Re Mida è un personaggio della mitologia classica noto ai più per il celebre potere/maledizione di poter tramutare in oro qualsiasi cosa toccasse. Ma non tutti sanno che egli era legato anche ad una particolarità fisica che gli valse il soprannome de “il re dalle orecchie d’asino” e della quale ci parla Ovidio.
Qual è la storia di re Mida? Le origini e il potere del tocco d’oro
Figlio della dea Cibele e del re della Frigia Gordio, Mida è stato oggetto di discussione presso gli studiosi sulla sua identificazione con una figura realmente esistita. Per alcuni sarebbe stato un sovrano nato attorno al II millennio a.c., per altri sarebbe da identificare con il re della popolazione dei Moschi Midas. Quel che sappiamo per certo è che dopo aver trascorso la giovinezza in Macedonia egli spodestò il padre in seguito a una profezia dell’oracolo della Frigia, che vedeva in lui la chiave per mettere fine ai conflitti civili che devastavano il regno. Inoltre viene riconosciuta a lui la fondazione della città di Gordio, destinata a divenire capitale.
A narrare del suo mito è ovviamente Ovidio ne l’XI libro delle Metamorfosi. Il racconto inizia con lo smarrimento in Frigia di Sileno, un satiro caro a Bacco (o Dioniso, per dirlo alla greca) che avendo bevuto qualche bicchiere di troppo si era ubriacato, perdendo di vista il dio e i suoi seguaci. Fu poi ritrovato da due pastori che lo portarono al cospetto del loro sovrano, ovvero Mida.
Il re accolse il satiro nella sua reggia e lo trattò con gentilezza, ospitandolo per dieci giorni e dieci notti. Quando poi Mida lo riportò in Lidia, regione in cui era stato costruito un tempio in onore di Bacco, Bacco stesso, per sdebitarsi con il re, gli concesse qualsiasi desiderio. La prima cosa che passò per la testa di Re Mida fu quella di divenire più ricco di quanto non lo fosse già e così Bacco gli concesse il potere di tramutare in oro qualsiasi cosa toccasse.
Se dapprima Mida si divertiva a vedere qualsiasi oggetto colorarsi di un giallo splendente che era tipico del metallo più prezioso, ben presto dovette ricredersi quando si accorse che anche il cibo che finiva tra le sue mani subiva la stessa sorte impedendogli di nutrirsi. Il re tornò così in Lidia e Bacco, colpito dalle sue suppliche, gli tolse quel potere tanto invidiabile che si stava trasformando nella sua condanna a morte. Ma i contatti di re Mida con gli dei erano lontani dall’essere finiti e da un altro divino stava per ricevere un dono meno piacevole.
Il re dalle orecchie d’asino. La maledizione di Apollo
Il racconto di Ovidio prosegue con la decisione di Mida di rinunciare al proprio titolo monarchico e alle proprie ricchezze, decidendo di vivere il resto dei suoi giorni in mezzo ai boschi (no, nulla a che fare con Into the Wild). Ad allietare le giornate vissute in mezzo a fiori, piante e animali c’è il dio Pan che suona la zampogna.
C’è solo un piccolo problema: Pan soffre di un piccolo complesso di superiorità che lo porta ad affermare di essere talmente bravo a suonare da sfidare Apollo. Il dio del sole, della poesia e della musica raccoglie il guanto di sfida e i due contendenti si sfidano in questa gara musicale il cui giudice è Mida. Ma nonostante Apollo abbia indubbiamente suonato meglio, il sovrano dà comunque la vittoria a Pan.
Come ben sappiamo gli dei non sono i tipi che accettano volentieri la sconfitta e Apollo lo dimostra scagliando la sua collera su Mida. Infatti sulla sua testa fa comparire due orecchie d’asino che gli provocarono una vergogna talmente enorme da costringerlo a coprirsi con un enorme copricapo, anche per evitare che qualcuno potesse vedere la bizzarria fisica.
L’unica persona a conoscenza del segreto del “re dalle orecchie d’asino” è il suo barbiere. Mida gli implora di non rivelarlo a nessuno, ma l’uomo proprio non riesce a stare zitto. Ad un certo punto non riesce più a trattenere il silenzio che scava una buca nel terreno per poi urlarci dentro queste parole: «Re Mida ha le orecchie d’asino!». Ma Apollo, accortosi del gesto, fa crescere sopra quel buco delle canne che mosse dal vento ripetono la frase del barbiere che si sparge per il mondo intero. Il segreto del re dalle orecchie d’asino non era più tale.
Re Mida, tra storia e mito
Mita si chiamava, come abbiamo visto, anche l’ultimo sovrano della dinastia frigia che, vissuta la propria gioventù in Macedonia come re di Pessinunte sul monte Bermion (Bryges), venne successivamente adottato da Gordio, re di Frigia, e dalla dea Cibele (la Grande Madre). L’oracolo della Frigia, vedendo in lui un possibile salvatore da tutti i conflitti civili che coinvolgevano la Frigia, lo elesse come nuovo re spodestando il padre. Mida sposò la figlia di Agamennone di Cuma, Eolia, da cui ebbe diversi figli, fra cui Litierse (mietitore demoniaco degli uomini), Ancuro, Zoë (vita) e Adrasto come nipote. Durante il suo regno lottò per liberare l’Anatolia e l’Assiria dai Cimmeri tra il 680 e il 670. Questi ultimi però prevalsero e il re si diede la morte bevendo del sangue dei tori (secondo Strabone) mentre il padre venne arso vivo.
Come al padre Gordio è attribuita la fondazione dell’omonima capitale della Frigia, a lui sono attribuite quelle della città di Midea e (secondo Pausania) di Ancyra (l’attuale capitale turca Ankara).
Nel 1957 è stata scoperta a 53 metri di profondità, sotto all’antica Gordio, la presunta tomba di Mida.
Mida e la saggezza
Con il Mida, figlio adottivo di Gordio, era da Erodoto identificato quel sovrano nei cui giardini sarebbe stato preso Sileno, per il desiderio del re di apprenderne la saggezza ma il vecchio da principio conservò a lungo il silenzio e quando infine si decide a parlare, disse che per il sovrano meglio sarebbe non essere mai nato o, dal momento che aveva avuto la disgrazia di nascere, morire subito.
Più note, tuttavia, sono due leggende del re Mida riferite diffusamente da Ovidio (Metamorfosi, XI, 85-193) e più in breve da Igino (Favola 191) e da Servio Ad Aeneidem (commento di Servio all’Eneide di Virgilio, X, 142).
Un altro re dalle orecchie d’asino: Marco di Cornovaglia
La singolare e a tratti bizzarra storia di Mida e Apollo è finita con il divenire un motivo topico usato e abusato da molti scrittori, soprattutto durante il Medioevo. Non a caso in quell’epoca Ovidio era tra gli autori più letti e apprezzati tanto dagli autori quanto dalle dame e dai principi che riuniti a corte ascoltavano le traduzioni delle sue opere dal latino in volgare (che non è una brutta parola, ma un modo per indicare quelle lingue derivanti dal latino stesso). Una delle opere che subisce il retaggio del mito di Mida è Tristano e Isotta, romanzo di cui esistono tantissime versioni e per la cui costruzione ci si basa principalmente su quelle di Béroul e Thomas.
Non staremo qui a narrarvi tutta la trama del romanzo. Basti soltanto sapere che Tristano e Isotta, dopo esser riusciti più volte a sfuggire ai tentativi del re Marco di Cornovaglia, zio e padre adottivo di Tristano, di scoprire il loro rapporto clandestino vengono alla fine scoperti dal nano del re e i due giovani vengono allontanati. Tuttavia la corte di re Marco è frequentata anche da alcuni baroni che non vedono di buon occhio Isotta, ma che non sopportano nemmeno il nano e l’importanza che gli viene data.
Così decidono di attuare un piano. Essi fanno ubriacare abbondantemente il freak e lo incitano a dire loro un segreto sul sovrano che mai si sognerebbe di comunicare a mente lucida. Il nano si ricorda così del fatto che re Marco ha due piccole orecchie d’asino (in alcune traduzioni sono di cavallo) ed ecco che urla a gran voce il segreto. Inutile dire che il sovrano, tradito e offeso, si vendica del nano decapitandolo con una spada.
Ciro Gianluigi Barbato
Fonte immagine copertina: https://www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/mida/