I verbi rappresentano la parte variabile del discorso adoperata per l’espressione di un’azione; inoltre, ognuno di essi dà informazioni aggiuntive riguardo chi o cosa compie l’azione designata, la subisce, la situazione in cui si trova il soggetto, nonché il modo di essere e l’esistenza di questo. Anche la determinazione del tempo della frase è pertinente al verbo utilizzato: è questo, infatti, a indicare se l’azione si è svolta nel passato, nel presente o nel futuro.
Sebbene sia chiaro che questa classe grammaticale sia di fondamentale importanza, il loro impiego e il loro significato nascondono delle insidie anche per i madrelingua. Scopriamo insieme la guida completa alla coniugazione e all’uso corretto dei verbi.
La coniugazione dei verbi
Coniugare un verbo significa renderlo morfologicamente adatto al soggetto che compie l’azione. Essendo la lingua italiana piuttosto flessibile nella collocazione dei costituenti della frase, la presenza di un determinato morfema collegato alla radice del verbo permette di identificarne il modo, il tempo, la persona ed il numero. La maggior parte dei verbi è regolare, presenta dunque delle regolarità di comportamento nella coniugazione, ma ve ne sono molti che invece sono difettivi. Tra questi ultimi è possibile distinguere dei verbi poco utilizzati le cui forme rappresentano un dubbio per i parlanti.
- Il verbo prudere non possiede il participio passato: non è quindi possibile completare la frase “mi prude il braccio come non mi è mai…”
- Il verbo riflettere di participi passati ne ha ben due, così come di passati remoti, e ogni forma è collegata a un significato. Riflettei e riflettuto sono sinonimi di considerare, mentre riflessi e riflesso indicano il produrre dei riflessi.
- Il verbo rodere al passato remoto ha una sola forma: rosi, rodesti, rose, rodemmo, rodeste, rosero
- Il verbo soddisfare al presente lascia perplessi: la forma soddisfaccio è tanto valida quanto quella più attestata soddisfo. Questo viene spiegato dal fatto che tutti i composti del verbo fare si coniugano come questo, ma soddisfare e disfare hanno generato anche delle forme alternative
Come usare i tempi verbali
La concordanza dei tempi verbali può essere insidiosa anche per le persone con un livello di istruzione alto. Al fine di concordare i verbi nel modo corretto, bisogna tenere in considerazione il verbo della frase principale o reggente e alcune sue caratteristiche, come il tempo. È fondamentale anche tenere a mente se si vuole parlare di un’azione contemporanea, precedente o successiva a quella espressa dal verbo della frase principale.
Qualora la frase abbia un verbo al presente, al futuro o all’imperativo e si voglia esprimere un’azione con certezza, viene utilizzato nelle subordinate il presente indicativo per la contemporaneità, il passato prossimo o remoto per un’azione posteriore e il futuro semplice per una successiva. Se la frase esprime incertezza o possibilità si farà ricorso al modo congiuntivo.
Se il verbo principale al passato esprime certezza, l’indicativo imperfetto è usato per le azioni contemporanee, il trapassato prossimo per quelle precedenti e il condizionale passato per quelle posteriori. Se lo stesso verbo esprime un dubbio, un’incertezza o una possibilità verranno utilizzati rispettivamente il congiuntivo imperfetto, il congiuntivo trapassato e il condizionale passato.
Il periodo ipotetico
Nel periodo ipotetico della realtà nella protasi viene adoperato il modo indicativo, mentre nell’apodosi è contemplabile anche la scelta dell’imperativo. Invece, il periodo ipotetico della possibilità richiede il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condizionale presente nell’apodosi, mentre il periodo ipotetico dell’irrealtà al congiuntivo trapassato della protasi combina l’uso del condizionale presente o passato nell’apodosi.
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