La meravigliosa religione buddista ci ha consegnato un’enorme quantità di divinità, pratiche e concetti che ancora oggi hanno molto impatto sui diversi sistemi di pensiero moderni. Non si è però risparmiata nel donarci anche un’enorme quantità di inferni ai quali fare riferimento per i comportamenti non corretti dell’essere umano. Uno dei tanti inferni buddisti è quello della pozza di sangue, un inferno completamente dedicato alle donne. Contrariamente a ciò che si può pensare anche il Buddismo, come molti sistemi religiosi, ha avuto nel corso dei secoli una visione non propriamente paritaria della donna. Il sutra della pozza di sangue fa riferimento proprio alla condizione delle donne, le quali sarebbero impure e per questo responsabili di contaminare gli altri. Questo concetto, pur essendo nato in Cina, è diventato presto popolare anche in Giappone.
Perché le donne finiscono nell’inferno della pozza di sangue?
Secondo il credo buddista, le donne sono colpevoli di impurità a causa del sangue uterino. Non parliamo solo del ciclo mestruale, ma anche del sangue che le donne perdono a causa del parto e che poi macchia le loro vesti. Esse sono anche colpevoli di contaminare gli altri poiché, sciacquando le vesti nei fiumi, vanno a contaminare anche le acque utilizzate per le bevande o per cucinare. La pozza di sangue è quindi un inferno pieno di sangue uterino, nel quale le donne vengono immerse. In Giappone, invece, i culti che si sviluppano attorno a questo sutra enfatizzano il sangue mestruale, questo proprio a causa del concetto di contaminazione e impurità. I templi giapponesi, infatti, presentavano proprio un protocollo di tabù per le donne che possedevano il ciclo, il quale era considerato minaccioso per le attività rituali. Ad esempio, le donne gravide non potevano avvicinarsi ai recinti dei templi, così come dovevano mantenersi a distanza da questi spazi sacri nei giorni delle mestruazioni. Inoltre, sempre a causa del ciclo mestruale, le donne non potevano partecipare alla celebrazione dei festival e dovevano mantenersi a distanza anche dalla corte. Nel corso dei secoli tutti questi protocolli non hanno fatto altro che allontanare sempre di più le donne dagli spazi sacri e centrali della società.
Quando veniva recitato questo sutra?
Paradossalmente, il sutra della pozza di sangue è un testo che tenta proprio di salvare le donne da questo inferno. Per questo motivo, le scritture venivano spesso utilizzate durante i riti funerari femminili, per permettere alle donne di purificarsi e non rinascere nell’inferno. Durante il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, in Cina e in Giappone queste pratiche divennero d’uso comune nei funerali dedicati alle donne. Quindi, per quanto la pozza di sangue possa sembrare a tutti gli effetti una discriminazione nei confronti delle stesse, in realtà questi testi nascono proprio con il fine ultimo di salvarle. C’è quindi un impegno nel salvare le donne alle quali vengono attribuite delle vere e proprie colpe biologiche. Il sutra permetteva loro di rinascere su un piedistallo di loto, in mezzo alla pozza, e da lì poter poi eventualmente raggiungere l’illuminazione buddista. Secondo queste scritture, tutti i figli hanno un debito nei confronti delle proprie madri proprio perché, attraverso il parto, condannano se stesse a questo inferno.
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