Il Gashadokuro e la storia di Takiyasha-hime

Il Gashadokuro e la storia di Takiyasha-hime

Il Gashadokuro e la storia di Takiyasha-hime

Il folklore giapponese è ricolmo di aneddoti e storie riguardo le innumerevoli creature che lo popolano. Fra tali racconti uno di quelli più conosciuti riguarda lo yōkai Gashadokuro e la principessa Takiyasha.

Descrizione del Gashadokuro

Noto anche con il nome di Ōdokuro (grande teschio/scheletro), il Gashadokuro prende la propria denominazione dal caratteristico suono che si dice esso produca. Il Gashadokuro infatti ha l’aspetto di un enorme scheletro, alto circa dieci metri o più, i cui movimenti e spostamenti vengono accompagnati da inquietanti tintinnii di ossa e battiti di denti, producendo un suono associabile all’onomatopea giapponese gachi-gachi.

Il Gashadokuro ha origine di solito presso campi di battaglia o fosse comuni, dove si sono accumulati grandi quantitativi di cadaveri non appropriatamente seppelliti. Le persone decedute accompagnate da odio, rancore, insoddisfazione e sentimenti simili, poiché non hanno ricevuto un rito funerario adeguato per calmare le loro anime, si tramutano in spiriti incapaci di lasciare il mondo terreno. L’energia negativa che producono continua a restare attaccata alle ossa e ai corpi in decomposizione ed acquista potenti proprietà magiche. L’ira dei morti verso i vivi fa unire, quindi, grandi ammassi di ossa e da essi si compone il gigantesco scheletro dagli occhi infuocati gialli o verdi chiamato Gashadokuro.

Questo yōkai non predilige prede particolari, tuttavia dalla sua dieta non sono esclusi gli esseri umani. Quando il Gashadokuro è a caccia, specialmente di notte, diviene alquanto silenzioso in modo da avvicinarsi alle sue vittime senza farsi notare, per poi stritolarle in una presa poderosa o staccar loro via la testa.

La vicenda della principessa Takiyasha

La storia di Takiyasha-hime e il Gashadokuro divenne famosa a partire dal periodo Edo, in cui molti artisti ripresero questa narrazione come soggetto delle loro opere, dai dipinti agli spettacoli di Kabuki. La rappresentazione senza dubbio maggiormente conosciuta, e che ha fatto scuola nelle successive visioni del Gashadokuro è quella di Utagawa Kuniyoshi, commissionata all’artista ukiyo-e e dallo scrittore Santō Kyōden per un suo yomihon.

Il racconto di Takiyasha-hime cominciò nel 939, quando suo padre Taira no Masakado decise di organizzare una ribellione contro l’imperatore Suzaku. Le sommosse durarono per cinquantanove giorni, fino alla battaglia di Kojima in cui Taira no Masakado venne ucciso da suo cugino Taira no Sadamori, il quale lo decapitò ed espose la sua testa in segno di vittoria. Una versione della leggenda vuole che due figli di Masakado riuscirono a sfuggire allo sterminio della famiglia che seguì la morte del padre, e si rifugiarono sul monte Tsukuba. I due figli, Yoshikado e Satsuki (come prima era conosciuta Takiyasha-hime) vissero lì per anni, il primo allenandosi per diventare samurai, la seconda studiando per farsi monaca. Un giorno Yoshikado incontrò un mago di nome Nikushisen che gli raccontò della sorte del padre e gli fece dono di una pergamena magica. Yoshikado quindi si confidò con la sorella e le porse il rotolo ricevuto precedentemente. Satsuki lo studiò a fondo e divenne maestra dell’arte magica delle rane. Cambiato il nome in principessa Takiyasha, ella guidò con il fratello un’altra rivolta per vendicare Taira no Masakado.

In un’altra versione della vicenda Satsuki praticò rituali di stregoneria per ventuno notti presso il santuario di Kifune, a Kyōto, fino ad evocare Takao no Kami. La divinità le donò grandi poteri e le disse di modificare il suo nome in Takiyasha-hime. La principessa e il fratello Yoshikado quindi si recarono nella provincia di Shimosa, al castello in rovina di Sōma un tempo appartenuto a Taira no Masakado e misero in piedi un esercito di soldati ancora fedeli al loro deceduto padrone e di yōkai richiamati dalla magia di Takiyasha-hime. 

L’imperatore, venuto a conoscenza di quanto stava accadendo, inviò il guerriero Ōya no Tarō Mitsukuni per sconfiggere i rivoltosi. Sorpresi da un temporale scatenato segretamente proprio dalla principessa, Mitsukuni e i suoi soldati dovettero rifugiarsi nel castello diroccato dove li attendeva Takiyasha-hime. La giovane tentò di sedurre il guerriero per farlo unire alla sua ribellione, ma Mitsukuni comprese l’inganno ed alimentò ancora di più la sete di vendetta di Takiyasha, raccontandole i particolari dell’uccisione del padre. Dunque la principessa, in groppa ad un enorme rospo, ingaggiò battaglia contro di lui evocando il mostruoso Gashadokuro. Takiyasha e tutti i ribelli vennero sconfitti, tuttavia esisterebbe un altro epilogo per la sua tragica storia. Si dice infatti che Takiyasha, scampando alla morte in duello, si sia poi ritirata vicino il lago Tazawa e che lì abbia continuato ad usare la sua magia per far del bene ai villaggi limitrofi, venendo venerata come una divinità dopo la sua morte.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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A proposito di Roberta Napolitano

Ciao! Il mio nome è Roberta e sono una studentessa frequentante il terzo anno dell'indirizzo di studi "Lingue e Culture Comparate" all'Università degli studi di Napoli L'Orientale, scegliendo come lingue da inserire nel percorso l'inglese e il giapponese. Fin dalla tenera età le mie passioni riguardano manga, anime, videogiochi e libri e ovviamente all'appello non possono mancare la musica (in particolare se del paese del Sol Levante) e il buon cibo!

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