Lo scrittore ungherese Sándor Márai, vita e opere

lo scrittore ungherese Sándor Márai

Sándor Márai (1900-1989), brillante scrittore ungherese nato a Košice, al tempo appartenete al Regno d’Ungheria, morto suicida in California, nasce in una famiglia borghese, primo di quattro fratelli, ed è in questo ambiente che ha l’occasione di imparare anche il tedesco raggiungendo così un bilinguismo quasi perfetto, all’età di 18 anni si trasferisce a Budapest fortemente attirato dalla vita letteraria e culturale della grande capitale.

In un primo momento lo scrittore ungherese Sándor Márai valutò l’idea di scrivere i suoi lavori in tedesco ma, successivamente, decise invece di affidarsi alla sua lingua materna: in ungherese egli scrisse per la rivista satirica Der Drache e poi, iniziò a collaborare con la Frankfurter Zeitung, un quotidiano tedesco molto conosciuto all’epoca.

A causa di motivi politici relativi al “Trattato di Trianon” lo scrittore ungherese Sándor Márai vive un periodo di grande distacco dalla sua terra fino al Primo arbitrato di Vienna del 2 novembre 1938 con cui l’Italia fascista e la Germania Nazista costrinsero la Cecoslovacchia a cedere varie porzioni di territorio all’Ungheria, questa fu la prima riannessione in riferimento alla quale l’entusiasta Márai scrisse vari elogi senza risparmiare dure critiche al regime fascista e a quello nazista.

Sándor Márai fu uno scrittore fortemente antifascista che a causa delle persecuzioni dei comunisti fu costretto a lasciare l’Ungheria e a trovare rifugio altrove

Interessante è il periodo della sua permanenza nella città di Napoli: precisamente, lo scrittore si trasferì a Posillipo in Via Ricciardi n.7 dopo aver trascorso un periodo di circa sette settimane in Svizzera, dal 1948 al 1951 si trova in Campania, egli fu fortemente affascinato dal popolo napoletano, dal vino, dal caffè, dal Parco Virgiliano e dalle navi transatlantiche.

A quei tempi vi era tuttavia molta ignoranza nei confronti delle zone ungheresi, questo è possibile comprenderlo facendo riferimento all’italianizzazione a cui è andata incontro la registrazione di Márai all’anagrafe napoletana: il suo nome fu trasformato in “Alessandro” e Košice fu definito uno “Stato non registrato”.

Nonostante la disinformazione della città Napoletana, Sándor Márai cominciò a legarsi profondamente al territorio, come riferimento letterario è senza dubbio possibile menzionare il romanzo “Il sangue di San Gennaro” romanzo napoletano in cui sono presenti tracce del suo soggiorno con varie scene di vita quotidiana, questo fu un libro che egli decise di scrivere dopo aver lasciato la città quando si trasferì poi negli Stati Uniti, ottenendo la cittadinanza soltanto nel 1957.

Márai, inoltre, ha elogiato la terra napoletana paragonandola ad una donna incinta, proprio per sottolineare la fecondità e l’abbondanza offerta dalla Napoli post-bellica: “Se l’Italia fosse una donna, Napoli sarebbe il suo organo sessuale”, Napoli ha dunque avuto grande importanza nella sua vita, è stato il posto in cui innanzitutto ha avuto modo di entrare in contatto con molti letterati del tempo e in secondo luogo ha iniziato la stesura del suo estesissimo diario in cui ci parla dei suoi incontri napoletani: Márai frequenta Aurelio Marena, vescovo ausiliare di Napoli dal 1946 al 1950, il quale invita lo scrittore ad assistere al miracolo di San Gennaro.

Sempre a Napoli conosce Bernard Johannowsky, un antiquario locale che possedeva un negozio molto piccolo ma estremamente bello situato in un palazzo principesco di Piazza del Plebiscito: questo era l’antiquariato in cui gli intellettuali della società napoletana del tempo erano soliti ritrovarsi, tra cui vi era anche Benedetto Croce con cui, dopo averlo conosciuto mantiene un ricco rapporto epistolare inviandogli spesso anche copie dei suoi romanzi, tra cui “Begegnung in Bolzano” e “Wandlungen der Ehe”.

Nonostante sia stato uno scrittore ungherese dotato di grande personalità, soltanto nel 1995 Sándor Márai cominciò ad essere conosciuto internazionalmente e a godere della tanta attesa fama. La prima persona a parlare di lui fu Ena Marchi, editor e traduttrice di Adelphi a tal punto da guadagnarsi l’appellativo di “Lady Adelphi”.

In Francia la figura equivalente di Ena Marchi è Ibolya Virág, una figura che viene considerata la promotrice del successo internazionale di Sándor Márai. Ci fu poi la pubblicazione del suo capolavoro “Le Braci” in lingua francese nel 1995, il titolo originale apparso per la prima volta in Ungheria nel 1942 era “A gyertyák csonkig égnek” letteralmente traducibile in “Le candele bruciano fino al mozzicone”, la traduzione francese “Le braci” non è stata fedele al titolo originale, questo perché nella maggior parte delle volte è alquanto difficile tradurre titoli ungheresi in lingue indoeuropee, inoltre nei processi traduttologici, soprattutto letterari, si cercano sempre titoli che foneticamente suonino bene e che possano essere in grado di interessare e coinvolgere il pubblico dei lettori, nonostante non rispecchino affatto il titolo originale.
Proprio dall’esempio francese, in Italia si avrà il titolo “Le braci” pubblicato in italiano per la prima volta nel 1998, le braci fanno riferimento al camino in cui i due uomini protagonisti bruciano il diario della donna: un fuoco che rappresenta sicuramente le passioni, ma al contempo, è una fiamma bellica, una fiamma che purifica e distrugge.

Nel panorama italiano una figura di interesse è rappresentata da Marinella d’Alessandro, docente di lingua e letteratura ungherese che insegnava all’università di Napoli “L’Orientale”: viene firmato con Adelphi un contratto iniziale per la traduzione de “Le Braci” che apparirà nella primavera del 1998 in una tiratura molto cauta, di circa ottomila copie iniziali.
Il mercato italiano reagisce molto bene a questo scrittore ungherese prima sconosciuto, al punto da procedere ad una ristampa di ben cinquemila copie, in totale nei primi cinque mesi saranno stampate cinquantamila copie.

Una data importante da ricordare è il 23 aprile 1998, in questa data appare per la prima volta un articolo sul Corriere della Sera intitolato “Il maestro ritrovato” in cui fu Giorgio Pressburger, regista, drammaturgo e scrittore ungherese a parlare per primo de “Le Braci”; insieme a Pressburger, anche Massimo d’Alema, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 1998 al 2000, si dichiarò fortemente affascinato da Márai e lo consigliò a molti suoi conoscenti,

Fu anche grazie a casi come questi che Márai cominciò ad essere oggetto di discussione e le vendite cominciarono a salire grazie al “buoche à oreille”,  al passaparola.

Adelphi, dunque, usufruendo delle quattro opere francesi tradotte da Albin Michel, permette agli italiani di conoscere Márai, i quali, finalmente, cominciano ad apprezzare i capolavori e la grande personalità di uno scrittore e di un uomo che avrebbe meritato di vedere con i suoi propri occhi quante persone erano entusiaste di leggere i suoi grandi romanzi.

 

Crediti immagine: Pixabay

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