Il dialetto di Guardia Piemontese: in Calabria si parla occitano?

dialetto guarda piemontese

Tra le diverse isole linguistiche presenti in Italia troviamo, a Guardia Piemontese, anche la variante linguistica occitana o lingua d’oc. L’Occitano è una lingua romanza, principalmente parlata nella zona centro-meridionale della Francia, nel Principato di Monaco, in alcune zone del Piemonte e a Guardia Piemontese, in Calabria. Il fatto che questo comune italiano sia così distanziato dal territorio dell’Europa centro-meridionale, zona in cui si parla l’Occitano, fa sì che il dialetto di Guardia Piemontese rientri in quella che è definita isola o enclave linguistica: un territorio in cui buona parte della popolazione parla una lingua diversa da quella delle città o dei comuni circostanti.

Guardia Piemontese è un piccolo comune di 1788 abitanti, situato in provincia di Cosenza, Calabria.  Il suo nome deriva dai massicci spostamenti di individui Valdesi, provenienti dal Piemonte, che si sono insediati in passato nel territorio calabro. Il guardiolo, il dialetto di Guardia Piemontese, ha la peculiarità di essere l’unico dialetto occitano del meridione italiano: esso è ancora tutt’oggi parlato da una buona parte della popolazione. Come è avvenuto questo spostamento in massa e, di conseguenza, la creazione di questa isola linguistica?

Il dialetto di Guardia Piemontese

Come detto, il dialetto di Guardia Piemontese è chiamato guardiolo ed è una variante parlata generalmente nella zona occitana, un territorio linguistico situato a cavallo tra la Francia meridionale e l’Italia settentrionale. Buona parte della popolazione della suddetta cittadina parla questo dialetto: sono all’incirca 400 coloro che lo usano per comunicare tra loro, ma tutti i 1800 abitanti della zona lo comprendono anche se non lo utilizzano costantemente

Tra i parlanti più anziani, la versione parlata del guardiolo è pressoché quella germinale: non avendo frequentato scuole e comunicando soltanto in dialetto, la versione linguistica da loro utilizzata non ha risentito molto dell’influenza italiana o calabra. I più giovani, invece, riconoscono la lingua parlata ma non la utilizzano costantemente e in tutti contesti.

Con il passare degli anni, grazie ai social, alla TV e alla radio il dialetto di Guardia Piemontese si è differenziato rispetto alla versione occitana d’origine.  Oltre ai vari mezzi di comunicazione, l’influenza della lingua italiana e del dialetto cosentino hanno senz’altro favorito questo cambiamento linguistico. 

Storia di Guardia Piemontese

Come detto, la nascita del dialetto di Guardia Piemontese è legata agli spostamenti dei Valdesi, cosa che permise di popolare diversi piccoli comuni della Calabria, tra cui San Sisto dei Valdesi, Montalto Uffugo e Guardia Piemontese. Queste migrazioni di massa erano compiute dai Valdesi, coloro che sono i fedeli e i seguaci del Valdismo, una religione nata nel XII secolo. Questa nasce in Francia, a Lione, ed entra da subito in contrasto con la Chiesa Cattolica di Roma: alla fine del XII secolo, il Papa Lucio III scomunicò una serie di movimenti religiosi che egli considerava eretici; tra questi, figurava il Valdismo.

A causa dell’intolleranza religiosa, i Valdesi furono costretti a spostarsi verso la Calabria, dove si stanziarono, tra il XII ed il XIII secolo, nei comuni che abbiamo citato precedentemente. La vita dei Valdesi di Calabria procedeva tranquillamente: si stabilirono nei territori in cui vissero, senza fare guerre per 2/3 secoli, e utilizzavano la lingua occitana per comunicare tra loro. Tutto tranquillo e pacifico fin quando non decisero di aderire allo scisma religioso conosciuto come Riforma Protestante: come contro risposta, il futuro Papa, Pio V, decise che sia i Valdesi di Calabria che quelli del Piemonte dovessero essere massacrati

Qualche tempo dopo, come in una vera e propria Crociata, l’attacco dell’inquisizione si trasformò in una vera e propria strage: nel 1561 fu compiuta quella che passa alla storia come la Strage dei Valdesi di Calabria. Lo scontro ebbe luogo tra San Sisto e Guardia Piemontese e fu una vera e propria guerra civile che si concluse con il massacro di migliaia di Valdesi; la maggior parte delle case del territorio furono incendiate e saccheggiate.

Parte degli scontri si svolse alle porte della cittadina, luogo in cui essi furono efferatamente impiccati, gettati dalle torri o bruciati: la stessa porta, per commemorare l’evento, è oggi comunemente chiamata porta del sangue ed è situata in Piazza della strage o, come direbbe un parlante del dialetto di Guardia Piemontese, Plaça de la strage.

Fu, insomma, un eccidio in cui l’Inquisizione non fece prigionieri e non risparmiò nessuno, tantomeno donne e bambini. I sopravvissuti alla strage furono arrestati e condotti al castello di Cosenza oppure a quello di Montalto: nel primo, buona parte dei detenuti morì di freddo, fame e a causa delle torture subite; nel secondo vi furono rinchiusi poco più di 1500 Valdesi, sia donne che uomini, e 150 di questi furono condannati a morte.

Il giorno seguente si procedette con l’esecuzione della pena: un testimone oculare scrisse che i condannati «[…]venivano tutti riuniti in una casa dove veniva il boia et li pigliava a uno a uno […]lo faceva inginocchiare e con un coltello gli tagliava la gola et lo lasciava così…». Altri, invece, furono cosparsi di resina e bruciati vivi nel mezzo di quella che diventerà piazza dei Valdesi. Tirando le somme, non si sa esattamente quanti Valdesi abbiano perso la vita: un testimone dell’epoca annota il numero di 2000, altri studiosi sostengono che esso possa variare dai 600 alle 6000 vittime

Fonte immagine: Wikipedia Commons

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