Le origini della letteratura cristiana antica, con un focus su tre dei suoi autori fondamentali: Tertulliano, Minucio Felice e Cipriano.
Dopo decenni di tolleranza religiosa inconsapevole da parte dei romani, i quali non facevano differenze tra i tanti culti provenienti dall’Oriente, nel corso del II sec. la persecuzione contro il Cristianesimo crebbe a dismisura. Spesso l’ostilità veniva da gente comune che cercava nelle ‘’minoranze’’ il capro espiatorio a cui attribuire la colpa per i mali del mondo. Col passare del tempo, la situazione non fece che peggiorare, ma i Cristiani restavano fermi e convinti, in un’ostinazione inflessibile (Plinio il Giovane, Epist. 10,96,3).
Il Cristianesimo e la nascente letteratura cristiana antica
Per più di un secolo, la lingua veicolare del Cristianesimo e delle sue Sacre Scritture fu il greco. Poi, dalla seconda metà del II sec., saranno realizzate le Veteres Latinae cioè le prime traduzioni della Bibbia in latino, grazie alle quali la religione cristiana conoscerà uno sviluppo culturale molto importante. Dal punto di vista linguistico, la letteratura cristiana antica ha tante particolarità:
- É piena di “cristianismi”, ovvero parole inventate dal nulla o adattate (prestiti o calchi) usate solo da questo specifico gruppo, per esempio apostolus, diaconus, presbyter, baptizare, catechizare;
- Attenzione ai suoni e al ritmo;
- Simbolismo, che sarà proprio degli scritti dei Padri della Chiesa;
- Forza espressiva.
La letteratura cristiana antica dei martiri
L’ultimo punto, la potenza dell’espressività, è strettamente legato alle persecuzioni: i Cristiani sono quasi stati obbligati a sviluppare una letteratura contenente tanta forza morale, con cui hanno affrontato le oppressioni. A tal proposito, è importante ricordare la letteratura cristiana antica dedicata ai martiri, per encomiare le loro azioni e il loro coraggio di testimoniare la fede in Gesù Cristo a costo della vita. Gli Atti, cioè i processi delle esecuzioni capitali, e le Passioni dei martiri, vale a dire i racconti della loro vita, hanno avuto vasta circolazione per un’importante ragione: si tratta di testi con una retorica semplice e diretta, ispirata dalla forma della parabola di Gesù, veicolati da una lingua facile e ricchi di simbolismi. Del resto, lo scopo della letteratura cristiana antica è il proselitismo, il riuscire ad attirare nuovi seguaci e formarli nel Cristianesimo. Uno dei primi scritti del genere della letteratura cristiana antica in latino è La Passione di Perpetua e Felicita, cioè “quaderni dal carcere” di una matrona e un catechista cristiani che erano stati arrestati e condannati a morte; il testo è narrativo, le metafore sono bibliche ma tutto è permeato da semplicità e umanità.
Minucio Felice
Minucio Felice, avvocato di origine africana, fu il primo autore della letteratura cristiana antica a stendere un’apologia del Cristianesimo, l’Octavius, per difendere la nuova religione dalle accuse e dalle persecuzioni delle autorità politiche.
Durante una passeggiata, Cecilio e Ottavio discutono delle loro visioni religiose. Il primo è l’incarnazione della politica del tempo e delle masse, vede infatti i Cristiani come un pericolo per la società; a sua volta, Ottavio deride il paganesimo ed esalta i valori della nuova religione come la fratellanza e il rispetto e l’amore verso il prossimo. C’è sempre equilibrio tra le parti, infatti in questo caso lo scopo del proselitismo è messo da parte (tant’è che non sono menzionate né le Sacre Scritture, né la figura del Cristo) per raggiungere un altro obiettivo, importante per i Cristiani del tempo, cioè l’essere presi in considerazione senza essere distratti dalla nube del pregiudizio.
Tertulliano
Tertulliano fu un altro avvocato accorso a difendere la causa del Cristianesimo.
Nei suoi due libri Ad nationes e soprattutto nel suo opuscolo Apologeticum, traspare il suo animo combattivo, si rivolge in maniera diretta ad esponenti importanti della vita pubblica e mostra l’eccellenza e la superiorità morale della nuova religione. Dall’altro lato, invece, ribatte le tesi accusatorie dei pagani, che avevano come scopo l’abiura della fede cristiana, adducendo prove e riuscendo a dimostrarne l’erroneità ma soprattutto dimostra quanto la loro religione sia corrotta e debole. Tertulliano, però, sente l’esigenza di una riforma teologica, così compone libri e trattati in cui si pone contro il Dio terribile del Vecchio Testamento e afferma che, in realtà, il sacrificio salvifico di Cristo non esiste perché il suo corpo è solo apparente. Si pone anche in una posizione misogina e sessuofobica, quindi contro le donne che, secondo lui, non dovevano possedere gioielli e vestiti di lusso né truccarsi, mentre le vergini avrebbero dovuto portare il velo.
Cipriano
Tra la seconda metà del II sec. e la prima metà del III sec., le persecuzioni religiose si fecero sempre più oppressive ma contemporaneamente la Chiesa si rafforzò. È in questi anni che visse, a Cartagine un altro importante esponente della letteratura cristiana antica, Cecilio Cipriano, il cui prestigio e la cui autorità non sono mai stati messi in discussione. Cipriano compone le sue opere in due periodi delicati: uno è il problema dei lapsi, cioè coloro che avevano ceduto agli oppressori ma se ne erano pentiti e quindi desideravano rientrare nella comunità Cristianesimo; chiaramente alcuni erano a favore ed altri no, ma Cipriano si mette al centro, dicendo che il perdono spetta a chiunque abbia scontato delle penitenze. Affronta anche la pestilenza del 252, durante la quale scrive il De mortalitate, un’opera ricca di consapevolezza della fragilità umana, che aumentò successivamente con le persecuzioni di Valeriano. Per questo Cipriano scrive Ad Fortunatum de exhortatione martyrii, un insieme di passi per incoraggiare i fedeli. La sua è una retorica classica, paziente e calma allo scopo di trasmettere le sue lunghe meditazioni.
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