La civiltà Maya, fiorita tra il 2000 a.C. e il 1500 d.C. in Mesoamerica, ha sviluppato una cosmologia complessa e affascinante, che permeava ogni aspetto della loro vita, dalla religione all’arte, dall’architettura all’organizzazione sociale. In questo articolo, esploreremo i principali elementi della cosmologia Maya, la loro visione dell’universo, degli dei e del tempo.
La visione del mondo dei Maya: un universo stratificato
Oltre allo sviluppo di scienze esatte come l’astronomia e la matematica e di arti come l’architettura i Maya diedero una loro spiegazione all’origine del mondo, alla forma dell’universo nonché alle divinità che abitavano tale universo. Il modo di interpretare l’universo e di legarsi ad esso rivestiva una grande importanza per i Maya. Infatti tale interpretazione influenzava la vita quotidiana e forniva risposte alle domande religiose e mistiche del popolo Maya. Definiva allo stesso tempo il confine tra sacro e profano tra passato presente e futuro nonché il ruolo di ogni persona. In ultima analisi possiamo dire che la cosmogonia dei Maya attribuiva alle divinità la chiave interpretativa di ogni cosa.
La creazione dell’universo: dal silenzio al mais
Secondo i miti cosmogonici Maya, l’universo ebbe origine dal silenzio e dalle tenebre primordiali. Un concetto simile è presente anche in molte altre culture, e questo ha attirato l’interesse degli studiosi.
I tre progenitori e la creazione dell’uomo
Secondo il popolo dei Maya l’intero universo ebbe origine dal potere della parola grazie ai tre progenitori primordiali, che secondo alcune fonti sono identificabili con le tre stelle della Cintura di Orione. Tali progenitori plasmarono anche il genere umano per creare il quale fecero vari tentativi utilizzando vari materiali. Tuttavia tali tentativi fallirono perché i materiali utilizzati non erano adatti allo scopo. Alla fine i tre progenitori riuscirono nel loro intento di plasmare il genere umano utilizzando un materiale che alla fine si rivelò quello ideale. Tale materiale in questione che permise ai tre progenitori di portare a termine il loro compito è il mais, elemento fondamentale nella cultura e nell’alimentazione Maya.
La struttura dell’universo: Terra, cielo e inferi
I Maya immaginavano l’universo come una struttura stratificata, divisa in tre livelli principali: il cielo, la terra e l’inframondo. La terra era concepita come una superficie piatta e quadrata, con un asse principale che seguiva il percorso del sole. Al centro della terra si ergeva una gigantesca pianta, la ceiba, il cui tronco e i cui rami sostenevano i cieli, mentre le radici penetravano nell’inframondo.
I tredici cieli e le divinità celesti
Sopra la terra si estendevano tredici cieli, ognuno governato da una divinità. Nel primo cielo si trovava la terra, nel secondo le nubi e la Luna; nel terzo livello si trovavano le stelle fisse; nel quarto livello si muoveva il Sole e nel quinto c’era Venere. Salendo ancora si trovavano le comete, i venti e le tempeste, la polvere fino ad arrivare all’ultimo cielo. In tale cielo abitava il creatore dello spazio, del tempo e degli stessi dei.
La Terra e il coccodrillo cosmico
La terra era spesso raffigurata come il dorso di un enorme coccodrillo o di un caimano, che galleggiava in un grande oceano. I movimenti di questo mostro erano ritenuti la causa dei terremoti.
I nove mondi sotterranei e i Bolontiku
Sotto la terra si estendeva l’inframondo, diviso in nove livelli, ciascuno governato da una divinità della notte, i Bolontiku. Secondo i Maya, le stelle, dopo essere sparite all’orizzonte, attraversavano il regno degli inferi sotto forma di scheletri.
I quattro dei caricatori e i punti cardinali
Agli angoli del quadrato cosmico, che rappresentava la terra, si trovavano quattro divinità, i cosiddetti “dei caricatori” (Bacab), che avevano il compito di sostenere il cielo. Ogni angolo era associato a un punto cardinale e a un colore: il nord al bianco, il sud al giallo, l’est al rosso (il più importante per i Maya) e l’ovest al nero. Al centro, un quinto punto cardinale, era associato al colore verde.
Il tempo ciclico e le profezie dei Libri di Chilam Balam
Per i Maya, il tempo era concepito come una serie di cicli, senza un inizio né una fine definiti. Questi cicli erano interrotti da cataclismi che determinavano il ritorno al caos primordiale. I Libri di Chilam Balam, testi sacri Maya, contenevano profezie e predizioni riguardanti questi momenti catastrofici, durante i quali gli dei degli inferi si sarebbero sollevati contro gli dei celesti. In tali terribili momenti il firmamento sarebbe crollato sulla terra ed inoltre invasori stranieri avrebbero conquistato le terre dei Maya. In ogni caso il regno degli dei degli inferi era destinato a finire in battaglie violente e sanguinose che avrebbero visto gli dei celesti come nuovi vincitori.
I sacrifici umani e il mantenimento dell’ordine cosmico
Per mantenere l’ordine cosmico e garantire il ritorno del sole e delle stelle, i Maya praticavano sacrifici umani. Questi erano offerti agli dei degli inferi affinché le stelle potessero continuare il loro viaggio e risorgere ogni giorno. I sacrifici umani erano frequenti, come presso gli Aztechi, e considerati fondamentali per la sopravvivenza dell’universo.
Conclusione: l’eredità della cosmologia Maya
La cosmologia Maya, con la sua visione stratificata dell’universo, i suoi dei potenti e i suoi complessi rituali, rappresenta un patrimonio culturale di inestimabile valore. Essa ci offre uno spaccato unico sulla concezione del mondo di un’antica civiltà, sulla sua profonda connessione con la natura e sul suo tentativo di comprendere i misteri del cosmo e del tempo. Ancora oggi, la cosmologia Maya affascina e ispira studiosi, artisti e appassionati di tutto il mondo.
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