Il Lago d’Averno è un lago vulcanico di circa 4000 anni, formatosi a Napoli, più precisamente nel comune di Pozzuoli, tra la frazione di Lucrino e il sito archeologico di Cuma. Sono varie le leggende che girano sul Lago d’Averno, cinque delle quali estremamente interessanti. Si dividono tra la magia e la morte, mitologia greca e celtica.
Magia e morte si uniscono nelle 5 leggende sul Lago d’Averno
- La porta dell’oltretomba
Tra le leggende sul Lago d’Averno più quotate c’è quella secondo cui esso sia la bocca dell’inferno. Secondo la religione greca e romana, infatti, il lago sarebbe uno degli ingressi degli Inferi, tant’è che uno dei nomi con cui sono stati chiamati sia il dio dell’oltretomba che il suo regno è proprio Averno. Una delle ragioni che hanno avvalorato questa tesi è da identificare in un fenomeno fisico. Averno, infatti, deriva dal greco ἄορνος, aornòs, senza uccelli questo perché in passato, sul lago e nelle sue vicinanze, non nidificavano uccelli e quelli che invece vi si recavano morivano quasi nell’immediato; oggi, tuttavia, sappiamo che questo era dovuto a un fenomeno scientifico, infatti, essendo il lago sito in uno dei crateri dei Campi Flegrei, esso emanava esalazioni solforose che portavano inevitabilmente alla morte dei volatili.
Tra i miti che rafforzano questa leggenda sul Lago d’Averno c’è quello di Orfeo ed Euridice, una storia d’amore culminata in una morte straziante e commovente; ed è proprio nella morte che la leggenda del lago come porta degli Inferi trova il suo contesto: infatti, diversi autori classici collocano la discesa nell’Ade di Orfeo proprio sull’Averno, sede oracolare legata al culto dei morti. Ma anche nell’Eneide di Virgilio Enea inizia la sua scesa proprio dal lago tant’è che il poeta latino in un passo saliente dell’opera recita:
«[…] Vi fu una profonda spelonca ed enorme per il vasto abisso,
rocciosa, protetta da nero alghe ed ombre di boschi,
sopra la quale nessun volatile poteva impunemente
volgere il volo con l’ali: tale alito, esalando
da nere bocche, si portava alla volta celeste […]».
- La battaglia dei Titani
Secondo una delle leggende sul Lago d’Averno, queste acque sarebbero state il teatro di uno degli scontri più epici della storia classica: quello tra Zeus e i Titani. Quando Zeus li sconfisse, infatti, i Titani precipitarono nel Tartaro, creando così uno degli ingressi dell’Ade.
- I Cimmeri
Tra le leggende sul Lago d’Averno legate alla storia piuttosto che alla mitologia, è quella dei Cimmeri. Infatti, secondo il geografo greco Strabone i Cimmeri vissero presso l’Averno, in grotte sotterranee collegate tra loro per mezzo di gallerie; lì accoglievano gli stranieri che si recavano al lago per consultare l’oracolo dei morti: essi erano quindi considerati i custodi dell’oltretomba e i detentori di antichissime e arcane conoscenze divine.
- L’Oracolo
Di tutte le leggende sul Lago d’Averno, quella che lo ritiene una sede oracolare è tra le più accreditate anche presso i più scettici. L’oracolo si evocava tramite preghiere e sacrifici di sangue destinati a Persefone. Pare che anche Annibale, nel 214 a. C. avesse visitato l’oracolo. Legato all’oracolo è l’antro della Sibilla cumana, uno dei luoghi più arcani e misteriosi della Campania, la cui sacralità è stata resa immortale dai versi di Omero e Virgilio. Al centro della galleria, che scende a strapiombo sull’Averno, si trova una sala con dei sedili quasi completamente insabbiati, dove la tradizione vuole che sedevano coloro che si recavano dalla sacerdotessa di Apollo per ottenere risposte sul futuro. Il taglio a forma trapezoidale del tufo fa pensare che la data della costruzione si aggira attorno al VI secolo a. C. anche se ci sono evidenti rimaneggiamenti di età augustea e quelli risalenti alla dominazione bizantina. La struttura, dopo essere stata abbandonata a seguito dello spopolamento di Cuma nel XIII secolo, venne ritrovata ed esplorata solo nel 1932 dall’archeologo Amedeo Maiuri.
Oltre all’antro della Sibilla, c’è anche il Tempio di Apollo che in realtà era l’aula termale di un imponente complesso del II secolo d. C. La costruzione, articolata su due piani, presenta otto nicchie al piano inferiore, oggi quasi del tutto interrato; invece, sul lato superiore sono presenti quattro finestre ad arco. Venne identificato come un tempio per le sue notevoli dimensioni piuttosto che per una qualche sacralità nascosta.
- La leggenda di Morgana
Questa leggenda sul Lago d’Averno è nata una sera di marzo del 1833 per mezzo del Marchese Giuseppe Raffo. Egli raccontò che, durante una battuta di caccia nei boschi che circondano il lago, quando si avvicinò all’acqua questa si trasformò in una distesa di prati verdi; ricordando il mito siciliano, pensò immediatamente che si trattasse di un incantesimo di Morgana e subito si allontanò. Data la sua credibilità, le parole del Marchese suscitarono un grande clamore tanto che l’Accademia Reale delle Scienze ne fece oggetto di studio senza, tuttavia, trarne delle conclusioni. Ciononostante, si è diffusa la leggenda che il lago fosse la dimora di Morgana, figura mitologica legata al ciclo arturiano, alcuni la credono una maga altri una fata, in ogni caso è una creatura legata alle arti magiche.
Oggi, finalmente, il mistero dell’acqua che diventa prato è stato svelato: si tratta di un’illusione ottica che si verifica quando l’aria calda incontra l’aria fredda e la differenza degli indici di rifrazione termica dei due strati risulta tale da generare un condotto atmosferico che funge da lente di rifrazione; quest’ultima distorce e deforma gli oggetti in maniera talmente drastica da rendere possibile la visione di un prato verde dove, in realtà, c’è solo uno splendido lago.
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