Il topos del cuore mangiato: origini e sviluppo nella letteratura
Quando si scrive del topos del cuore mangiato ci si riferisce per lo più al “luogo comune”, in questo caso sarebbe meglio definirlo topos letterario, del cuore dell’amante ucciso dal marito e dato in pasto alla moglie adultera che ha attraversato la letteratura occidentale nel corso dei secoli. Un tema macabro e inquietante, che affonda le sue radici in un passato lontano, tra mito e letteratura medievale. Un topos, quello del cuore mangiato, che rappresenta la vendetta estrema del marito tradito, ma anche il simbolismo del cuore come sede dell’amore e dei sentimenti. La sua forza evocativa è tale da aver attraversato i secoli, giungendo fino ai giorni nostri e ispirando scrittori, poeti e artisti di ogni epoca. Ma quali sono le origini di questo topos? E come si è evoluto nel tempo?
Le prime tracce del topos del cuore mangiato: dal mito di Dioniso al Medioevo
Nonostante la formulazione e la fortuna di questo topos risalga alla letteratura medioevale, ne troviamo traccia anche nell’Antichità Classica. Il cuore è da sempre considerato la sede dei sentimenti, dell’anima e della vita stessa. Mangiare il cuore di qualcuno, quindi, può assumere diversi significati simbolici, come l’appropriarsi della sua forza, del suo coraggio o del suo amore.
Il mito di Dioniso e Zagreo: un cuore divorato per gelosia
Una delle versioni del mito della nascita di Dioniso narra un antefatto che coinvolge il cuore mangiato: Era scoprì l’ennesimo tradimento di Zeus da cui nacque Zagreo e aizzò i titani contro il bambino che lo cucinarono e se lo divorarono. Solo il cuore ne restò che venne mangiato da Zeus prima di unirsi con Semele e da questo rapporto nacque Dioniso, reincarnazione di Zagreo. In questo mito, il cuore mangiato non è legato al tradimento amoroso, ma alla gelosia di Era e alla ferocia dei Titani. Si tratta di un esempio di antropofagia rituale, in cui il cuore della vittima, in questo caso un dio bambino, viene divorato per impossessarsi della sua forza e del suo potere divino.
La nascita del topos letterario del cuore mangiato nel Medioevo francese
Nonostante questo e altre tracce in alcuni testi e racconti precedenti, è nella letteratura medioevale francese che prende forma il topos del cuore mangiato, in particolare già nei frammenti che ci sono arrivati di Roman de Tristan di Thomas D’Inghilterra. Il Medioevo è un periodo in cui la letteratura si popola di storie d’amore e di morte, di cavalieri e di dame, di tradimenti e di vendette. Il romanzo cortese, la novellistica e le canzoni di gesta sono i generi letterari in cui il topos del cuore mangiato trova terreno fertile.
Il Roman de Tristan di Thomas d’Inghilterra: un cuore dato in pasto alla moglie
Nel Roman de Tristan si narra dell’amante ucciso dal marito e il cui cuore che è stato poi dato in pasto alla moglie. Qui, per la prima volta, appaiono gli elementi costitutivi del topos del cuore mangiato: l’adulterio, la gelosia del marito, l’uccisione dell’amante e la macabra vendetta del cuore dato in pasto alla moglie fedifraga. Il cuore, simbolo dell’amore tra Tristano e Isotta, diventa così strumento di una punizione esemplare.
Roman du Chatelain de Coucy e Lai d’Ignauré: due varianti del topos
Emblematici poi sono il Roman du Chatelain de Coucy et de la dame de Fayel di Jakemes e il Lai d’Ignauré, quest’ultimo risalente all’inizio del XIII secolo e accreditato ad un certo Renaus. Nel primo testo l’amante muore ferito in Terra santa e ordina al suo servo di consegnare il suo cuore alla sua amata dama di Fayel, il servo però è scoperto dal marito che ordina al cuoco di cucinare il cuore: sarà la cena della dama. Il Roman du Chatelain de Coucy riprende lo schema classico del topos del cuore mangiato, ma con una variante: l’amante non viene ucciso dal marito, ma muore in battaglia. Il cuore diventa così un pegno d’amore, un ultimo dono dell’amante alla sua amata. Il secondo testo fa una parodia del topos poiché il protagonista Ignauré è amante di ben dodici donzelle e i mariti di codeste dopo aver ucciso l’uomo non preparano come pasto solo il cuore dell’amante ma anche il suo membro. Nel Lai d’Ignauré, invece, il topos del cuore mangiato viene stravolto e parodiato: l’amante, un seduttore seriale, viene ucciso dai mariti gelosi e non solo il suo cuore, ma anche il suo membro, viene dato in pasto alle donne. Una punizione ancora più crudele e grottesca, che stravolge il significato simbolico del cuore.
Il topos del cuore mangiato nella letteratura italiana: Dante e Boccaccio
Il topos del cuore mangiato è presente anche nella letteratura italiana con Boccaccio e Dante Alighieri. Due autori fondamentali della letteratura italiana che utilizzano il topos in modi diversi, adattandolo al proprio stile e alla propria poetica. La diffusione del topos in Italia testimonia il successo e l’influenza della letteratura francese medievale.
Boccaccio e il Decameron: il cuore dell’amante come macabra cena
Nella IX Novella della IV Giornata del Decameron si narra di Guglielmo Rossiglione che dà in pasto alla moglie il cuore del suo amante Guglielmo Guardastagno, nonché suo grande amico, e la donna, come spesso si legge quando viene utilizzato questo topos, si suicida gettandosi dalla finestra. Boccaccio riprende fedelmente lo schema del topos del cuore mangiato, inserendolo in una cornice narrativa più ampia e complessa. La novella di Boccaccio è un esempio di letteratura gotica ante litteram, in cui l’orrore e la violenza si mescolano all’amore e alla passione.
Dante e la Vita Nova: una visione onirica del cuore mangiato
Dante, invece, utilizza il topos del cuore mangiato in modo diverso: nel primo capitolo della Vita Nova il poeta racconta di aver avuto una visione in cui il dio dell’Amore aveva tra le braccia una Beatrice addormentata e nella sua mano il cuore di Dante; la figura dall’aspetto spaventoso poi la sveglia affinché lei se ne nutra. Dante trasfigura il topos, eliminando l’elemento del tradimento e della vendetta. Il cuore mangiato diventa un simbolo dell’amore totalizzante e spirituale del poeta per Beatrice. La scena onirica assume i contorni di un’allegoria, in cui il cuore del poeta diventa nutrimento per l’anima dell’amata.
Il cuore mangiato oltre la letteratura: significato e persistenza del topos
Ciò che si evince dai testi citati è che nonostante prima del Medioevo si trovino tracce del topos del cuore mangiato come l’atto in sé di cibarsi del cuore e il tradimento, esempio riportato il mito di Dioniso, il topos si sviluppa nell’età di mezzo con gli stessi elementi ben posizionati nella struttura che viene riproposta da diversi autori con piccole differenze che posso riguardare lo scopo o la modalità, ma lo schema è sempre lo stesso: tradimento della moglie, uccisione dell’amante da parte del marito che ne dà in pasto il cuore alla moglie adultera. Oltre che il Lai d’Ignauré che fa una parodia di questo schema, forse chi si discosta di più tra i testi citati è il poeta fiorentino che elimina l’elemento del tradimento e non rappresenta se stesso, che non è il marito ma semplicemente l’uomo innamorato, come un uomo geloso alla ricerca di vendetta, tanto che la scena di Beatrice che mangia il suo cuore non è raccontata neanche come avvenimento della realtà, ma come una visione dello scrittore. Il topos quindi si carica di significati simbolici, legati all’amore, alla morte, alla gelosia e alla vendetta. Il cuore, sede dei sentimenti, diventa oggetto di un atto di cannibalismo che stravolge il suo valore simbolico.
Per concludere, questi citati sono solo alcuni testi in cui si trova traccia del topos letterario del cuore mangiato, topos che è arrivato fino a noi e che ha lasciato il segno anche attraverso altre forme d’arte e portatore anche di un’immagine con significati diversi che è tutt’oggi utilizzata. Rappresentativo di ciò è il brano Vertigine di Levante, rilasciato nel 2020, in cui la cantante ha cercato di raccontare le strade sbagliate dell’adolescenza in cui il prezzo da pagare per la scoperta è la sofferenza e questo si ripete all’infinito ed è indicato con la metafora del cuore mangiato che lascia dietro il tema del tradimento. Levante canta:
Ed io rimango qui, io rimango qui che ho ancora il cuore in mano
prendetene e mangiatene tutti
sì, dai tutti, esageriamo
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