Il termine cow-boy è composto da due parole inglesi (cow = vacca e boy= ragazzo) e significa letteralmente “ragazzo delle vacche”, ossia mandriano.
Detto così, però, parrebbe voler togliere quell’alone di avventura che da sempre ammanta questa umile figura che ha scritto o contribuito a scrivere pagine epiche della storia del west americano.
I cowboys erano figure tipiche, ma assolutamente non esclusive, degli Stati Uniti d’America del XIX secolo, preposti dai proprietari dei ranch alla conduzione del bestiame verso le zone di pascolo, alla sua protezione e al suo controllo dai numerosi pericoli naturali e, talvolta, umani.
Numerosi, dal momento che lo stipendio era basso, venivano a formare un piccolo esercito al servizio dei proprietari terrieri, ricchi e poveri; procuravano le armi per la difesa del bestiame.
Con la “chiusura della frontiera” del 1890, la figura del cowboy è entrata lentamente e inesorabilmente nell’immaginario collettivo, finché il termine ha finito per assumere un significato ulteriore, l’idea di un’umanità semplice, rude, resistente alle fatiche e dotata di coraggio e spirito d’iniziativa.
Un cowboy custodiva il bestiame e i cavalli nei ranch del Nord America, ma svolgeva tipicamente anche ogni altro tipo di mansione che il padrone dell’azienda decideva di affidargli, dai lavori di mantenimenti delle recinzioni, alle piccole riparazioni, a qualsiasi altra occorrenza. Oltre al lavoro nel ranch, alcuni cowboys organizzavano e partecipavano ai rodei, e c’erano quelli che finivano per lavorare soprattutto in questi spettacoli.
Ma la vera origine?
Tutto ciò che dei Cowboys noi amiamo ascrivere alla storia del west, gli spagnoli l’avevano inventata agli inizi del Medioevo.
Durante il XVI secolo portarono le loro tradizioni ed i loro cavalli, antenati della razza Mustang o Wild, nel “Nuovo Mondo” attraverso la Nuova Spagna (ciò che poi sarebbe stato chiamato Messico).
I Mustang sono chiamati “wild” (i selvaggi) perché in realtà sono animali selvatici, pur discendendo da cavalli addomesticati.
Il cowboy discende dunque da una tradizione spagnola, che si originò dagli stati centrali del Messico – Jalisco e Michoacan – dove il tipico “vaquero” messicano era conosciuto con il nome di “charro”.
Storicamente, le zone settentrionali del Messico includevano in origine la maggior parte dei territori degli Stati Uniti del sud, ivi compreso il colossale Texas.
Nei primi anni del 1600 la corona spagnola, e poi il Messico indipendente, cominciarono ad offrire, in quello che sarebbe diventato il Texas, permessi di “empresario” a cittadini statunitensi che accettassero di diventare messicani e convertirsi al cattolicesimo.
Nel 1821 Stephen F. Austin e i suoi compagni della East Coast diventarono la prima comunità statunitense a parlare spagnolo. Dopo l’indipendenza del Messico nel 1836 molti statunitensi si trasferirono in Messico nelle zone “empresario”.
Qui rimasero colpiti dalla “cultura vaquero” messicana e ne presero in prestito parole e usanze.
Dimentichiamo la versione del “cowboy idealizzato e hollywoodiano”
Il mondo del cinema americano idealizzò la figura del cowboy rendendola tipica dell’epopea del far west, ma era un mestiere da disperati disposti a sopportare una vita molto dura dove si dormiva per terra, compiendo estenuanti marce di migliaia di chilometri.
Negli anni trenta e quaranta del XX secolo i film western hanno reso popolare lo stile di vita dei cowboys ma hanno anche generato stereotipi; l’iconografia tramandata dal cinema ha creato uno stereotipo che non corrisponde alla realtà come l’uso dei cappelli a larga tesa e infatti, dalle foto dell’epoca, i cowboy usavano certo dei cappelli, ma di vario genere come cilindri o bombette e anche cappelli da donna riadattati.
Nella cultura pop i cowboy ed i pistoleri sono spesso scambiati l’uno per l’altro.
E le cowgirls?
Oltre alla famosissima figura del cowboy, ricordiamo la figura della donna del West, figura un po’ più complessa da identificare.
La loro vita era ancora più dura di quella degli uomini…
“Non avreste una moglie?” “Avete preferenze?” “Sì, meglio se vedova e con voglia di lavorare… siamo in sette, io e sei fratelli, la casa è uno schifo, viviamo come bestie…”
Questa frase da “Sette spose per sette fratelli” racconta bene la dura vita delle donne del West, quindi al di là dei tanti film di Hollywood che ce le hanno raccontate bellissime, coraggiose e sexy, vediamo un po’ di capire com’era la situazione in realtà…
Una donna doveva avere fegato per sopravvivere nel West.
La frontiera Americana attirò legioni di cowgirls anticonformiste – fuori dal branco, solitarie, eccentriche e avventuriere.
E alla fine tutte conservarono il loro senso dell’umorismo: “Ho 350 capi di bestiame e un figlio” disse una vedova proprietaria di ranch.
“Non so chi è più duro da allevare.”
Mito della prima donna pistolero
Martha ‘Calamity’ Jane Cannary nacque nel 1852 nel Missouri da una famiglia numerosa e sfortunata, e una serie di vicissitudini l’avrebbero portata a cacciare, guidare mandrie, forse anche a fare la ballerina e la prostituta, poi a entrare in panni maschili nell’esercito di Custer e infine a una morte in povertà e solitudine nel 1903. La leggenda fiorita su di lei è molto vasta, in realtà pare che l’attività riuscitale meglio fosse… bere!
Passando ad altri modelli di cowgirls, citiamo le “mogli-madri”: relegate alla cura della famiglia da un maschilismo imperante, ma allo stesso tempo, proprio in quanto custodi della famiglia, fondamentali per garantirne l’esistenza.
E quindi lavorare duramente, cucinare, cucire, ma anche procurare cibo, cavalcare, guidare le mandrie o difendere la dimora familiare in assenza del cowboy.
Erano le attività che costituivano la durissima quotidianità delle pioniere.
“Le donnine allegre” del saloon
Spregiudicate, sensuali, a volte cantanti mentre altre ballerine, o semplicemente prostitute. Sono però, carriere brevi e malpagate, delle vite rovinate che spesso terminavano con la malattia e l’alcolismo.
Passiamo alla figura delle ragazze dei ‘Wild West Show’ e del Rodeo: erano presenti in show raffiguranti numeri Western in tour come spettacoli in cui la donna era la principale attrazione soprattutto per le acrobazie a cavallo e, successivamente, con l’ingresso della donna all’interno del Rodeo.
All’inizio la disciplina pensata apposta perché le mogli dei Cowboys non si annoiassero al rodeo era il ‘barrel racing’, ma oggi in alcune discipline Western come il ‘team penning’, donne e uomini gareggiano insieme in squadra, e le doti di maggiore agilità femminili sono molto apprezzate!
Bonus track: come si chiamavano i cowboy italiani? I butteri!
Chi è il buttero?
Il buttero italiano, diversamente dal cowboy americano celebrato nei film western, si muove nei suoi territori alla guida del bestiame. La figura del buttero è intrisa di tradizione e nostalgia per antiche usanze. Il suo abbigliamento caratteristico lo rende riconoscibile mentre svolge il duro compito di radunare gli animali al pascolo. Questa mansione, sebbene affaticante, richiama le pratiche del passato e sottolinea l’importanza del benessere degli animali al pascolo, permettendo loro di sviluppare una muscolatura sana.
La storia dei butteri: i cowboy italiani
La tradizione dei butteri italiani ha radici antiche, precedenti alla notorietà del cowboy americano. Questi uomini, ancora oggi presenti nelle campagne della Maremma, mantengono viva una tradizione che richiama l’antico mestiere, anche se ormai lo svolgono in modo più simbolico che pratico. Il lavoro del buttero implica lunghe ore a cavallo e richiede una grande fatica fisica, oltre alla maestria nel domare cavalli in continuo movimento.
Verso la fine del XIX secolo, il famoso cowboy americano Buffalo Bill portò in Italia il suo spettacolare show “Wild West Show,” che raccontava la mitica frontiera americana attraverso scenette e rievocazioni. Durante una tappa nelle vicinanze di Latina, gli uomini di Buffalo Bill furono sfidati dal Duca di Sermoneta. La sfida consisteva nel prendere al lazzo, sellare e montare uno dei cavalli più selvaggi. La prima sfida fu un successo, ma poi fu l’italiano Augusto Imperiali a domare il puledro ribelle, ottenendo plausi e riconoscimenti.
Dove trovare un cowboy italiano?
Oggi, i ranch in Italia sono concentrati principalmente in Toscana e Lazio, e i butteri maremmani sono riconoscibili per il loro abbigliamento tradizionale, che include cosciali, pantaloni in fustagno, giacca in velluto e cappello nero. Il pastràno, un ampio mantello, viene indossato solo in caso di maltempo. Il cowboy italiano si distingue anche per l’uso della mazzarella, un bastone utilizzato per gestire il bestiame. Sebbene oggi i butteri siano meno numerosi rispetto al passato, alcune associazioni si dedicano a preservare questa tradizione attraverso esibizioni che mostrano al pubblico la vita di un tempo e promuovono il rispetto per la natura e l’ambiente circostante.
Fonte immagine in evidenza: Pixabay