essere facilmente sostituito da un prodotto più valido e performante, se non è abbastanza efficiente qualcun altro o qualcos’altro lo sarà al posto suo.
Vien da sé però che in questo contesto il concetto di efficienza ha un rapporto diretto con quello di tempestività: con l’avvento di Internet e dei social in particolare l’informazione ha subito un duro colpo dal punto di vista della veridicità di una notizia, poiché il fulcro del giornalismo consiste ormai nell’istantaneità con la quale un articolo viene pubblicato. I giornali stampati passano quasi in secondo piano dinnanzi ad un articolo web; dunque, ogni singolo click è necessario affinché una notizia acquisisca rilevanza e crei un profitto, anche se quella notizia è una bufala o una spietata sentenza ingiustificata ed introdotta da un titolo sensazionalistico. Questo scenario risulta essere terreno fertile per la gogna mediatica.
Quanto descritto in precedenza non fa altro che alimentare un fenomeno esistente già da tempo: di certo la gogna mediatica non nasce negli ultimi 15 anni, e sicuramente anche in passato essa veniva utilizzata da figure di spicco o giornali con lo scopo di portare acqua al proprio mulino infangando qualcun altro. In un mondo digitalizzato però la diffusione di questo processo è molto più ampia ed immediata, oltre che persistente poiché il dibattito può potenzialmente essere portato avanti all’infinito da qualsiasi utente del web: tutto ciò rende devastanti le conseguenze effettive di una gogna mediatica.
Il caso Pedretti
Di non molto tempo fa è la triste vicenda di Giovanna Pedretti, ristoratrice italiana che diffonde tramite i suoi canali social una squallida recensione pregna di abilismo ed omofobia e la sua pronta risposta in difesa dei diritti e contro ogni forma d’odio, nella quale invita il cliente a non presentarsi mai più nel suo locale. Lo screenshot di questo dialogo viene inaspettatamente ripreso da tutte le maggiori testate italiane, che hanno la smania di creare una storia basata sui sani valori da elogiare monetizzando su un qualcosa di tanto semplice e apparentemente buono quanto ininfluente: la signora Giovanna diviene quindi in poche ore una sorta di eroina, ricevendo numerosissimi elogi.
Tutto questo clamore attira una frangia opposta del giornalismo, che analizzando più attentamente l’immagine nota che si tratta di un fake (non che fosse troppo complicato da comprendere, n.d.r.), scatenando una gogna mediatica sui social a colpi di articoli e tweet incriminanti. La ristoratrice si ritrova dunque nel giro di 24 ore nel passare da “amabile cittadina, simbolo di un’Italia libera da discriminazioni” a “bugiarda cronica che sfrutta tematiche sensibili per un proprio tornaconto”, ed il passo oltre che essere incredibilmente breve è anche troppo fragoroso. Diversi giornalisti decidono di appostarsi fuori l’attività commerciale della donna torchiandola in maniera asfissiante. La sera del 15 Gennaio Giovanna Pedretti, probabilmente incapace di reggere la pressione del clamore mediatico, decide tragicamente di togliersi la vita.
Questa vicenda fa parecchio riflettere perché la gogna mediatica si è scatenata subito dopo una sfilza di elogi, occupando incessantemente per un giorno intero tutti i dibattiti giornalistici. Il punto è che però se delle responsabilità sono da attribuire a chi, smentendo una notizia falsa, utilizza toni poco consoni e certamente inadeguati per attaccare una donna con delle fragilità senza approfondire minimamente i suoi trascorsi, una buona fetta di colpa spetta anche allo sciacallaggio giornalistico che decide di avventarsi su una notizia piuttosto banale unicamente per una questione di share, esponendo ad un’incredibile rilevanza mediatica una persona con le sue fragilità che probabilmente aveva pensato in maniera ingenua e superficiale ad un modo sbagliato per attirare l’attenzione.
La gogna mediatica è responsabilità di chi non dà peso alla potenza di una notizia, ma anche di chi si lascia trascinare nel vortice di offese ed odio ingiustificato. Scivolare in questo tranello è molto semplice; occorre dunque dare peso ad ogni parola e riflettere sempre sul fatto che, anche se il web ci dà la possibilità di comunicare istantaneamente ciò che pensiamo, internet rappresenta la realtà che noi tutti condividiamo, e nella realtà non è accettabile sputare qualsiasi sentenza passi per le nostre menti.
Per annientare questo fenomeno servirebbe una solida collaborazione civica tra cittadini e giornali, con i primi che espongono il loro punto di vista senza sfociare in toni rabbiosi ed i secondi che con criterio e competenza analizzano le notizie da poter rendere mediatiche. La strada è unica: fornire delle basi di educazione civica ed informatica, iniziando fin dalle scuole primarie questo processo di civilizzazione collettiva, ed in tal modo andare a limare accuratamente i possibili effetti catastrofici di una gogna mediatica. Soltanto così si può sperare che le generazioni future siano capaci di applicare un utilizzo equilibrato del mondo social, diversamente da come accade nei nostri rapidi ed irragionevoli tempi.
«Vedevo il volto di un uomo esposto alla gogna, spiato in ogni piega del labbro, esposto al ludibrio di milioni di spettatori. Questo tipo di gogna vale un ergastolo» – Umberto Eco.
Fonte dell’immagine: Wikipedia Commons