Gli haniwa nel periodo Kofun giapponese

Gli haniwa nel periodo Kofun giapponese

Gli Haniwa (letteralmente “cilindri di argilla”) sono statuine caratteristiche del periodo Kofun, terza ed ultima fase dell’età preistorica giapponese.

Come ben sappiamo, la datazione di questi periodi così antichi è sempre piuttosto approssimativa, ma potremmo attribuire a questa fase due possibili datazioni:

  • Dal 300 al 552, anno contraddistinto dall’inizio del periodo Asuka, importante per l’introduzione di elementi politici e culturali cinesi, oltre al buddhismo.
  • dal 300 al 710, anno corrispondente alla fondazione della città di Nara, ed all’inizio del periodo tardo-antico giapponese.

Il periodo Kofun

L’elemento caratteristico di questa fase, correlato agli haniwa e che dà il nome al periodo, è quello dei kofun, ovvero tumuli funerari, che si sviluppano di pari passo alla nascita di una élite all’interno dei vari clan, mostrando quindi una gerarchia sia verticale, che orizzontale.

Queste tombe a tumulo sono sepolture non ipogee, quindi non scavate, ricoperte di pietra, che presentano al loro interno un corridoio che porta alla camera funeraria. I primi tumuli presentavano una pianta circolare o quadrangolare, ma successivamente si farà uso della pianta denominata zempō-kōen (ovvero “a buco di serratura”) che nasce dalla sovrapposizione delle due planimetrie precedenti.

Ed è proprio in questo contesto che appaiono gli haniwa, che sono stati trovati raggruppati sulla base e sparsi sulla cima dei kofun. I primi esempi di haniwa presentavano modelli in miniatura di case e di arredi cerimoniali, seguiti poi da immagini zoomorfe ed antropomorfe, in particolare guerrieri, dame e nobili.  In questi ultimi casi, i dettagli dei volti erano suggeriti tramite cavità, utili anche per far passare l’aria durante la fase di cottura dell’argilla.

La genesi degli haniwka

La genesi ed il ruolo degli haniwa è tutt’oggi ancora incerto. Secondo alcune fonti letterarie, essi sarebbero nati in sostituzione ai sacrifici umani, seguaci dell’Imperatore sepolti fino al collo nelle vicinanze della tomba. Per quanto plausibile, questa tesi può non convincere dal momento in cui non abbiamo testimonianza di un uso così ampio dei sacrifici umani in Giappone, o perlomeno non come in Cina.

Un’altra tesi molto accreditata riguarda l’associazione degli haniwa alla grandiosità della tomba ed allo status sociale del defunto al suo interno; era infatti possibile trovarne a migliaia (si stima fossero presenti circa ventimila statuine attorno e sulla cima della tomba dell’Imperatore Nintoku).

Ancora, legata al loro grande numero ed al colpo d’occhio che causerebbero, si crede potessero avere la funzione simbolica di sorvegliare il tumulo ed allontanare influenze nefaste, proteggendo il defunto. Così come in tante altre culture, lo spazio funerario era sacro, motivo per cui potevano avere la funzione di delimitare lo spazio sacro, dell’oltretomba, da quello terreno.

Infine, vi è un’ultima tesi, riguardante un uso pratico, che potrebbe in ogni caso non escludere le tesi precedenti: gli haniwa potrebbero essere stati usati come puntelli per evitare lo spostamento dei tumuli verso l’esterno.

L’uso degli haniwa e la nascita delle tombe a tumulo ci danno solo un’idea del passato antico giapponese, ma come per tanti altri elementi della cultura materiale preistorica, sono molto utili non solo nella lettura del passato, ma anche del presente.

Fonte immagine in evidenza: Flickr

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