I dogū: la più antica scultura umana in epoca Jōmon

I dogū: la più antica scultura umana in epoca Jōmon

I dogū (土偶) sono delle statuine di terracotta dalle dimensioni più o meno grandi, che variano dai pochi ai venticinque centimetri. Sono sculture caratteristiche del periodo medio-tardo Jōmon (縄文時代) giapponese e rinvenute principalmente nelle regioni orientali. Il periodo preistorico giapponese, cioè quello che si pone prima del rinvenimento delle prime fonti scritte, è molto lungo. Ciò ci dà modo di ben analizzare le fonti materiali di cui si conosce l’esistenza. Il periodo preistorico, infatti, è suddiviso in Jōmon, Yayoi (弥生時代) e infine Kofun (古墳時代).

Quali sono le caratteristiche dei dogū?

Si tratta di strutture frammentarie, e volutamente incomplete. Le ascriviamo ad un contesto funerario: probabilmente venivano accompagnate da corde e legate al corpo del defunto, ma gli studiosi ravvisano un’altra importante funzione. Assimilabili ad “ex-voto”, erano utilizzati per auspicare la guarigione di qualcuno. Carattere ancora più importante, è la ricorrenza di figure femminili come soggetto preferenziale, simbolo di indiscussa fertilità.

Gli studi ci hanno permesso di individuare diverse categorie di dogū, a seconda della loro peculiare forma.
Una tipologia interessante è quella di dogū dalla testa a cuore, della loro conformazione del volto. Esempi di questa particolare forma sono stati rinvenuti nella prefettura di Gunma (群馬県) e sono databili al 1000-400 a.C. Tra le cose osservabili distinguiamo le narici allargate ed evidenti, i grandi occhi rotondi e l’assenza della cavità orale. Si tratta di una forma fortemente stilizzata e ci accorgiamo del fatto che sia una figura femminile dai seni ben pronunciati, nonostante la ridotta dimensione del manufatto.

Altro esempio tipico di dogū è la figurina femminile di Aomori (青森), questa ascrivibile alla fase finale del periodo Jōmon. Parte focale sono gli occhi grandi chiamati anche a chicco di caffè. È cava, secondo alcune interpretazioni, per permettere all’anima dei defunti di risiedervi, in quanto erano utilizzati come simulacri.

Molto riconoscibili sono i dogū a forma cruciforme, estremamente stilizzati e, ancora una volta, ritrovati ad Aomori. Anche in questo caso, il rimando ad un soggetto femminile è dato dall’evidenza dei seni e dell’ombelico. La figura si presenta a braccia aperte e con il volto pieno di pathos: la bocca spalancata fa quasi pensare provasse dolore.

Probabilmente la più celebre è la cosiddetta Venere Jōmon, ubicabile a Nagano (長野市). A differenza del dogū appena descritto, le braccia della Venere sono solo accennate. Conformemente all’iconografia della venere, le forme particolarmente generose rimandano all’idea della fertilità della donna.

Il gasshō dogū (合掌土偶, dogū con i palmi premuti l’uno contro l’altro), chiamato in questo modo per la particolare posizione seduta della figura, mostra come segni distintivi la presenza di un vestiario, di una maschera e di una collana. Ciò fa intuire agli studiosi che si tratti di un dogū scolpito per una specifica occasione rituale.

Distinguiamo, inoltre, il dogū a testa di civetta, detto in giapponese mimizuku dogū (みみずく), i cui caratteri singolari sono l’attenzione per le acconciature particolarmente elaborate, occhi e bocca resi attraverso dischi appiattiti di argilla e la presenza di grandi orecchini tondi.

Ciò non deve indurre a pensare che solo le figure femminili fungano da oggetto di rappresentazioni di queste statuette. Più tipici del periodo tardo Jōmon, troviamo dogū raffiguranti animali, quindi, zoomorfi. Tra di essi, i cinghiali, conchiglie e molluschi erano i soggetti prediletti, cosa che ci dà anche alcune nozioni su ciò che mangiavano le antiche popolazioni.

Fonte immagine: Wikipedia

A proposito di Diana Natalie Nicole

Studentessa di Letterature Comparate, sostengo la continuità tra filosofia e letteratura, con qualche benigna interferenza di linguistica, arte e cultura.

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