Con il termine “emaki-mono” (絵巻物 “immagini arrotolate“), anche ridotto a “emaki” e spesso chiamato “rotolo orizzontale illustrato”, si identifica il mezzo espressivo per eccellenza della pittura yamato-e (大和絵, letteralmente traducibile con “pittura yamato”, dove “yamato” sta per “giapponese”).
Quando si pensa all’antica arte del Sol Levante, il rimando immediato è rivolto ai templi buddhisti, le cui pagode si ergono maestose sul territorio delle grandi località storiche o all’ancora più caratteristica architettura shintoista, con i suoi misteriosi, quanto affascinanti, torii (鳥居). In realtà, anche la pittura ebbe un ruolo fondamentale nella comprensiva definizione di “arte” e, attraverso alcuni celebri pittori di ukiyo-e come Katsushika Hokusai (葛飾北斎) e Utagawa Hiroshige (歌川広重), riusciamo, senza grandi esitazioni, riconoscere un determinato tratto come “tipicamente giapponese”. Molti ignorano, tuttavia, che la pittura ukiyo-e deve molto a prodotti come l’emaki-mono.
Ma, preliminarmente, cosa si intende con pittura “yamato-e”? Con tale espressione si intende un particolare stile pittorico che si sviluppa in epoca Fujiwara – nel tardo periodo Heian (857-1185), quando il clan Fujiwara dominava la scena politica del Giappone – nel tentativo di creare uno modus proprio, che si distinguesse da quello che si riconosceva come kara-e (唐絵, letteralmente “pittura cinese”). In altre parole, tale sforzo si può assimilare come un interesse, ancor prima politico, ad affrancarsi rispetto alla cultura di riferimento cinese di epoca Tang. Infatti, la pittura di questo periodo trae spunto dalla tradizione autoctona: racconti, miti e avvenimenti raffigurati attingono all’universo letterario e storico giapponese, più raramente sono rappresentati soggetti buddhisti o shintoisti.
Elementi caratteristici dell’emaki-mono
Gli emaki-mono sono rotoli fatti di una carta particolare, derivata dalla polpa del gelso o dalla fibra del ganpi (雁 皮) molto sensibile all’acqua e questo fa immaginare con quanta accortezza, creazioni del genere, venissero conservate; non mancano, tuttavia, quelli fabbricati con altri materiali come la seta. Si estendono in orizzontale e vedono il connubio tra parte scritta, il “kotobagaki” (詞書き), la quale precede una parte figurativa. La storia, dunque, entra in un rapporto dialogico diretto con l’immagine. Nella sezione più esterna è presente il titolo dell’opera: in forza del fatto fossero conservati arrotolati, in assenza di un titolo distintivo, non sarebbe stato possibile distinguere gli uni dagli altri.
Per quanto concerne le dimensioni, l’opera pittorica difficilmente si compone di un solo rotolo, ma, entrando a far parte di raccolte (così come i capitoli di una storia) potevano estendersi, in larghezza, per centinaia di metri; l’altezza non superava mai i 50 metri. Ciò permette di riflettere sulla peculiare organizzazione dello spazio che gli artisti dovevano tenere in considerazione, in vista della sistemazione e collocazione dei vari personaggi. Essendo una raffigurazione da srotolare di volta in volta e concepita come frammentaria, non era pensata per essere vista nel suo insieme, a pena apparire ridondante e priva di continuità, poiché molti elementi erano ripetuti, ripresi. Qui si inserisce il carattere narrativo dell’opera.
I soggetti erano destinati a mutare nel tempo, a mano a mano che la storia illustrata si svelava. L’apporto dello spettatore era indispensabile: colui che srotolava l’emaki-mono era coinvolto attivamente nella storia. Egli maneggiava personalmente l’opera e decideva l’andamento di quella che viene a conformarsi come una vera e propria lettura visiva. Inoltre, conosce tutte le convenzioni formali e prospettiche che lo fanno sentire coinvolto quali, ad esempio, il fukinuki yatai (吹抜屋台), la tecnica del “tetto scoperchiato” o l’hikime kagibana ( 引目鈎鼻, “una linea per gli occhi e un gancio per il naso“) nella stilizzazione dei personaggi.
Tra gli esempi più significativi di emaki-mono vi è il Genji Monogatari Emaki del XII secolo, per il quale la storia letteraria del Principe Genji di Murasaki Shikibu diviene oggetto di illustrazione pittorica.
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