L’Italia preromana: l’eterogeneità del mondo romano
Nel mondo antico, la penisola italiana non è stata la culla della sola civiltà romana, bensì essa ha accolto numerose popolazioni, autoctone e nomadi, che nel corso dei millenni hanno marciato in lungo e in largo per l’Italia. Per questo motivo, parliamo di un’Italia preromana. Tra l’età del bronzo e la prima età del ferro, l’Italia preromana è stata teatro di uno sviluppo di notevoli proporzioni dal punto di vista organizzativo, poiché si passò dalla presenza di piccoli gruppi umani al sorgere di forme complesse di organizzazione proto statale. Durante l’età del bronzo nell’Italia preromana si assiste ad un intenso incremento demografico, il numero di insediamenti diminuisce notevolmente, mentre quelli che sopravvivono iniziano ad estendersi, implicando anche un intenso sfruttamento delle risorse.
Questo fenomeno si addice, principalmente, alla cultura “terramaricola”, la quale piantò radici nella pianura emiliana, a sud del Po tra il XVIII e il XII secolo a.C. Tale cultura diede luce ad insediamenti di capanne che poggiavano su delle impalcature in legno, al fine di difendersi dagli attacchi degli animali e anche per isolarle dal terreno acquitrinoso circostante. Nel corso del tempo, il traffico di merci e persone va man mano aumentando, favorendo numerosi collegamenti tra l’area micenea (greca) e l’Italia meridionale, compresa delle isole. Questo fenomeno causò nell’Italia preromana una mutazione interna alle popolazioni indigene, le quali iniziarono a maturare aggregazioni più consistenti e poteri politici più accentuati. Con l’ingresso dell’età del ferro, la penisola presentava un quadro differenziato di culture locali, in primo luogo si evidenziarono due gruppi che avevano una diversa metodologia di sepoltura: un primo gruppo procedeva con la cremazione dei cadaveri, il secondo gruppo con l’inumazione. Seguendo una linea di massima, la cremazione nell’Italia preromana era tipica del settentrione, toccando anche i confini campani; il restante metodo apparteneva alle altre regioni.
Tra le numerose culture dell’Italia preromana, quelle che spiccarono di più furono quelle del Piemonte e della Lombardia, col nome “Golasecca”, nelle vicinanze di Padova invece rinveniamo la “cultura di Este”, mentre in Etruria troviamo la cultura “Villanoviana”. Gli uomini villanoviani dell’Italia preromana erano stanziati in insediamenti che avevano dinamiche simili a quelle di villaggi, il loro stile di vita era basato, soprattutto, nella creazione di utensili e armi in ferro. L’eterogeneità di tali culture dell’Italia preromana ha permesso la schematizzazione delle lingue parlate, catalogandole in due grandi gironi: indoeuropee e non indoeuropee. L’etrusco era la principale lingua non indoeuropea dell’Italia preromana, parlata soprattutto nel territorio toscano, è molto probabile che i popoli di tale cultura siano pervenuti tramite migrazioni limitate dall’Asia minore, fino all’effettivo insediamento nel territorio italiano. Un posto di eccezionale importanza, invece, lo detengono le colonie della Magna Grecia fondate nell’Italia meridionale, intorno al VIII secolo a.C., le città più importanti sorsero lungo le coste tirreniche e ioniche (Napoli, Taranto, Agrigento, Siracusa e molte altre), queste ultime, seppur senza imposizione politica, esercitarono un’enorme influenza sulle culture indigene preesistenti. L’Italia preromana, infine, fu un perfetto mosaico di particolarità che la caratterizzarono anche oltre la fine del dominio romano.
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