L’inquinamento elettromagnetico è un’alterazione dello stato dell’ambiente causata dalla presenza di campi elettromagnetici. Tutte le apparecchiature elettriche, le linee di trasporto dell’energia elettrica, le antenne e le stazioni di telecomunicazione e della telefonia mobile generano campi elettromagnetici e rappresentano quindi potenziali fonti di inquinamento elettromagnetico. La rilevanza ambientale dei campi elettromagnetici risiede nel fatto che, essendo i fenomeni biochimici essenzialmente di natura elettrica, essi possono influenzarli provocando in certi casi dei danni agli esseri viventi. Le preoccupazioni per il rischio sanitario e ambientale sono associate ai campi che si trovano ai due estremi dello spettro di frequenza.
I campi a bassa e alta frequenza
I campi a bassissima frequenza, generati da qualunque dispositivo elettrico come motori, linee di trasmissione d’energia ed elettrodomestici sono ritenuti in grado di influenzare il metabolismo cellulare e quindi sospettati di produrre danni gravi agli organismi viventi. Per questa ragione l’International Commission on Radiological Protection ICRP ha fissato, a proposito dell’inquinamento elettromagnetico, apposite soglie di esposizione recepite anche dalla legge italiana. All’estremità opposta si trovano i campi ad altissima frequenza cui corrispondono raggi X e gamma che danno origine alla radioattività. La vastissima regione intermedia comprende anche la luce, i raggi ultravioletti e infrarossi, le onde radio e le microonde. I raggi UV sono in grado di produrre ustioni epidermiche superficiali e facilitare l’insorgere del cancro alla pelle e per questo motivo sono all’origine degli interventi di protezione della fascia di ozono stratosferico.
L’inquinamento elettromagnetico: le conseguenze
Il corpo umano è un conduttore, il che fa sì che esso risulti sensibile ai campi elettromagnetici e, di conseguenza, anche all’inquinamento elettromagnetico. Nel caso delle microonde c’è poi da considerare che le lunghezze d’onda a esse associate variano tra 1 m e 1 mm, risultando così comparabili con quelle di un essere umano. Ciò fa sì che il corpo, quando è investito da un’onda, possa fungere letteralmente da antenna ricevente: una parte dell’energia dell’onda, in sostanza, viene assorbita. Questo assorbimento di energia può produrre diversi effetti e si manifesta comunque anche sottoforma di calore: è il fenomeno che consente appunto ai forni a microonde di funzionare come tali. Il tasso di assorbimento dipende in generale dalla frequenza dell’onda e varia in relazione alle dimensioni e alla natura del ricevitore. Il problema delle piccole dosi è, nel caso delle microonde, simile a quello posto per la radioattività o per gli inquinanti chimici: non c’è una vera soglia di sicurezza, il danno è statistico, la probabilità che esso si verifichi diminuisce con la dose ma non scompare. D’altra parte, gli strumenti di indagine per l’accertamento della nocività richiedono grandi numeri, tempi molto lunghi e che qualcuno effettivamente venga colpito; inoltre, in presenza di più cause concorrenti, è molto difficile discernere il contributo dato da ciascuna.
In tutto il mondo e in Italia in particolare il rischio ambientale e sanitario dovuto all’inquinamento elettromagnetico è stato oggetto in anni recenti di forti preoccupazioni che hanno portato a complesse vicende giudiziarie e accesi dibattiti, nonché all’avvio di ricerche sperimentali più approfondite e interventi normativi e regolamentari. Questi ultimi hanno finalmente consentito di avviare il necessario risanamento e comportato la riduzione dei limiti e delle soglie di esposizione, la fissazione di fasce e distanze di rispetto da installazioni elettriche, adeguamenti tecnici delle apparecchiature di trasmissione e ricezione come antenne, stazioni radio-base e telefoni cellulari e miglioramenti riguardo la progettazione degli impianti e le installazioni di reti elettriche ed elettroniche negli edifici.
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