L’uomo inutile nella letteratura di Puškin

uomo inutile nella letteratura di Puškin

La figura dell’uomo inutile (dal termine russo “Лишний человек”, tradotto come “uomo superfluo” o “uomo inutile”) è una figura molto presente nel panorama letterario russo della prima metà del 1800. Con questo termine si tende spesso a far riferimento ad un individuo nato e cresciuto in un contesto sociale ed economico molto florido ed elevato, ma che nonostante le possibilità che la sua posizione gli fornisce lui sceglie deliberatamente di sprecarle, vivendo una vita vuota e passando il suo tempo a lamentarsi costantemente delle norme sociali che vigono attorno a lui. Altra caratteristica fondamentale della sua figura è lo sperpero economico e soprattutto il gioco d’azzardo, l’alcol, le belle donne e le feste; in particolare questo ultimo aspetto è assai strano: in passato infatti i nobili uomini si recavano alle feste e ai balli non per divertirsi, bensì per presenziare a nome della famiglia e far vedere che vi erano stati; l’uomo inutile invece si reca a queste feste con il puro intento di divertirsi e sperperare, non curandosi spesso dell’idea che gli altri hanno di lui.

I primi esempi di “uomo inutile” provengono dalle opere di Puškin e Lermontov ed emergono in personaggi come Eugenio Onegin e Grigorij Pečorin. In particolare si potrebbe dire con certezza che il pioniere di questo nuovo personaggio sia stato proprio Puškin, che ha poi aperto la strada anche ai suoi contemporanei e successori. In questo articolo andremo ad analizzare dunque la figura dell’uomo inutile nella sua letteratura.

L’uomo inutile nella letteratura di Puškin

Opera per eccellenza del panorama Puškiniano che ritrae la figura dell’uomo inutile è appunto l’ “Eugenio Onegin”, romanzo che prende il nome dal protagonista degli eventi e che è proprio il ritratto di questa controversa figura. Il ritratto che Puškin fornisce di Eugenio è molto simile alla descrizione precedente: Eugenio ama le feste e lo sperpero, vuole solo divertirsi e festeggiare, senza pensare alle conseguenze e al proprio futuro. Rifiuterà anche l’amore di Tatiana, almeno inizialmente, proprio affermando di non essere un ragazzo fatto per intrattenere una relazione seria e duratura, bensì un perdigiorno. La sua figura di uomo inutile si oppone radicalmente ad un’altra che invece era molto importante durante il periodo in cui Puškin scrive: quella del decabrista. Laddove Onegin si divertiva, andava alla feste per svago e corteggiava le donne, i decabristi invece si mantenevano solidi, pensavano solo alla buona riuscita dei loro ideali e soprattutto si recavano alle feste solo ed esclusivamente per presenziare, e oltre ciò erano anche molto fedeli alle loro mogli, cosa che era ovviamente ricambiato da queste ultime. Erano tanto fedeli che quando i decabristi furono catturati e condannati all’esilio in Siberia, seppur alle loro mogli era stato concesso di rimanere in Russia, esse decisero di abbandonare i figli e gli affetti per non lasciare soli i loro mariti; una cosa che un Eugenio Onegin qualsiasi non avrebbe mai fatto. Laddove Onegin dunque si mostra allo sbando e privo di ideali come solo un uomo inutile sa essere c’è invece la figura di Tatiana, che incarna invece il prototipo della nazione ideale secondo Puškin: fedele, leale, e pronta ad andare anche oltre il suo bene e il proprio interesse per il bene comune. Tatiana infatti nonostante il rifiuto rimase per lungo tempo innamorata di Onegin, che non sembrava però accennare ad un cambiamento; pertanto Tatiana fu costretta a sposare un ricco comandante per salvare la sua famiglia dalla miseria, e mise quindi il sentimento giovanile in un cassetto; accadde però che Onegin, rivedendo Tatiana ormai adulta e così risoluta si innamorò perdutamente, ma nonostante lei ricambiasse il sentimento lo rifiutò dicendo “io ti amo (perché negarlo?), ma sono stata data in sposa ad un altro e a lui sarò sempre fedele”. Dunque per un bene più grande va addirittura oltre i suoi sentimenti, mentre Onegin invece ha sempre pensato solo a sé stesso e lo fa fino alla fine del romanzo.

Immagine in evidenza: Wikipedia

 

 

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