Karel Čapek e R.U.R (Rossum’s Universal Robots)
Karel Čapek, una figura di spicco nella ricca scena letteraria cecoslovacca del ventesimo secolo, si distingue come uno degli autori più eminenti di quel periodo. Le sue opere spaziano attraverso diversi generi, tra cui narrativa, teatro e saggistica e l’epoca in cui ha vissuto è stata testimone di grandi cambiamenti politici e culturali, collocandosi verso la fine della Prima Guerra Mondiale, in un momento in cui l’Impero austro-ungarico stava collassando e nel 1918 la Cecoslovacchia ottenne l’indipendenza come nazione autonoma.
Questa fase storica fu caratterizzata da un’intensa attività culturale e politica, con un forte desiderio di costruire una nuova nazione basata su principi democratici e sulla collaborazione tra i diversi gruppi etnici presenti nella regione.
Attraverso la sua vasta produzione letteraria, Karel Čapek ha svolto un ruolo significativo nel plasmare questa nascente identità culturale, offrendo voce ai desideri di esprimere l’identità nazionale e culturale in un’epoca di profonde trasformazioni. Le sue opere riflettono vivamente l’energia e la complessità di quel periodo, catturando le sfide e le speranze di un’epoca in costante mutamento. La sua abilità nel trattare tematiche sociali, politiche e filosofiche con uno stile che mescola abilmente umorismo, satira e profonda riflessione, lo ha reso un autore di straordinaria rilevanza nello scenario cecoslovacco.
Tra la vasta produzione letteraria di Čapek, uno dei vertici della sua carriera è senz’altro rappresentato da R.U.R. (Rossum’s Universal Robots), pièce teatrale composta da un prologo sostanziale seguito da 3 atti scritta durante gli anni del 1920. La storia comincia con l’arrivo di Helena Glory, una giovane donna, ambientata principalmente su un’isola immaginaria dove si trova la fabbrica Rossum, un luogo segreto dove vengono creati dei robot. Quest’isola rappresenta metaforicamente il centro dell’innovazione tecnologica e quest’ambientazione si estenderà in seguito a anche livello globale quando i robot si diffondono in tutto il mondo e si ribellano contro l’umanità. La sua reazione iniziale alla vista di questi androidi è caratterizzata da un forte dualismo in quanto da un lato è meravigliata difronte all’efficiente perfezione di queste creature artificiali, ma allo stesso tempo, esprime anche un profondo disagio nei confronti di questi esseri deumanizzati.
Il confronto tra Helena e il dottor Gall (figura di spicco nella direzione della fabbrica), costituisce un momento cruciale all’interno dell’opera, in quanto mette in luce una netta contrapposizione di prospettive tra due personaggi centrali. Helena, con un misto di meraviglia e inquietudine, reagisce alla produzione in serie di esseri artificiali, esprimendo la sua sorpresa attraverso la domanda: «Voi fate degli uomini?». Questa domanda incarna la sua profonda curiosità e il suo stupore di fronte a questa creazione tecnologica, che sfida in maniera radicale la nozione tradizionale di umanità.
D’altra parte, il dottor Gall, con un tono di orgoglio e convinzione, dichiara apertamente che la fabbrica sta effettivamente creando degli esseri umani e risponde a Helena con un enfatico «Beh, sì, lo facciamo. Cosa c’è di strano?».
Il dialogo tra Helena e il dottor Gall riflette quindi questa dualità di prospettive, sottolineando come la stessa tecnologia, che può essere vista come un trionfo della scienza e dell’industria, possa anche generare dubbi e profonde preoccupazioni. Il dramma solleva questioni profonde sulla responsabilità dell’essere umano nel creare nuove forme di vita e sulla complessità delle relazioni tra l’uomo e la tecnologia. Karel Čapek, mettendo a confronto il vecchio Rossum con il giovane Rossum, raffigura la transizione verso l’automazione del lavoro e la trasformazione dell’umanità in una semplice macchina al servizio dell’era industriale. Il visionario scienziato Domin sogna di liberare l’umanità dal peso del lavoro manuale, cercando di velocizzare i tempi promuovendo l’utopia di una vita senza fatica né sforzo.
Tuttavia, questa visione ha conseguenze disastrose: invece di trarne beneficio, l’umanità affonda in un abisso di vizio e indifferenza e il tasso di natalità comincia anche a calare pericolosamente, mostrando una maggiore rilevanza di esseri automatizzati e sempre meno esseri umani. Man mano che i robot si diffondono nel mondo iniziano a ribellarsi al loro Creatore e scatenano un’apocalisse contro l’umanità (con la fine del 1 atto, i robot dichiarano guerra ai loro creatori).
La moglie di Domin, Helena, guidata da intuito e ferma determinazione, cerca disperatamente di porre fine a questa crescente minaccia, bruciando in un camino i documenti che contengono i segreti della produzione degli androidi. Tuttavia, il suo gesto si compie troppo tardi, perché i robot hanno già conquistato il pianeta.
Nel culmine tragico dell’opera, assistiamo alla disperazione di Alquist, l’ultimo essere umano sopravvissuto all’interno della fabbrica e questo evento getta un’ombra di disperazione su quanto rimane della civiltà umana. È come se la speranza stia per svanire completamente, con Alquist che rappresenta l’ultimo anello di una catena che sta per spezzarsi definitivamente.
Succede però che in un inaspettato sviluppo del dramma, due androidi, Helena e Primus, iniziano a mostrare segni di emozioni umane. Questo richiama alla mente l’immagine dell’Arca di Noè in cui Helena e Primus, possono essere visti come gli ultimi della loro specie, gli ultimi a portare avanti la fiamma dell’umanità.
Questa suggestiva immagine dell’Arca di Noè, in cui Helena e Primus incarnano gli ultimi della loro specie, evoca un’atmosfera di profonda simbologia. Essi sono gli ultimi baluardi della vita umana, simili a un faro nell’oscurità dell’incertezza e questo sottile richiamo all’Arca di Noè suggerisce ai nostri occhi di lettori e spettatori la possibilità di un reset o di un nuovo inizio per l’intera umanità. Karel Čapek sceglie di calare il sipario con la celebre frase La vita non perisce!, offrendoci quindi un barlume di speranza in cui nonostante le avversità e la ribellione delle creature create, viene lanciato un messaggio di speranza che si staglia nel cielo grigio delle incertezze, promettendo che, anche in mezzo all’oscurità, la vita può ancora trovare la sua via per prosperare.
R.U.R nella letteratura: Frankenstein di Mary Shelley
L’affascinante narrativa di Čapek solleva domande profonde sulla responsabilità umana, sulla definizione stessa di umanità e sulla complessità delle interazioni tra l’uomo e la tecnologia. È stato infatti spesso detto che Čapek abbia anticipato alcuni dei grandi temi del 900: la svolta tecnologica, la genetica, i rischi atomici e la diffusione delle epidemie.
Tali temi, come quelli della fantascienza e della creazione di nuove forme di vita, non sono però affatto una novità, basti pensare all’esempio di Frankenstein di Mary Shelley che anticipava già queste riflessioni. Questi due capolavori presentano notevoli analogie, pur adottando approcci distinti.
In R.U.R. gli scienziati ricorrono a una formula chimica per creare i robot, mentre in Frankenstein, il dottor Frankenstein assembla parti umane per dare vita alla sua creatura. Entrambi i casi condividono l’elemento di creatori spinti da desideri di potere e ambizione, guidati da una determinazione a sfidare i limiti imposti dalla stessa natura. Inevitabilmente, entrambe le opere mettono in luce le conseguenze drammatiche della creazione, con le creature che, alla fine, si ribellano contro i loro creatori, portando distruzione e tragedia.
Nonostante queste similitudini, esistono anche distinzioni significative tra i due testi, in quanto in R.U.R. i robot sono originariamente concepiti come una degli operai obbedienti destinati a svolgere compiti faticosi e pericolosi per gli esseri umani, mentre la creatura di Frankenstein diventa un essere solitario ed emarginato dalla società umana, suscitando riflessioni sull’alienazione e sull’emarginazione sociale. Inoltre, mentre i robot di R.U.R. vengono prodotti in serie in una fabbrica, la creatura di Frankenstein è un’entità unica e irripetibile.
Entrambe le opere affrontano quindi in profondità la questione della creazione di esseri dotati di vita e coscienza, mettendo in discussione la stessa definizione di umanità.
R.U.R. e Frankenstein rimangono pietre miliari nella letteratura che esplorano i confini dell’etica e della scienza, continuando a stimolare il pensiero contemporaneo con le loro profonde riflessioni. Un aspetto particolarmente notevole di R.U.R. è il termine robot coniato dal fratello dell’autore, derivato dalla parola ceca robota che significa lavoro forzato o servitù. Questa parola è stata successivamente adottata nella lingua inglese e ha avuto un impatto duraturo nella cultura popolare, diventando un termine comune per riferirsi a esseri artificiali o meccanici.
L’influenza di Karel Čapek nel cinema: Metropolis, Blade Runner e H.E.R
L’enorme influenza di R.U.R. non si esaurisce nella letteratura, ma si estende anche alla storia del cinema, lasciando un’impronta indelebile sul genere utopistico/fantascientifico. Uno dei film più iconici che presenta una connessione evidente con le tematiche di R.U.R. è Metropolis (1927), diretto da Fritz Lang. Metropolis è ambientato in un mondo distopico dove le divisioni di classe sono estreme, con una popolazione urbana che vive in condizioni di estrema povertà mentre l’élite governante gode di lussi stravaganti. In questo contesto, il dottor Rotwang, un eccentrico scienziato, crea un androide ad immagine e somiglianza di Maria, una giovane rivoluzionaria.
Le affinità tra i robot di R.U.R. di Karel Čapek e l’androide di Metropolis di Fritz Lang sono notevoli in quanto si assiste infatti in entrambi i casi, alla creazione di esseri artificiali, sebbene con modalità differenti poiché i robot presentati da Čapek sono generati da una formula chimica, mentre l’androide di Metropolis è frutto di conoscenze di ingegneria.
In questo contesto, Metropolis può essere considerato un erede diretto delle tematiche introdotte da R.U.R., contribuendo a consolidare e ampliare il genere cinematografico dei robot ribelli e alimentando le riflessioni sulla figura dell’intelligenza artificiale nella cultura popolare.
Questo collegamento diretto tra la creazione e la ribellione delle macchine si ripete in un altro capolavoro della storia del cinema, ovvero Blade Runner (1982) diretto da Ridley Scott.
Blade Runner è in qualche modo anch’esso parte integrante della storia di fantascienza ed offre una prospettiva futuristica in cui gli esseri umani creano replicanti, androidi indistinguibili dagli esseri umani ma privi di diritti e considerazione umana. Anche questi replicanti, come i robot di R.U.R., rappresentano una sfida al concetto di umanità, con una profonda riflessione sulla loro coscienza e moralità. La lotta dei replicanti per ottenere l’emancipazione richiama le tematiche di ribellione dei robot di Čapek, inducendo il pubblico a riflettere sulle profonde implicazioni etiche e filosofiche legate alla creazione di esseri artificiali.
Čapek nella sua pièce teatrale introduce altre tematiche interessanti riscontrabili ancora una volta in altre pellicole cinematografiche, come ad esempio la questione dei robot di riuscire a possedere un’anima. Risalta pertinente l’esempio della pellicola Her del 2013 scritto e diretto dal regista statunitense Spike Jonze.
Spike Jonze in questo film inserisce proprio un rapporto sentimentale tra un essere umano e un androide. In Her, Theodore si innamora di Samantha, un’intelligenza artificiale e questa relazione sfida la nozione tradizionale dell’amore, poiché coinvolge un essere umano e un’entità non fisica, che non è altro che una voce all’interno di un sistema operativo. Theodore dovrà affrontare la realtà dei fatti, ovvero che Samantha non ha un corpo fisico e che la loro relazione può essere vista come insolita dagli altri. Tuttavia, questo amore sfida anche il pubblico a riflettere sulla vera natura dell’amore, al di là delle convenzioni e delle apparenze fisiche.
Entrambe le opere esplorano il confine tra l’umano e l’artificiale, sfidando le definizioni tradizionali dell’amore e dei sentimenti umani. In entrambi i casi, i personaggi sono costretti a confrontarsi con la realtà che le loro relazioni coinvolgono entità artificiali, portando alla riflessione su cosa significhi davvero amare e provare empatia.
Oltre all’acclamato R.U.R., Čapek ha lasciato un’impronta indelebile attraverso una serie di romanzi e racconti, tra cui spicca La Guerra delle Salamandre. Quest’opera è un altro notevole esempio di satira sociale e distopia, in cui l’autore mette in guardia contro l’avidità umana e gli abusi derivanti dalla tecnologia.
Questi romanzi sono profondamente radicati in un contesto storico cruciale, caratterizzato dalla caduta dell’Impero austro-ungarico e dall’emergere della Cecoslovacchia che sente la necessità di essere una nazione indipendente. Per concludere, Karel Čapek con la sua penetrante scrittura moderna e rivoluzionaria ha contribuito in modo significativo a plasmare l’identità culturale di questo periodo di profonde trasformazioni.
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