Hone Onna: la leggenda della donna-scheletro giapponese
Tra le numerose storie di fantasmi e creature soprannaturali del folklore giapponese (i cosiddetti kaidan), una delle più affascinanti e inquietanti è quella della hone onna, letteralmente “donna-scheletro”. Questo particolare tipo di yōkai, uno spirito del folklore nipponico, si manifesta come lo scheletro di una giovane donna, celando la sua vera natura dietro l’apparenza seducente che aveva in vita. La hone onna è una figura ricorrente nell’immaginario giapponese, resa celebre da importanti opere letterarie e rappresentazioni teatrali, nonché fonte di ispirazione per numerose opere artistiche e narrative.
Hone onna: descrizione e caratteristiche dello yōkai
Il nome hone onna (骨女) è composto dai termini “hone” (osso) e “onna” (donna), e può essere tradotto come “donna-scheletro”. Questa figura leggendaria incarna perfettamente tale descrizione: si tratta di uno yōkai, uno spirito del folklore giapponese, che si presenta come il cadavere decomposto di una giovane donna, di cui rimangono solo le ossa. Dietro a questo aspetto macabro, si cela l’immagine seducente della fanciulla che la hone onna era in vita. La leggenda narra che queste creature siano donne defunte che, consumate da un amore o da una passione non corrisposta, tornano dalla tomba per ricongiungersi con l’amato o per sedurre altri uomini. È quindi mossa da un sentimento amoroso, non da rancore o rabbia, diversamente da molti altri yōkai.
Lei si manifesta prevalentemente di notte, in luoghi isolati come strade buie o cimiteri, alla ricerca del suo amore perduto o di nuove vittime. Chi incontra una hone onna, ammaliato dalla sua bellezza spettrale o dal ricordo di un amore passato, perde il senno e la capacità di distinguere la realtà dall’illusione. La vittima inizia così una relazione con lo spirito, fatta di incontri notturni al termine dei quali la hone onna svanisce nel nulla. Ogni notte trascorsa con la hone onna consuma l’energia vitale della vittima, portandola lentamente alla morte, un destino inevitabile per chi si lascia sedurre da questo yōkai. Solo chi non è accecato dall’amore o possiede una forte fede religiosa può scorgere la vera forma scheletrica della hone onna e mettere in guardia la vittima prima che sia troppo tardi. La casa può essere protetta con preghiere e amuleti, impedendo alla hone onna di entrare. Per allontanare definitivamente la creatura, è necessaria una ferma volontà di interrompere gli incontri, anche se a volte la vittima, pur consapevole del pericolo, sceglie di trascorrere un’ultima notte con lo spirito, andando incontro a un fato spesso letale.
La leggenda di Otsuyu in Botan Dōrō: una storia di amore e morte
La più celebre storia riguardante una hone onna è senza dubbio Botan Dōrō (牡丹燈籠, “La Lanterna di Peonia”), un racconto di origine cinese contenuto nella raccolta Jiandeng Xinhua, giunto in Giappone nel XVII secolo. Lo scrittore Asai Ryōi riadattò il racconto nell’opera Otogi Boko, che a sua volta ispirò un classico della letteratura giapponese come Ugetsu Monogatari di Ueda Akinari. Botan Dōrō è stato trasposto anche in spettacoli di Rakugo e Kabuki, che ne hanno accresciuto la popolarità.
La vicenda narra la storia d’amore tra la hone onna Otsuyu e il samurai Ogiwara Shinnojō. Tutto ha inizio durante la prima notte dell’Obon, una festività buddhista che celebra gli spiriti degli antenati. Il samurai, da poco vedovo, incontra lungo la strada due donne, una delle quali porta con sé una lanterna decorata con il motivo di una peonia. Ogiwara rimane immediatamente affascinato dalla bellezza di Otsuyu, la fanciulla della lanterna, e trascorre la notte con lei. La hone onna, con le sembianze di una giovane donna, si trattiene con lui fino all’alba, per poi allontanarsi. La notte seguente, Ogiwara e Otsuyu si incontrano di nuovo e l’uomo si innamora perdutamente di lei. Giorno dopo giorno, l’unico pensiero di Ogiwara è quello di ricongiungersi con la sua amata, trascurando ogni altro aspetto della sua esistenza.
Gli incontri notturni tra Otsuyu e Ogiwara proseguono per venti giorni, finché un anziano vicino di casa del samurai, preoccupato per le condizioni dell’uomo, decide di spiare la coppia. Con suo sommo orrore, scopre che la donna con cui Ogiwara giace è in realtà uno scheletro. Il giorno seguente, l’anziano rivela la verità a Ogiwara e gli consiglia di recarsi in un tempio. Qui, l’uomo scopre la tomba di Otsuyu, su cui è appoggiata proprio la lanterna con il disegno della peonia. Il responsabile del tempio dona a Ogiwara un amuleto e gli spiega come usarlo per impedire a Otsuyu di entrare nella sua abitazione. L’amuleto funziona e la hone onna non si fa più vedere.
Ogiwara, però, inizia a soffrire terribilmente per la mancanza dell’amata. Un giorno, dopo essersi ubriacato, si reca di nuovo alla tomba di Otsuyu e la hone onna gli appare, convincendolo a seguirla nella sua dimora, ovvero la sua sepoltura. Il samurai scompare e, tempo dopo, il suo cadavere viene ritrovato nella tomba di Otsuyu, stretto in un abbraccio con lo scheletro della donna. La storia di Otsuyu e Ogiwara, pur con alcune varianti, è diventata un topos della letteratura e del teatro giapponese, un monito sui pericoli dell’amore ossessivo e un esempio della potenza evocativa della figura della hone onna.
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