La pratica Xizi assume, durante il XIX secolo, un ruolo significativo per la cultura cinese e l’importanze dei caratteri scritti. Approfondiamone insieme il contesto!
La Cina come la conosciamo oggi risulta una realtà totalmente diversa rispetto all’inizio del secolo scorso: nonostante attualmente risulti uno dei paesi più sviluppati a livello tecnologico, poco più di un secolo fa la Cina manteneva ancora un sistema imperiale dinastico. La causa scatenate della necessità di cambiamento e modernizzazione della Cina fu proprio il contatto con l’occidente che scardinò tutte le sue convinzioni di essere al centro dell’universo in una posizione di superiorità. Il sentimento del sinocentrismo era infatti una tipica modalità di pensiero che condividevano i cinesi per cui la Cina era considerata superiore a livello economico, politico, sociale e culturale. Effettivamente la Cina, soprattutto per quanto riguarda il contesto Orientale, aveva sempre primeggiato: oltre ad essere uno dei primi imperi per estensione, nel corso della sua lunga storia imperiale i rapporti tributari stipulati con i paesi vicini sottolineavano, attraverso l’invio di doni, l’assoggettamento ideologico al Tianzi, il figlio del cielo, ossia l’imperatore.
Quando nel corso del XIX secolo la Cina entra in contatto con l’Occidente, nonostante la sua iniziale sicurezza, si troverà a fare i conti con delle tradizioni totalmente diverse, eserciti moderni, sistemi economici moderni e l’inizio di politiche moderne colonialiste ed imperialiste di sfruttamento di risorse. Con le Guerre dell’Oppio nel XIX secolo la Cina capisce che non c’è modo per contrastare l’Occidente data la ovvia superiorità tecnologica del loro apparato militare, e iniziano ad esserci molti mal contenti per il mal funzionamento dell’apparato statale che continuava ad essere inadatto a rispondere alle sfide occidentali. La problematica non si presentava solo a livello politico e militare: con l’occupazione occidentale e la nascita di colonie, la civiltà cinese era infatti sotto assedio dall’apprendimento occidentale anche dal punto di vista culturale ed ideologico. In un tempo molto breve, le fondamenta culturali della Cina furono messe in discussione e la maggioranza dei letterati di base formati nei classici Confuciani ormai inutili si trovò di fronte alla sfida di un nuovo ordine culturale-politico, in cui non potevano vedere un ruolo per le loro conoscenze ormai inadatte, ed è in questo contesto che verrà recuperata la pratica Xizi e l’importanza dei caratteri scritti.
Nonostante la voglia di “modernizzare” la Cina, di creare una nuova cultura sulla scia di quella occidentale, infatti, in questo momento cruciale, una vecchia pratica religiosa emerse come una possibile soluzione per attenuare il processo di conversione totale alla cultura occidentale e per riaffermare la primazia della civiltà cinese. La ‘conservazione dei caratteri scritti’ (xizizhi惜字紙) coinvolge il rispetto per la parola scritta, in particolare la pratica di raccogliere qualsiasi pezzo di carta scritto e bruciarlo rispettosamente in una fornace speciale, solitamente situata nel terreno di un tempio dedicato a Wenchang Dijun, il patrono tradizionale dei letterati. In cosa consisteva questa pratica e quando nasce?
La pratica della conservazione dei caratteri scritti probabilmente ebbe inizio durante la dinastia Song e divenne più popolare durante le dinastie Ming e Qing. La pratica Xizi era originariamente confinata alla classe dei letterati. Gli studiosi riverivano la scrittura e adoravano il Signore Wen Chang, che si occupava della correzione e distribuzione delle prove degli esami imperiali, prove difficili per accedere alle carriere burocratiche, per eccellere in questi, sperando che rivelasse loro gli argomenti degli esami in sogno. Tuttavia, la connessione tra la pratica Xizi e Wenchang sembrava non essere del tutto confermata; l’autobiografia di Wenchang non menzionava affatto la pratica Xizi, ma confermava la sua responsabilità sui risultati degli esami. La pratica Xizi è quasi completamente scomparsa in tutte le comunità cinesi, tranne che in alcune comunità a Taiwan, come quella Hakka, anche se alcune persone anziane nutrono ancora una profonda reverenza per questa pratica. Nelle dinastie Ming e Qing, così come nel ventesimo secolo, la scrittura spiritica, una pratica di possessione, era uno dei modi più comuni per produrre nuove scritture e messaggi divini; infatti, molti testi xizizhi erano prodotti tramite scrittura spiritica attraverso il possesso da parte del Signore Wenchang. Se in tempi precedenti xizizhi poteva essere una pratica virtuosa, verso la fine della dinastia Qing diventa monotematica: il suo fine era quello di accumulare meriti e portare buone ricompense. Così, la pratica Xizhi veniva promossa come una pratica di auto-coltivazione che, attraverso la devozione ai caratteri scritti e la loro conservazione, portava benefici trasformativi per la vita.
I devoti alla pratica Xizi all’inizio del ventesimo secolo giravano personalmente per le strade, o addirittura assumevano persone che lo facessero per loro, per raccogliere carta letterata dispersa. Queste carte letterate venivano raccolte in cesti di bambù e poi portate a bruciare in un’apposita fornace, solitamente in un tempio di Wenchang. Le ceneri venivano poi raccolte e sepolte in terreno pulito o sparse nei fiumi o in mare. Si credeva che gli effetti a lungo termine del conservare i caratteri scritti in questo modo includessero il successo negli esami (anche per le scuole e le università moderne), la longevità, la buona fortuna, la buona salute, le benedizioni, numerosi figli e riguardava anche la prosperità dei discendenti. D’altra parte, se i caratteri scritti non fossero stati conservati e rispettati nel modo opportuno, ci sarebbero state conseguenze negative: cattiva salute, povertà, sfortune, morte precoce personale e dei membri della propria famiglia e dei figli.
Un elemento interessante legato a questa pratica è il collegamento tra la scrittura cinese e il destino della nazione cinese, che veniva percepito come minacciato dall’imperialismo euro-americano (sia culturale che militare), per questo motivo si cercò, attraverso la rivitalizzazione di questa pratica, di riportare la scrittura al fondamento della civiltà cinese, motivo per cui gli studiosi lo definiscono «fondamentalismo della scrittura». I letterati confuciani tradizionali della Cina si trovarono di fronte alle sfide più gravi sulla loro identità e ai loro modi di vivere all’inizio del ventesimo secolo. Quando il sistema degli esami civili fu abolito nel 1905, la sovranità nazionale della Cina fu contestata dalle potenze straniere: il sapere occidentale viene ritenuto più efficace per una nuova classe emergente di istruiti, e sia i rituali statali che privati furono aboliti o la loro legittimità messa in discussione. È in questo contesto di trasformazioni così rilevanti che l’elite di letterati in molte parti della Cina rinnovarono e rivisitarono la pratica del Xizi. Guardando le storie illustrate, si notano alcuni cambiamenti nel pubblico destinatario così come nell’enfasi sui benefici e sui danni relativi alla pratica Xizi, ci sono molte storie di individui poveri e persino analfabeti, così come commercianti, che sono stati ricompensati con la fortuna in seguito alla loro dedizione alla pratica. Inizia quindi ad esserci una certa democratizzazione della pratica poiché si pensava che tutti i membri della società fossero in grado di trarne beneficio.
L’importanza che viene data alla pratica Xizhi è riflessa nella condizione storica, socio-politica che la Cina stava vivendo agli inizi del XX secolo: in un momento di altalenante instabilità, la scrittura cinese doveva essere un collante per la cultura cinese di fronte alle sfide che il nuovo secolo gli avrebbe presentato.
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