Quando parliamo di post-modernismo non parliamo solo di una fase della storia della letteratura, ma anche di una fase del pensiero e della sociologia, della questione sociale. È una di quelle etichette che abbracciano vari aspetti culturali, e di fatto non solo culturali ma anche proprio di mentalità.
Ovviamente, da buona avanguardia che si rispetti, ha influenzato ed è stata influenzata dall’arte; nella fase post-modernistica, l’arte tecnica più rilevante è quella architettonica; il linguaggio architettonico è un linguaggio che ha registrato in maniera più riconoscibile un passaggio alla fase post moderna.
Le architetture del post-modernismo sono tutte architetture che vedono ritornare l’elemento ornamentale, l’elemento quasi decorativo.
Torna l’arco, l’esigenza di avere una caratteristica ludica della facciata, che sia colorata e con delle forme. Viene dato nuovamente spazio alla fantasia e poi anche al gioco, un gioco combinatorio con vari stili. Iniziano a dirompere all’interno della società stili mai visti prima d’ora come la “pop art” che è una vera e propria avanguardia, un movimento artistico nato nel regno unito e negli stati uniti durante il 1950. Il movimento presentava una sfida alle tradizioni di quella “fine art”, e per questo motivo divulgava libri comici, immagini di oggetti appartenenti alla cultura di massa; uno dei suoi obiettivi era quello di usare elementi del POPOLARE, enfatizzando soprattutto gli elementi “kitsch” di ogni cultura, attraverso l’ironia.
Nel post-modernismo con la pop art, ogni oggetto è tolto dal proprio contesto, è isolato e combinato con ciò che di più impensabile ci sia. Quindi non si cerca di sfuggire all’elemento kitsch ma di elevarlo al linguaggio artistico, quindi di sottolineare il kitsch nella cultura di massa e, decontestualizzandolo o avvolgendolo in un’intenzione comunicativa, farlo diventare un oggetto artistico. Quindi non c’è cesura, a differenza dell’artista modernista che si chiudeva nella torre d’Avorio perché non voleva essere contaminato da questa realtà che diventava sempre più di massa, sempre più banale, sempre più volgare. Qui, invece, l’artista è come se non avesse più fiducia nella possibilità di creare un oggetto artistico di natura alta allora accetta di vivere all’interno di un “gioco” e invita a giocare con gli eccessi. Il valore non è tanto nell’oggetto, come in un quadro di Raffaello o di Leonardo da Vinci dove è il quadro che ha valore artistico, ma è nell’intenzione di sottolineare, mettere tra parentesi, evidenziare, giocare con il gesto artistico. Quindi è come se prevalesse la dimensione dell’happening, del gesto, che viene dalle avanguardie moderniste; viene proprio dai moderni infatti questo gesto declamatorio, il gesto dell’artista provocatore che recita le sue poesie in mezzo alla strada.
Un altro pensiero che si irradia dal post-modernismo al campo artistico, ma che poi invade tutti i campi del sapere, è il decostruzionismo di Derrida.
È una corrente di pensiero secondo cui più si decostruisce un oggetto per carpirne la vera essenza, vedendone le varie parti, e più da esso può nascere qualcosa di nuovo, una relazione; la decostruzione è l’estrema conseguenza portata dal modernismo e del relativismo e avviene innescando un dubbio. Quindi si prendono dei costrutti e li si smontano per svelare le logiche interne che sono tendenzialmente quelle che funzionano nelle culture. Un qualcosa che all’inizio diamo per scontato, ma poi scopriamo che quel tipo di principio morale è il portatore di un modello di società; si impara quindi a conoscere nei valori la logica che vi è sotto.
Questi valori parlano di logica di classe, e Derrida porta alle estreme conseguenze questo decostruzionismo, applicandolo addirittura ai binarismi che fino ad allora hanno rappresentato valori, conoscenze e modo di rappresentare la realtà.
Un semplice esempio è dato dalla destra e dalla sinistra: la sinistra indica il sinistro e rappresenta un altro tipo di razionalità, quella femminile, mentre il destro è quello che tendenzialmente è nel giusto, il razionale e il maschile. Dunque la destra non è sullo stesso piano della sinistra, appunto il polo destro e gerarchicamente superiore al sinistro. Derrida dunque studia e denuncia una logica gerarchica, il binarismo, che nasconde un discorso di potere, cioè ha inscritto in sé una gerarchia; Derrida smaschera il rapporto di potere che giace al di sotto del binarismo; agisce sul linguaggio, sulle coppie opposte molto semplici, e per far trapelare che queste coppie hanno inscritte in sé dei rapporti di potere, c’è bisogno quindi di una dissepoltura del linguaggio.
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