Le teste di Modì: la più grande beffa della storia dell’arte

Le teste di Modì: la più grande beffa della storia dell'arte

Nell’estate del 1984, nel Fosso Reale di Livorno, vengono rinvenute delle sculture a forma di testa (rinominate in seguito Teste di Modì). I critici dell’arte non hanno dubbi: le opere appartengono ad Amedeo Modigliani, pittore nato a Livorno cent’anni prima, nel 1884. Tale ritrovamento provocò scalpore e meraviglia nel mondo dell’arte e Livorno diventò in breve tempo la meta più ambita da turisti e dagli amanti dell’artista livornese. Quello che si scoprirà di lì a poco, verrà definita come la più grande beffa d’arte del XX secolo.

Teste di Modì: il ritrovamento

Correva il centenario dalla nascita dell’artista Amedeo Modigliani e Vera e Dario Durbè, due artisti del posto, decisero di dar credito alla leggenda secondo la quale il pittore livornese, prima di partire per Parigi, avesse gettato alcune delle sue sculture nel Fosso Reale di Livorno, mettendo in atto un’operazione di dragaggio del fiume. Le teste, realizzate nello stile tipico di Modigliani, furono effettivamente rinvenute nel luglio del 1984 e tutti i più importanti critici d’arte, compreso Cesare Brandi, attribuirono le opere all’artista di Livorno. Solo uno di loro, Federico Zeri, asserì che si trattasse di falsi. 

Teste di Modì: uno “scherzo” degli studenti

Un mese dopo il ritrovamento, il settimanale “Panorama” pubblicò sulla sua testata giornalistica uno scoop: “Le teste di Modì” sono dei falsi. A farsi avanti erano stati tre studenti livornesi, Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pier Francesco Ferrucci,  che, in cambio di dieci milioni di lire, avevano ammesso di aver realizzato loro stessi le sculture in stile Modigliani. Per appoggiare la loro tesi, avevano fornito una loro foto mentre scolpivano le sculture, dimostrando la veridicità della confessione. La velocità con cui gli studenti avevano realizzato le teste, però, fece dubitare molti riguardo alla loro ammissione. È per questo che, in uno speciale del TG1, dimostrarono in diretta il procedimento che avevano seguito per rendere le sculture così credibili. Ammisero anche di aver realizzato solo una delle tre sculture. Le altre due teste, infatti, erano state create da Angelo Froglia che, però, tenne a sottolineare che il suo non fosse un semplice scherzo, ma un modo per mettere alla prova i critici dell’arte e i mass media. 

Teste di Modì: l’opinione di Sgarbi

Dopo il ritrovamento e la seguente confessione degli studenti, anche Vittorio Sgarbi, in qualità di critico d’arte, venne chiamato in causa per dare la sua opinione riguardo Le Teste di Modì. Egli fin da subito si dimostrò scettico sia sulla veridicità delle sculture che sulla possibile “beffa“, asserendo:

“Giudicai, come scrissi, ‘troppo sublime e ateistica’ l’idea di una burla boccaccesca, pensai che tutto sommato le teste dovessero essere buone, ma che certamente non erano belle, e che in fine sarebbe stato assai opportuno ributtarle nel fosso. Modigliani d’altra parte è sempre stato un terreno insidioso, più di ogni altro tormentato dai falsi. Ma, in questo caso, più che del falso, l’idea della burla mi sembrava davvero troppo”.

La storia delle Teste di Modì raccontata in un film

In seguito allo scalpore della beffa, quarant’anni dopo il ritrovamento, Paolo Virzì, regista di successo, ha deciso di realizzare un film sulla vicenda delle Teste di Modì. Infatti, gli studenti livornesi implicati nel caso, vogliono raccontare in maniera accurata cosa li ha spinti a mettere in piedi la più grande “truffa” del secolo scorso. Virzì ha dichiarato:

“Il taglio che vogliamo dare è del tipo “Amici Miei” di Monicelli, giocoso, ma sempre veritiero, a tratti profondo, lasciando la possibilità di immedesimarsi in personaggi autentici. È la storia di tre ragazzi che si trovano catapultati nel mondo degli adulti proprio nell’attimo in cui avrebbero voluto rimanere ancora adolescenti. Lo scherzo voleva forse proprio rimandare il più in là possibile il passaggio all’età matura”

Non ci resta altro che metterci seduti e goderci sul grande schermo la storia della beffa più grande della storia dell’arte. 

Fonte immagine: Pixabay

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