Giovan Lorenzo Bernini (1598-1680) fu uno scultore, architetto e pittore italiano, considerato il massimo esponente dell’arte barocca del Seicento. Le sue opere, caratterizzate da un dinamismo e un’espressività mai visti prima, rivoluzionarono il concetto stesso di scultura, influenzando profondamente l’arte europea.
Gli inizi a Napoli e la formazione a Roma
Giovan Lorenzo Bernini nacque a Napoli nel 1598. Il suo interesse per la scultura fu stimolato dal padre, Pietro Bernini, scultore tardo manierista. Nel 1606, la famiglia si trasferì a Roma, dove Pietro lavorò alla Cappella Paolina della Basilica di Santa Maria Maggiore, commissionata da papa Paolo V. Questa esperienza, insieme agli insegnamenti del padre e all’influenza dell’architetto Flaminio Ponzio, permise a Giovan Lorenzo di comprendere l’importanza della collaborazione tra scultori, architetti e pittori in un cantiere.
Le prime opere: tra l’influenza paterna e l’affermazione personale
Tra le opere giovanili realizzate con il padre, si ricordano “Priapo e Flora” (Villa Borghese), “Fauno che scherza con i due amorini” e la decorazione della Cappella Barberini in Sant’Andrea della Valle. Tra le opere autonome, spicca “San Lorenzo sulla graticola” (1614 circa, Uffizi, Firenze), che raffigura il martirio di San Lorenzo con uno sguardo rivolto a Dio. “San Sebastiano” (datazione incerta, probabilmente 1617), inizialmente pensato per la Cappella di San Sebastiano, mostra già un distacco dallo stile paterno e un’ispirazione a Michelangelo (in particolare alla “Pietà”). Il cardinale Barberini fu uno dei primi committenti di Bernini.
“Enea, Anchise e Ascanio”: la fuga da Troia
“Enea, Anchise e Ascanio” (1618-1619, Galleria Borghese, Roma) rappresenta la fuga da Troia in fiamme, narrata nel secondo libro dell’Eneide di Virgilio. Enea porta sulle spalle il padre Anchise, paralizzato alle gambe, che tiene in mano il vaso con le ceneri degli antenati. Ascanio, figlio di Enea, li segue con il fuoco eterno.
“Ratto di Proserpina”: violenza e sensualità nel marmo
Il “Ratto di Proserpina” (1621-1622), commissionato dal cardinale Borghese, raffigura il momento in cui Plutone afferra Proserpina per portarla negli Inferi. La scultura è un esempio di virtuosismo tecnico e di forte espressività: Proserpina cerca di divincolarsi, spingendo la mano sul volto di Plutone, mentre le dita di quest’ultimo affondano nella carne della donna. Ai piedi di Plutone, Cerbero, il cane a tre teste, fa la guardia.
Il “David”: la forza e la concentrazione in un istante
Il “David” (1623-1624) rappresenta l’eroe biblico nell’attimo che precede il lancio del sasso contro Golia. Bernini cattura la tensione e la concentrazione del personaggio: il volto corrucciato, le labbra serrate, le braccia contratte, lo sguardo fisso sull’obiettivo. L’opera esprime pienamente il dinamismo dell’arte barocca.
“Apollo e Dafne”: la metamorfosi in un’opera iconica di Bernini
I dettagli che narrano la storia
“Apollo e Dafne” (1622-1625), anch’esso commissionato dal cardinale Borghese, rappresenta il mito della ninfa Dafne che, per sfuggire ad Apollo, si trasforma in alloro. Bernini coglie l’istante della metamorfosi: Apollo, in corsa, sfiora Dafne, i cui piedi si trasformano in radici, il corpo si ricopre di corteccia e le mani diventano rami di alloro. L’espressione di Apollo rivela delusione, mentre il volto di Dafne esprime sia paura che sollievo.
Queste sono solo alcune delle opere giovanili di Bernini, che dimostrano il suo talento straordinario e la sua capacità di innovare il linguaggio della scultura, dando vita a opere dinamiche, espressive e ricche di pathos, caratteristiche fondamentali dell’arte barocca.
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