La storia dei blue jeans è una storia molto lunga che vale la pena raccontare, essendo un capo di abbigliamento che non passa mai di moda. La parola deriva dal francese bleu de Genes, cioè blu di Genova, e stava ad indicare i pantaloni blu a 5 tasche con un bottone di metallo al centro il cui tessuto derivava direttamente dalla città di Genova.
Levi Strauss e l’invenzione dei blue jeans: la svolta storica nella moda
Questi pantaloni furono inventati da un imprenditore statunitense di nome Levi Strauss il quale, nel 1873, aprì a San Francisco un negozio nel quale vendeva oggetti utili per i lavoratori come grembiuli e, una volta, utilizzò una stoffa di nome denim di colore blu (denim derivava da De-Nimes, cioè Nimes, la città francese dove fu utilizzato per la prima volta). Uno dei suoi clienti, Jacob Davis, anch’egli sarto, si unì a lui e in quello stesso anno crearono insieme il primo blue jeans. Secondo la storia dei blue jeans, attualmente esistono diverse marche e modelli di questi pantaloni: tra le marche più famose ricordiamo la Levi’s, la Wrangler e Lee. La parola jean probabilmente deriva dal termine jeane o jannes, utilizzato per nominare la città di Genova, poi nel corso del ventesimo secolo viene concretizzata la parola jeans.
In passato si usava dare ai tessuti il nome del luogo di produzione, e su molti carichi di stoffa che arrivavano fino a Londra c’era proprio il nome jeane, cioè provenienti da Genova e questa tela era molto apprezzata sia per il suo costo che per la sua robustezza, infatti veniva usata dalla marina genovese per vestire i marinai e per equipaggiare le barche a vela. La storia dei blue jeans racconta che Enrico VIII acquisì molte stoffe che furono chiamate proprio jeane, e da qui si sviluppò anche il nominativo merchant of jane.
Inizialmente il colore blu dei blue jeans si otteneva da una pianta chiamata isatis tinctoria, ovvero il guado oppure dall’indigofera tinctoria, cioè l’indaco, e successivamente iniziarono ad essere utilizzati i coloranti chimici. Nel corso del tempo ci sono state diverse versioni di jeans: da quelli classici di colore blu scuro e semplici a quelli più particolari con qualche strappo o decorazione. Per quanto riguarda l’impatto sull’ambiente, fabbricare un jeans richiede un utilizzo enorme di acqua (circa 9.000 litri) e 15 vasche di tintura dove c’è il colore. Purtroppo, a causa dell’utilizzo della carta vetrata è successo che spesso molti operai si siano ammalati di silicosi, per questo alcune aziende hanno vietato la pratica della sabbiatura.
Durante la storia dei blue jeans, negli anni 30 del 900, divennero una vera e propria moda e furono indossati da personaggi famosi come John Wayne e Ginger Rogers, però rimasero fino alla seconda guerra mondiale un capo legato soprattutto al lavoro. La svolta arrivò negli anni 50, quando questi pantaloni conquistarono il patrimonio internazionale diventando un oggetto ambito per intere generazioni. Negli anni 70, Calvin Klein li portò in passerella ed Elio Fiorucci produsse i primi jeans attillati, che divennero poi un capo ricercatissimo soprattutto dalle donne, tanto che Giorgio Armani li incluse nelle sue collezioni. Durante la Spedizione dei Mille, Garibaldi e i suoi volontari pare indossassero proprio i blue jeans, e presso il Museo centrale del Risorgimento di Roma sono conservati proprio questi pantaloni. Nel 2004 è stato realizzato un pantalone lungo 18 metri realizzato con 600 paia di jeans, chiamato il blu di Genova e issato su una gru nella medesima città.
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