La lingua cinese è monosillabica? Scopriamolo!
La lingua cinese era un tempo un esempio quasi perfetto di lingua monosillabica, con parole costituite pressoché tutte da singole sillabe. Oggi non può dirsi tale, se non limitatamente alle sue unità di significato minime, i suoi morfemi, ciascuno dei quali, ora come in passato, corrisponde a una singola sillaba, mentre la gran parte delle parole sono attualmente polisillabiche.
Un simile cambiamento si spiega con secoli e secoli di evoluzione della lingua cinese che hanno determinato una crescente semplificazione della struttura delle sillabe, risultata in una drastica diminuzione della loro varietà e del loro numero.
Nel corso di questa evoluzione, la variegata gamma di consonanti e di gruppi consonantici che esisteva nella lingua antica si è man mano contratta fino a ridursi alla consistenza attuale di 23 consonanti semplici, delle quali solo 3 capaci di ricorrere in posizione finale, comprendendo tra esse il particolare suono consonantico alveolare caratteristico del prolungamento retroflesso delle sillabe.
Dal canto loro le vocali, che nella lingua cinese antica assommavano a 4 soltanto, dopo l’ingente crescita conosciuta nel periodo della lingua medioevale si sono nuovamente ridotte fino ad assestarsi all’odierno totale di 10.
L’impoverimento fonologico che ha accompagnato la semplificazione del sistema sillabico cinese si è inevitabilmente tradotto in una progressiva espansione del numero dei morfemi omofoni, (per esempio alla sillaba 力 corrisponde ‘forza, severo, bello, castagna’ ecc…) via via che la scomparsa di svariate terminazioni consonantiche unificava in un medesimo suono sillabe precedentemente distinte, le quali risultavano così associate a un crescente numero di significati.
La semplificazione delle sillabe è stata storicamente accompagnata e compensata da una forte spinta in direzione del polisillabismo, che è sfociato nella formazione di un grandissimo numero di parole composte da più sillabe.
Lo sviluppo di parole polisillabiche nella lingua cinese (perlopiù bisillabiche) ha potuto ovviare al problema dell’omofonia e alla conseguente ambiguità semantica delle unità lessicali.
Nel cinese premoderno (XIII-XIX secolo) e moderno si è assistito al boom dei composti bisillabici, che costituiscono oggi la parte più consistente del lessico.
Cosa sono i morfemi nella lingua cinese?
I morfemi sono il materiale di cui sono fatte le parole. I morfemi cinesi, solitamente, sono costituiti da singole sillabe mentre le parole cinesi contano tanti morfemi quante sono le sillabe e tante sillabe quanti sono i morfemi.
Il lessico della lingua cinese si compone di:
– parole monomorfemiche monosillabiche (un solo morfema, una sola sillaba): molte parole sono monomorfemiche monosillabiche come mǎ “cavallo”;
– parole monomorfemiche polisillabiche (un solo morfema, più sillabe): esistono, seppure in numero tutto sommato ristretto, alcune parole dette monomorfemiche polisillabiche formate da sequenze di più sillabe, nessuna delle quali, singolarmente, è portatrice di significato. Si tratta di prestiti stranieri, quali pútao “uva” o kāfēi “caffè”, entrati in uso in tempi diversi per sopperire alla mancanza dei corrispondenti termini nel lessico cinese;
– parole polimorfemiche monosillabiche (più morfemi, una sola sillaba): Non è esatto affermare che tutti i morfemi siano monosillabici. Esiste un morfema, ed è l’unico, di dimensione inferiore alla sillaba: è il morfema subsillabico espresso foneticamente dalla consonante alveolare r [ʁ], corrispondente al prolungamento retroflesso delle sillabe, utilizzato per: – i diminutivi: māo “gatto” → māor “gattino – differenziare nomi e verbi: huà “dipingere” ≠ huàr “quadro” Le parole che impiegano il morfema subsillabico sono dette polimorfemiche monosillabiche;
– parole polimorfemiche polisillabiche (più morfemi, più sillabe): parole composte da una sequenza di morfemi combinati tra loro come xióngmāo “panda” → xióng “orso” + māo “gatto”.
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