Mad World – Il Mondo Malato di Domenico Esposito

Mad World - Il Mondo Malato di Domenico Esposito

Domenico Esposito,  già autore dei romanzi “La città dei matti” e “Sia fatta la mia volontà (Qui nel mondo)“, ha appena dato alle stampe la sua ultima fatica letteraria, “Mad World – Il Mondo Malato” distribuito dalla casa editrice Eretica Edizioni. Cosa ci riserverà lo scrittore caudino? Quali sono i nuovi mondi evocati dalla sua penna e i nuovi personaggi scaturiti dalla sua fantasia? Per saperlo, ci siamo rivolti al diretto interessato, per parlare proprio della sua ultima opera.

“Mad World-Il Mondo Malato” spiega come l’arte possa combattere la sofferenza e liberare dai fantasmi

Il tuo nuovo romanzo si chiama “Mad World-Il mondo malato“, parafrasando l’omonima canzone dei Tears for Fears. Perché la scelta di scrivere un romanzo sulla malattia del mondo? In cosa risiede questo male e come lo affronti con la scrittura?

Più che una parafrasi, “Il Mondo Malato” è una canzone attribuita a Efrem che fa, in un certo senso, da colonna sonora del libro ed è la sintesi dell’argomento, “ Mad World ” l’ho aggiunto dopo come tributo alla canzone e una certa somiglianza con il significato. Sarebbe difficile parlarne in un’intervista di una cosa che ho descritto in 182 pagine. Rischierei di sembrare un tipico moralista che fa la solita retorica. Come la affronto? È proprio con l’arte che ci si salva dalle brutture, o almeno si riesce a sopportare questo male. Malgrado il titolo, il romanzo invita a concentrarci sulla Bellezza e a diffonderla.

Il tuo romanzo è ambientato in un paesino. Quanto c’è di Cervinara nella descrizione dei luoghi, delle mentalità, nel dialetto, nel modo di parlare e delle dinamiche sociali? Un autore può mai staccarsi dal proprio contesto o se lo porta dentro come una “maledizione” al punto di farlo rivivere sulla carta in maniera quasi automatica?

Può staccarsi, ma ho scoperto che il paesino di provincia mi ispira di più come ambientazione per un romanzo. Del resto, per parlare del male del mondo, ho voluto anche descrivere la Bellezza e anche se non tutti la apprezzano e la notano, per me niente è più appropriato come un paesino pieno di campagne verdeggianti e profumo di gelsomini. Non vorrei che si pensasse che con questo libro io voglia parlare del male del paese o peggio parlare male del paese. Parlo di una briciola del male del mondo di cui i paesini di provincia, con tutta la loro bellezza, non sono immuni. In ogni caso, è da un po’ di tempo che sto pensando di ambientare altri romanzi in qualche città. Lo farò appena posso.

Quanto c’è di Domenico in Efrem Lettieri, protagonista del tuo romanzo?

Di Domenico Esposito, in Efrem c’è soprattutto sangue e sudore. Efrem mi rappresenta, così come rappresenta ogni artista che affronta periodi di crisi. Ho cercato di metterci il meno possibile di me nel personaggio per quanto riguarda la sua storia e il suo passato. Il “nuovo” Efrem (segue un percorso di redenzione) avrà i miei principi e ideali. Considero i protagonisti dei miei libri come degli amici (immaginari): un amico non deve essere uguale a noi, ma deve avere dei punti sui quali essere d’accordo per essere amici. Più che altro, in uno dei seguiti che sto scrivendo vorrei fare incontrare Efrem con il mio vero alter-ego letterario per un confronto. Inoltre, ho conosciuti cantanti in crisi che volevano mollare e che ho cercato e sto cercando di incoraggiare.

Efrem è un musicista che ha visto soffocare alcune sue ambizioni, ti sei mai sentito sul punto di mollare tutto?

Sì, nel mio romanzo c’è una frase che faccio pronunciare al mio personaggio “a volte le cose alle quale ci aggrappiamo per sopravvivere sono quelle che più ci uccidono”. Ma sono cose di cui non possiamo fare a meno. Nella fase pessimista di Efrem (affronterà più fasi nel libro) l’arte viene paragonata alla droga e alla dipendenza: ci fa male, ma ormai non possiamo farne a meno. Ovviamente ci si riferisce alle delusioni che essa può causare, ai sogni infranti. Più avanti invece si capirà che è meglio di una terapia.

Allora cosa ti ha spinto a continuare?

Più che altro non riesco a smettere. Qualche anno fa annunciai di voler smettere di scrivere, ma mentre lo dicevo, senza rendermene conto, prendevo appunti per nuove opere.

Intanto anticipa (e confessa) di star lavorando già a due seguiti di questo stesso libro, sperando anche nel sostegno dei propri lettori. Non c’è che augurargli quindi un buon lavoro!
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A proposito di Monica Acito

Monica Acito nasce il 3 giugno del 1993 in provincia di Salerno e inizia a scrivere sin dalle elementari per sopravvivere ad un Cilento selvatico e contraddittorio. Si diploma al liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania e inizia a pubblicare in varie antologie di racconti e a collaborare con giornali cartacei ed online. Si laurea in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e si iscrive alla magistrale in Filologia Moderna. Malata di letteratura in tutte le sue forme e ossessionata da Gabriel Garcia Marquez , ama vagabondare in giro per il mondo alla ricerca di quel racconto che non è ancora stato scritto.

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