Tra gli scrittori più influenti e rappresentativi del secolo scorso non si può non menzionare Cesare Pavese. Quest’ultimo è stato anche un poeta, un traduttore e un critico della letteratura italiana. Originario di un paesino della provincia di Cuneo, Pavese ebbe una vita travagliata, soprattutto a causa di problematiche familiari quali la prematura morte del padre e l’eccessiva severità della madre, che contribuì ad accentuare il carattere già di per sé introverso di Cesare Pavese. Oltre ai sicuramente noti racconti, poesie, romanzi, saggi e diari, esiste un lato nascosto dello scrittore, che magari conosceranno solo i più appassionati della sua letteratura. Di norma, le antologie e i programmi scolastici di letteratura italiana selezionano i materiali più influenti, scartando quelli considerati di nicchia: una scelta che non consente di conoscere tutte le sfaccettature di un letterato. Le lettere informali di Cesare Pavese rientrano tra i materiali solitamente scartati dalla trattazione scolastica; eppure, l’avvento di social quali Instagram ha portato alla nascita di fanpage letterarie, che contribuiscono alla diffusione degli scritti meno noti.
Citazioni tratte dalle lettere informali di Cesare Pavese: le 4 più ironiche
Oltre al materiale destinato alla pubblicazione, Cesare Pavese ha conservato il suo lato di uomo comune: mediante la scrittura di lettere informali continuava a comunicare con i suoi affetti più cari, rivelando un’inaspettata ironia e una rara profondità d’animo. Quali sono le citazioni più belle tratte dalle lettere informali di Cesare Pavese? Ecco una lista delle quattro più ironiche e profonde.
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Che le rose fioriscano sul tuo sentiero. Ciao
Si tratta di una citazione tratta da una delle più interessanti lettere informali di Cesare Pavese, destinata all’amico Norberto Bobbio. Purtroppo, non ne si conosce bene il seguito, ma c’è assoluta certezza in merito al fatto che non vi sia stata una risposta da parte del destinatario. Attraverso questa chiusura alla sua lettera, Pavese ha augurato buone cose al collega, utilizzando una formula originale e poetica.
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E va bé. E faremo i fessi tutti insieme
Tra le lettere informali di Cesare Pavese, c’è quella spedita a Leone Ginzburg ed è probabilmente una delle più chilometriche ed esilaranti, all’interno della quale Pavese esprime totale disaccordo in merito agli atteggiamenti adottati dalla moltitudine, compreso se stesso. In questa citazione inizia a manifestarsi un senso di inadeguatezza nei riguardi della società in cui Pavese era inserito e, più in generale, in un mondo in cui non riusciva a trovare il posto giusto.
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Sono triste, inutile, come un dio
Lo scrittore apre sinceramente il proprio cuore, esprimendo malessere e tristezza. Non a caso, è una delle ultime lettere informali di Cesare Pavese, scritta poco prima del suicidio. In queste parole emerge l’avvenuta perdita di qualsiasi tipo di certezza, compresa la fede religiosa.
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Ho l’anima rigata per ragioni mie, sono a pezzi
L’ultima delle lettere informali di Cesare Pavese è quella avente come destinatario l’amico Giuseppe Vaudagna, scritta il 25 agosto 1950. In essa, Pavese chiede scusa per essersi estraniato dalle vite degli amici e, soprattutto, per aver risposto con toni poco delicati. La ragione di tali comportamenti sarebbe la sofferenza, un cattivo umore che lo avrebbe infine condotto a compiere un gesto estremo, restando, però, eternamente presente nei cuori dei suoi affetti più sinceri, delle generazioni postume e nell’inchiostro della sua penna d’oro.
Conoscevate il lato nascosto di Cesare Pavese? Come facilmente intuibile, l’ironia e la sincerità sono sempre state due valide alleate per un uomo gentile e sensibile di cui si parla troppo poco in ambito scolastico. Le lettere di Cesare Pavese sono un dono letterario in cui è riflessa un’interiorità particolare ma ancora poco nota.
Fonte dell’immagine in evidenza: Wikipedia