Giosuè Carducci nasce a Valdicastello nel 1835 e fino al 1839 trascorre l’infanzia in Maremma, a contatto con una natura meravigliosa che rimarrà sempre scolpita nel suo immaginario.
La scelta del nome fu oggetto di disputa tra i genitori che non riuscivano ad accordarsi su un nome comune fino a quando prevalse la scelta del padre di chiamarlo Giosuè. A seguito di problemi finanziari e motivi politici, Giosuè fu costretto a lasciare il luogo natìo e spostarsi con la famiglia altrove, giungendo a Firenze dove frequenterà le scuole dei padri Scolopi e si laureerà in filosofia e filologia. Nel 1856 fonda, nella stessa città, la Società degli Amici pedanti nel cui gruppo ci sarà anche Giuseppe Torquato Gargani, Giuseppe Chiarini e Ottaviano Targioni Tozzetti.
L’obiettivo dell’Accademia era recuperare il Classicismo in letteratura contrastando la modernità e il Romanticismo. La sua situazione familiare, come quella di Pascoli, avrà dei lutti molto significativi: il fratello si suicida e l’anno seguente muore il padre, lasciando Giosuè responsabile per la madre e per l’altro fratello.
Inizia a lavorare presso un editore fiorentino, non si dà per vinto e negli stessi anni si sposa con Elvira Menicucci dalla quale ebbe quattro figli. Grazie alla fama ottenuta, viene nominato professore di Eloquenza italiana a Bologna e lì si trasferisce con la moglie e i figli. Assiste all’unificazione dell’Italia ma ne è deluso, soprattutto dalla classe politica che si rivela approssimativa, mediocre, meschina e attenta ai suoi interessi.
Giosuè Carducci guarda con delusione a questi uomini politici, complice la situazione economica di grande disagio nella quale si trova. La professione del professore, peraltro, è pagata male e il suo atteggiamento di ostilità nei confronti del mondo contemporaneo si amplifica, assumendo dei toni di forte polemica. Diventa un rivoluzionario, anticlericale, anarchico e reazionario contro il mondo circostante e ritiene che l’unica persona autentica in questo periodo sia Garibaldi.
Giosuè Carducci e il fascino per la sovrana
L’incontro con la regina Margherita a Bologna, nel novembre del 1878, fu così soddisfacente che il poeta decise di scriverle un’ode intitolata “Alla regina d’Italia” avviandosi così, definitivamente, verso gli ideali monarchici. In questo momento Giosuè Carducci diventa il poeta ufficiale della monarchia e questa ufficialità gli consentì di ricevere il premio Nobel della letteratura nel 1904 sebbene fosse già ammalato e la morte sopraggiungesse. Muore, infatti, nel 1907 a Bologna nel suo appartamento. Le generazioni nuove guardano a Carducci come al grandissimo, al sommo poeta, insieme all’emergente D’Annunzio.
Le opere di Carducci
Non è facile seguire l’evoluzione dell’attività poetica di Giosuè Carducci, data l’organizzazione difforme dei suoi componimenti, la cui sistemazione definitiva fu resa nota solamente più tardi nell’edizione delle Opere, pubblicate fra il 1889 e il 1909. Di seguito l’elenco:
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- Rime
- Inno a Satana
- Levia Gravia
- Poesie
- Primavere elleniche
- Nuove poesie
- Intermezzo
- Odi barbare
- Juvenilia
- Giambi ed Epodi
- Nuove odi barbare
- Rime nuove
- Terze odi barbare
- Rime e ritmi
Le tematiche affrontate
La poesia di Carducci affronta vari argomenti e varie fasi che rispecchiano la vita dell’autore. In tutti questi stadi è comunque ostile all’amore e al sentimentalismo romantico a cui contrappone una ricerca di ordine, un ideale rigoroso e una poesia forte. Non può accettare la corruzione intellettuale e politica e a questi disvalori ribatte con un ordine estetico.
La sua poesia, inoltre, guarda alla storia e al passato come modelli attendibili che possono servire anche per la contemporaneità.
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