Michele Arcangelo Pezza, meglio conosciuto come Fra Diavolo, fu un celebre brigante e condottiero italiano, figura di spicco nella resistenza contro l’occupazione francese del Regno di Napoli alla fine del XVIII secolo. La sua storia, avvolta tra realtà e leggenda, incarna lo spirito di ribellione e l’anelito di libertà di un popolo oppresso. Nato a Itri, un piccolo borgo nella provincia di Latina, nel 1771, Fra Diavolo visse un’esistenza tumultuosa, segnata da eventi drammatici e scelte audaci che lo consegnarono alla storia.
Chi era Fra Diavolo? Origini e infanzia di Michele Pezza
La vita di Michele Pezza, fin dalla tenera età, fu tutt’altro che ordinaria. Da bambino, infatti, si ammalò gravemente, tanto da far temere per la sua vita.
Il voto a San Francesco e il soprannome “Fra Diavolo”
Sua madre, donna di profonda fede, fece un voto a San Francesco: se il piccolo Michele fosse guarito, avrebbe dovuto rasarsi i capelli e indossare un saio monacale fino al suo completo logoramento. Il giovane Michele guarì e, come da promessa, vestì l’abito religioso per diversi anni. Questo episodio gli valse inizialmente il soprannome di “Fra Michele”. Tuttavia, il suo carattere irrequieto e la sua indole ribelle, poco incline alla disciplina e allo studio, spinsero il suo insegnante a coniare un nuovo appellativo, destinato a segnare per sempre la sua identità: “Fra Diavolo“.
L’omicidio e la fuga sui Monti Aurunci
Un evento drammatico, avvenuto in giovane età, cambiò per sempre il corso della vita di Fra Diavolo. I suoi genitori, desiderosi di garantirgli un futuro stabile, gli trovarono un impiego presso una bottega del paese. Fu proprio lì che, durante una giornata apparentemente tranquilla, scoppiò un violento alterco tra Michele Pezza e il proprietario del negozio. La lite degenerò e, in un impeto d’ira, Fra Diavolo uccise il suo datore di lavoro. Accusato di omicidio e condannato a morte, il giovane fu costretto a una fuga disperata. Si rifugiò sui Monti Aurunci, un’impervia catena montuosa al confine tra Lazio e Campania, vivendo di stenti e nascondendosi dalle autorità. In questo periodo, si avvicinò ad alcuni malviventi della zona, che lo scelsero in seguito come loro leader, data la sua audacia e la sua abilità come stratega.
Fra Diavolo al servizio dei Borbone contro l’occupazione francese
Nel frattempo, i genitori di Michele, disperati per la sorte del figlio, si recarono dal Re Ferdinando IV di Borbone, implorando la grazia per il giovane. Il sovrano, che in quel periodo stava organizzando la resistenza contro le truppe napoleoniche, colse l’occasione per arruolare Fra Diavolo tra le sue fila. Accettò di concedere il perdono, a condizione che Michele Pezza si unisse all’esercito borbonico per combattere contro l’invasore francese. Fra Diavolo accettò e divenne fuciliere, combattendo valorosamente sul fronte lombardo per diverso tempo. In seguito rientrò nel Regno di Napoli, dove la situazione politica era sempre più instabile. La sua partecipazione alle vicende belliche di quegli anni non fu solo dettata dall’esigenza di riscatto personale, ma anche da un profondo sentimento patriottico.
La lotta contro i francesi e la fucilazione del padre
Nel 1789, Fra Diavolo tornò alle armi, radunando circa seicento uomini, tra banditi e mercenari, per contrastare l’avanzata delle truppe francesi. Qui un video YouTube che spiega le Guerre napoleoniche. Per contrastare la sua avanzata, i francesi chiesero aiuto ai battaglioni polacchi. Fu durante uno di questi scontri che il padre di Fra Diavolo venne catturato e fucilato sotto gli occhi del figlio. Questo tragico evento alimentò ulteriormente l’odio di Michele Pezza nei confronti degli invasori e lo spinse a giurare vendetta. La sua determinazione a sconfiggere i francesi divenne una vera e propria missione personale. Settimane dopo, una notizia sconvolse ulteriormente Fra Diavolo: la guerra era terminata con la vittoria di Napoleone. Fu ordinato il disarmo delle truppe borboniche, ma Michele Pezza si rifiutò di obbedire, dando inizio a una serie di violente azioni di guerriglia contro i francesi. In questo periodo, si distinse per il suo coraggio e la sua abilità militare, infliggendo pesanti perdite al nemico.
Dall’Esercito della Santa Fede alla cattura
Dopo anni di guerriglia, la famiglia reale, rifugiatasi a Palermo, decise di nominare Fra Diavolo capitano, riconoscendo il suo valore e la sua lealtà alla causa borbonica.
La nomina a capitano e la riconquista di Napoli
Michele Pezza si unì all’Esercito della Santa Fede, guidato dal Cardinale Fabrizio Ruffo, con l’obiettivo di riconquistare Napoli e restaurare la monarchia borbonica. La sua partecipazione alla campagna militare fu determinante per il successo dell’impresa. Con il ritorno di Ferdinando IV a Napoli (che divenne poi Ferdinando I delle Due Sicilie), Fra Diavolo venne dispensato dal servizio militare e fece ritorno a Itri, la sua città natale. Qui ritrovò la sua famiglia e conobbe una donna con cui ebbe un figlio di nome Carlo, in onore di Re Carlo di Borbone, padre di Ferdinando.
Gli ultimi anni e la condanna a morte
La pace, tuttavia, fu di breve durata. Nel 1806, i francesi invasero nuovamente il Regno di Napoli.
L’accusa di tradimento e l’esecuzione di Fra Diavolo
Fra Diavolo riprese le armi e continuò a combattere strenuamente contro gli occupanti. La sua fama di guerriero indomito e di abile stratega si diffuse rapidamente, alimentando la speranza di un possibile riscatto. Tuttavia, fu catturato dalle truppe francesi e, nonostante il suo passato al servizio dei Borbone, venne accusato di numerosi crimini contro i civili dal nuovo monarca francese. Fu condannato a morte per impiccagione e giustiziato l’11 novembre 1806 a Napoli, in Piazza Mercato. Alcune fonti sostengono che, prima di morire, abbia gridato: “Muoio come muore un valoroso!“.
Fra Diavolo: eroe o bandito?
La figura di Fra Diavolo è ancora oggi oggetto di dibattito tra gli storici. Fu un eroe popolare, un patriota che combatté per la libertà del suo popolo, o un semplice bandito, mosso da ambizione e sete di vendetta? La sua storia, in ogni caso, rimane un esempio di resistenza e di coraggio, e la sua figura continua a essere ricordata come una delle più emblematiche del periodo delle insorgenze antifrancesi in Italia. La sua eredità vive ancora oggi, testimoniata da numerose opere letterarie, teatrali e cinematografiche che ne hanno celebrato le gesta.
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