Leggi razziali in Italia e Germania: storia, confronto e conseguenze

Leggi razziali, quali erano quelle italiane

Leggi razziali in Italia e Germania: storia, confronto e conseguenze

Le leggi razziali rappresentano una delle pagine più buie e drammatiche del XX secolo. In Italia e in Germania, tra gli anni ’30 e ’40, una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi, basati su un’ideologia razzista e antisemita, privò intere popolazioni dei loro diritti fondamentali. In Italia, 180 furono i decreti che privarono gli ebrei di ogni libertà. Questo articolo si propone di analizzare le origini, lo sviluppo e le conseguenze delle leggi razziali, con un focus particolare sul contesto italiano e un confronto con la situazione tedesca, per comprendere appieno la portata di questi eventi e il loro impatto sulla storia europea. Furono varate per la prima volta nella Germania nazista queste norme, principalmente rivolte agli ebrei, agli omosessuali, ai disabili, ai Rom, agli afro-tedeschi ed ai Testimoni di Geova. Questo fu il seme da cui ebbe origine il genocidio messo in atto dalla Germania nei confronti delle minoranze “non gradite” dai nazisti per ragioni politiche o razziali, noto con il nome di Shoah.

Che cosa sono le leggi razziali: definizione e contesto storico

Le leggi razziali sono un insieme di norme discriminatorie emanate con l’obiettivo di emarginare e perseguitare determinati gruppi etnici o religiosi, considerati “inferiori” o “pericolosi” per la purezza e la sicurezza dello Stato. Queste leggi si basano sul concetto pseudoscientifico di “razza” e sulla presunta superiorità di una razza, in questo caso quella “ariana“, sulle altre. Il presupposto su cui si fondavano le leggi razziali era la teoria, rivelatasi priva di qualunque valore scientifico, dell’esistenza della razza italiana e della sua appartenenza alla categoria, tanto inesistente quanto assurda, delle cosiddette razze ariane. Le leggi razziali ledono i diritti civili e politici, come il diritto di voto, di proprietà, di lavoro, di istruzione e di libera circolazione.

Le leggi razziali nella Germania nazista: origini e ideologia

Nella Germania nazista, le leggi razziali, in particolare le Leggi di Norimberga del 1935, costituirono il fondamento giuridico della persecuzione degli ebrei. Queste leggi privarono gli ebrei della cittadinanza tedesca, vietarono i matrimoni misti e introdussero una serie di misure discriminatorie in tutti gli ambiti della vita sociale ed economica, come la “notte dei cristalli”. Il culmine di questa politica di sterminio fu la “Soluzione finale“, il piano di genocidio sistematico degli ebrei europei. Sulla scia delle cosiddette “leggi razziali antisemite” tedesche, qualche anno più tardi furono applicate in Italia le leggi razziali fasciste: Benito Mussolini ne annunciò per la prima volta il contenuto il 18 settembre 1938 a Trieste, davanti al Municipio in Piazza Unità d’Italia.

Le leggi razziali in Italia: l’introduzione del fascismo

In Italia, le leggi razziali fasciste furono promulgate a partire dal 1938, con una serie di regi decreti firmati da Vittorio Emanuele III. Il Regio decreto legge n. 880, entrato in vigore nel 1937, che vietava il madamismo (l’acquisto di una concubina) e il matrimonio fra italiani e “sudditi delle colonie africane”, fece da apripista ad altre leggi di stampo razzista promulgate dal parlamento italiano. Sebbene formalmente distinte dalle leggi tedesche, esse si ispiravano ai principi del razzismo scientifico e dell’antisemitismo, già diffusi in Europa e propagandati dal regime fascista.

Il Manifesto della Razza: la base ideologica delle leggi razziali italiane

Il “Manifesto della Razza“, pubblicato nel 1938, fornì la base ideologica alle leggi razziali italiane. Il testo, redatto da un gruppo di studiosi fascisti, sosteneva l’esistenza di una “razza italiana” di origine ariana e la sua presunta superiorità rispetto alle altre razze. Il documento affermava inoltre la necessità di preservare la purezza della razza italiana, vietando i matrimoni misti ed escludendo gli ebrei dalla vita pubblica. Si sosteneva l’esistenza delle razze umane e di grandi e piccole razze e si definiva il concetto di razza come concetto puramente biologico.

I principali decreti e le loro conseguenze per gli ebrei italiani

Tra i provvedimenti più significativi vi fu il Regio Decreto Legge n. 1340 del 5 settembre 1938, che espulse gli studenti e gli insegnanti ebrei dalle scuole e dalle università italiane. Il Regio Decreto del 17 novembre 1938, noto anche come “Decreto-legge per la difesa della razza italiana” vietava i matrimoni tra ebrei e non ebrei e imponeva una serie di restrizioni sul lavoro e sulla proprietà, oltre a discriminare gli ebrei in diversi ambiti della vita pubblica e privata. Queste leggi discriminatorie ebbero conseguenze drammatiche per la comunità ebraica italiana: migliaia di persone persero il lavoro, la casa e i propri diritti, venendo di fatto emarginate dalla società. Furono espulsi più di trecento intellettuali di spicco, come Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Franco Modigliani, Arnaldo Momigliano.

Leggi razziali italiane: l’impatto sul sistema scolastico

L’esclusione degli ebrei dal sistema scolastico fu uno degli aspetti più nefasti delle leggi razziali italiane. L’obiettivo era quello di impedire alle nuove generazioni di ebrei di accedere a un’istruzione adeguata e di formare una classe dirigente “pura” dal punto di vista razziale, limitando l’accesso degli ebrei ai posti di lavoro e alle professioni. Il regime fascista voleva imporre la sua visione razzista dell’identità italiana, escludendo gli ebrei da questo processo. Inoltre, l’educazione rappresentava un mezzo per creare una generazione di italiani che non avrebbero mai conosciuto e accettato gli ebrei come loro pari.

L’abrogazione delle leggi razziali in Italia e la liberazione

Le leggi razziali in Italia furono abrogate solo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, grazie anche alle pressioni degli Alleati. Il governo Badoglio, tra il 1944 e il 1947, emanò una serie di provvedimenti per cancellare la legislazione razzista e antisemita e reintegrare gli ebrei nei loro diritti, come ad esempio la deliberazione del 20 gennaio 1944, intitolata “Disposizioni per la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati di razza ebraica o considerati di razza ebraica”. Si trattò di un processo lungo e complesso, che richiese anni per essere completato. Fino alla loro abolizione, gli ebrei non erano più stati considerati cittadini come tutti gli altri: perdettero i diritti civili e politici, come possedere una radio, andare in spiaggia, partecipare a gare sportive, poter studiare, svolgere liberamente la propria professione o non essere ingiustamente privati della patria potestà sui propri figli.

Elenco dei principali provvedimenti e decreti delle leggi razziali fasciste

Ecco un elenco dei principali provvedimenti che hanno caratterizzato le leggi razziali fasciste in Italia:

  • Legge del 7 settembre 1938, n. 1728, “norme per la difesa della razza
  • Decreto-legge del 17 novembre 1938, n. 1728-bis, “misure contro gli ebrei
  • Legge del 14 luglio 1939, n. 1140, “norme per la difesa della razza
  • Decreto-legge del 27 luglio 1939, n. 1297, “misure contro gli ebrei
  • Decreto-legge del 18 ottobre 1938, n. 1399, “misure per la difesa della razza
  • Decreto-legge del 18 novembre 1938, n. 1401, “misure contro gli ebrei

Confronto tra le leggi razziali in Italia e Germania

Sia in Italia che in Germania, le leggi razziali miravano all’esclusione e alla persecuzione degli ebrei e di altre minoranze. Mentre in Germania le leggi di Norimberga privarono gli ebrei della cittadinanza e posero le basi per la deportazione e lo sterminio, in Italia le leggi razziali fasciste, pur introducendo gravi forme di discriminazione, non portarono inizialmente a un genocidio sistematico. Le leggi razziali in Italia, infatti, non erano dirette allo sterminio fisico e all’eliminazione degli ebrei, ma solo alla loro emarginazione sociale ed economica. Tuttavia, dopo l’occupazione tedesca del 1943, anche in Italia iniziò la deportazione degli ebrei verso i campi di sterminio nazisti.

Le principali leggi razziali nella Germania nazista

Ecco alcune delle principali leggi antiebraiche emanate nella Germania nazista:

  • La Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco del 15 settembre 1935, vietava i matrimoni e le relazioni sessuali tra ebrei e non ebrei.
  • La Legge per la riordinamento della professione legale del 7 aprile 1933, escludeva gli ebrei dalle professioni legali.
  • La Legge per la revoca della cittadinanza ebraica del 14 settembre 1935, privava gli ebrei della cittadinanza tedesca.
  • La Legge per la protezione della razza tedesca del 16 settembre 1935, vietava l’ingresso degli ebrei in impieghi pubblici e nell’educazione.
  • La Legge per la registrazione delle proprietà ebraiche del 3 agosto 1938, obbligava gli ebrei a registrare le loro proprietà immobiliari.

Queste leggi, insieme ad altre misure discriminatorie, portarono alla deportazione e all’eliminazione di milioni di ebrei, Rom, omosessuali, disabili e oppositori politici nei campi di concentramento e nei campi di sterminio nazisti.

Ogni anno, il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, è fondamentale ricordare le vittime dell’Olocausto e riflettere sulle conseguenze drammatiche del razzismo.

Fonte immagine: Wikipedia 

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