Le lingue artistiche sono sistemi linguistici artificiali destinati all’utilizzo in opere cinematografiche, musicali e letterarie, o semplicemente create per scherzo. Ovviamente, sono inventate di sana pianta da autori che hanno cercato di riprodurre, sia nel suono che nella grammatica, le lingue naturali, create ed evolute spontaneamente. In linguistica, la creazione di idiomi artificiali viene definita glossopoiesi, mentre i creatori sono chiamati glottoteti: tra questi, ricordiamo alcune figure celebri come J.R.R. Tolkien, Anthony Brugess o George Orwell.
Le lingue artistiche possono essere suddivise in gruppi, a seconda del contesto in cui esse sono utilizzate.
Ne ricordiamo 3 principali: le lingue artistiche professionali, che cercano di emulare le lingue naturali: nelle opere, devono rappresentare un linguaggio che sia utilizzato da una specifica civiltà e che sia profondamente radicato, oltre che più simile possibile a quelle realmente esistenti (da un punto di vista grammaticale e fonetico); le lingue ucroniche, create per rappresentare un idioma utilizzato in un determinato contesto che sia, però, differente rispetto a quello realmente esistente (in genere sono utilizzate in opere che rappresentano una storia alternativa rispetto al reale andamento degli eventi); le lingue burlesche, tipi di lingue creati con un intento non serio o professionale, ma burlesco o parodistico.
Le lingue artistiche professionali
Questo tipo di idiomi, come detto, vengono utilizzati in determinati contesti (principalmente mondi immaginari) in cui si deve dare l’apparenza che vengano utilizzati da un lungo periodo di tempo, e che siano vicine alle lingue realmente utilizzate nel mondo. Essi sono usati dai personaggi di una determinata opera, in modo da farli comunicare tra loro; soprattutto nei film, i linguaggi sono accompagnati da sottotitoli.
In questo senso, l’opera più grande è quella composta da Tolkien per l’universo linguistico del Signore degli anelli e Lo Hobbit. L’autore inglese fu uno dei linguisti britannici di maggior rilievo poiché si concentrò molto sulla creazione di linguaggi artificiali parlati in quel territorio che egli definì Terra di mezzo, in cui sono ambientate entrambe le opere.
La prima delle lingue artistiche pienamente inventate da Tolkien fu il Naffarin, una variante di un altro idioma che egli utilizzava in tenera età con gli amici, chiamata Nevbosh. La seconda era principalmente un mix di parole provenienti dal francese, dall’inglese, e dal gaelico, ideata per creare un linguaggio che fosse comprensibile solo ai suoi coetanei.
Tra i linguaggi della Terra di mezzo figura il Telerin comune, quello primario parlato dagli elfi, oppure il Quenya, un’altra variante di idioma elfico. Il più comunemente parlato, in questo universo immaginario, era il Sindarin, considerato il linguaggio più nobile ed elevato degli elfi. Tra quelli utilizzati dagli esseri umani figura l’Adunaico, una variante di un tipo di lingua chiamato Linguaggio nero.
La lingua creata per Star Trek è forse la più famosa di questa categoria. Essa è definita lingua Klingon ed è così conosciuta che l’applicazione Duolinguo ne ha inserito un corso per l’apprendimento. Questa lingua artistica fu utilizzata per la prima volta nel 1979, alla pubblicazione di Star Trek: The motion picture, anche se un linguaggio proprio dei Klingon era già stato concepito nella prima edizione in assoluto dell’opera.
Un’altra tra le lingue artistiche è la neolingua, creata da George Orwell per 1984. Il termine dall’originale inglese è Newspeak, un nuovo modo di parlare che, all’interno del romanzo, sostituisce il vecchio, considerato obsoleto: in realtà, è una mossa studiata dai sostenitori della dottrina Socing per controllare e manipolare la popolazione. Infatti, sostituendo quello precedente chiamato Archelingua, il Newspeak fu utilizzato per rimpiazzare completamente la vecchia visione del mondo, a favore di un nuovo ordine mondiale: una volta che la precedente lingua fosse stata sradicata, la nuova non avrebbe accettato pensieri contrari a quelli della dottrina Socing.
Possiamo fare alcuni esempi che derivano dal sistema linguistico inventato da Orwell: il teleschermo, una sorta di televisione che permetteva di guardare programmi e osservare le persone tramite una microcamera, permettendo il controllo, da parte del partito, di ogni individuo; il termine psicocrimine, invece, indica il reato di avere un’idea discordante rispetto a quest’ultimo; la psicopolizia ha il compito di localizzare ed eliminare gli oppositori politici; mentre il bispensiero è il concetto fondamentale che implica il controllo delle masse.
Un ultimo esempio di lingua artistica professionale è il famoso Na’vi, proveniente dal film del 2009, Avatar. L’idioma prende il nome dai suoi parlanti, i Na’vi, e fu creata da un professore universitario statunitense chiamato Frommer. Egli ha lavorato con James Cameron, il regista del film, sulla scelta della lingua e su come essa avrebbe dovuto essere concepita: fu quindi stabilita la morfologia, la sintassi e un vocabolario iniziale, in maniera tale da creare questo nuovo linguaggio alieno che avesse un «sapore Polinesiano». Frommer ha ideato circa un migliaio di parole, ancora oggi reperibili online sul sito ufficiale.
Le lingue artistiche alternative, o ucroniche
Quando parliamo di questo tipo di lingue facciamo riferimento al loro utilizzo in un realtà o una storia alternativa. Esse cercano di ricreare il linguaggio usato in un’ipotetica storia differente da quella reale: il più famoso esempio è quello rappresentato dal Brithenig, un linguaggio creato come hobby, nel 1996, dal neozelandese Andrew Smith. L’idioma non fu ideato per essere utilizzato nelle interazioni con altre persone, come accadde per l’esperanto: l’autore voleva semplicemente creare una lingua che si avvicinasse a quelle romanze.
Il Brithenig è una variante linguistica britannica che si presenta come un idioma alternativo all’inglese parlato oggi. La domanda che si pose Smith è la seguente: come si sarebbero evolute le lingue romanze, nel territorio inglese, se gli anglosassoni avessero mantenuto il latino come lingua madre? Il risultato, infatti, fu la nascita di una lingua molto simile a quelle neolatine, tra tutte il francese, l’italiano e il gaelico.
Sulla base di diversi studi realizzati, figura anche la domanda opposta a quella precedente: come sarebbe la lingua inglese senza l’influenza romanza? Nacque, quindi, l’Anglish, un movimento linguistico purista che cercava di ricreare la lingua inglese degli albori, senza le diverse modifiche dovute alle influenze esterne. Nelle forme più estreme, i linguisti hanno coniato parole provenienti dalle fasi più remote della lingua inglese, in maniera da renderla pura e priva di parole straniere.
Le lingue artistiche burlesche
Tra le lingue artistiche ritroviamo anche quelle create per divertimento. L’esempio più famoso è rappresentato dall’Europanto, una lingua artificiale creata dall’italiano Diego Marani, nel 1996, per contrastare la supremazia della lingua inglese in Europa.
Il nome deriva dalla parola Europa, e sta ad indicare la creazione di una variante linguistica che contenga parole provenienti dalle diverse lingue europee. Questa presenta, quindi, un tipo linguaggio che viene definito maccheronico: essa mescola diversi termini o espressioni di altre lingue, in quello che in linguistica viene chiamato prestito.
Oltre all’Europanto abbiamo il Traspiranto, una delle lingue artificiali che rappresenta una caricatura o una parodia del più famoso ed utilizzato Esperanto. Il termine deriva dal verbo svedese traspirera, che significa sudare, ed indica, parodicamente, il fatto che utilizzando questa lingua complessa si faccia uno sforzo che equivale ad una sudata. Quest’ultima variante linguistica si presenta come una mescolanza di inglese, italiano, francese, svedese ed esperanto, per un totale di 1000 parole ricollegabili ad un centinaio di testi.
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