Il facekini è una maschera integrale, pensata per nuotatori e bagnanti, molto simile ad un passamontagna che copre tutta la testa e rivela infatti solo gli occhi, il naso e la bocca. È stato inventato da Zhang Shifan nel 2004, un ex contabile della città costiera cinese di Qingdao, città natale del fenomeno facekini.
Il facekini viene utilizzato non solo per proteggersi dai raggi ultravioletti che inducono l’abbronzatura, ma anche da meduse, insetti e altre sostanze irritanti presenti in spiaggia. Spesso è indossato in combinazione con altri indumenti che proteggono dal sole, come tute con maniche lunghe, occhiali da sole, visiere o ombrelli.
Il passamontagna da spiaggia viene realizzato con lo stesso tessuto elastico comunemente utilizzato nei costumi da bagno ed il suo costo varia tra i 15 e i 25 Yuan (circa 2-3€) a seconda dei modelli.
Vediamo insieme come il fenomeno del facekini ha preso piede in Cina e non solo.
Tendenze e canoni di bellezza cinesi
Si dice che i colori più in voga siano l’arancione, poiché si ritiene che questo colore allontani le meduse, e il rosa. Sebbene si tratti di un indumento funzionale, il fenomeno facekini è diventato molto popolare quasi esclusivamente tra la popolazione femminile. Ciò è da ricondurre ai canoni di bellezza estetici che risalgono all’antica Cina, più precisamente alla dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), quando agricoltori e operai lavoravano tutto il giorno esposti al sole e di conseguenza avevano la pelle scura e abbronzata. Al contrario, i reali, o coloro che provenivano dalle classi più agiate, trascorrevano le loro giornate all’interno. Dunque al tempo la pelle bianca rappresentava il prestigio sociale e ancora oggi molti cinesi credono che la pelle bianca rappresenti uno status sociale elitario, per questo adottano una serie di accortezze per garantire che la loro pelle rimanga quanto più chiara possibile.
Non è un caso allora se il fenomeno facekini abbia acquisito grande risonanza in Cina: l’indumento viene indossato come misura estrema contro i raggi UV da tantissime donne a Qingdao, ma anche in altre località costiere.
Il fenomeno facekini in passerella e altrove
Il facekini ha attirato l’attenzione dell’Occidente circa un decennio dopo la sua creazione, quando nel 2014 la rivista di moda CR Fashion Book ha pubblicato un servizio fotografico in cui le modelle indossavano facekini abbinati a costumi da bagno e gioielli di Alexander Wang e Michael Kors. Anche altri brand di lusso si sono lasciati contagiare dal fenomeno del facekini reinterpretandolo, un esempio è Maison Margiela che propone una variante in tessuto velato che enfatizza, senza nascondere, i connotati del viso. Il costo? Si aggira dai $510 ai $210, un prezzo ben lontano dai modici 20 Yuan.
Le fantasie colorate e i motivi simmetrici del facekini ricordano un altro indumento appartenente ad una cultura lontana da quella cinese: la maschera luchador indossata dai wrestler che si cimentano nel lucha libre, stile di combattimento messicano popolare agli inizi del Novecento. Nel caso della luchador, i decori apposti alla maschera servono allo spettatore ad identificare il lottatore e conferiscono a quest’ultimo un aspetto volutamente minaccioso.
Dunque è innegabile che il fenomeno facekini abbia oltrepassato la Grande Muraglia, suscitando la curiosità di molti verso questo indumento alquanto singolare.
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