Mahasweta Devi e l’immagine della donna moderna

Mahasweta Devi

Mahasweta Devi nacque a Dacca nell’attuale Bangladesh nel 1926. Trasferitasi da giovane in India insieme alla famiglia, conseguì un master in letteratura inglese all’università di Calcutta, dopo il quale lavorò come insegnante e giornalista.
Figlia d’arte Mahasweta Devi pubblicò il suo primo volume nel 1956 con il titolo di Jhansir Rani. Nel 1967 iniziò la sua attività politica in difesa dei gruppi tribali, di cui ha ampiamente trattato nel suo romanzo Imaginary Maps pubblicato nel 1995. Si tratta di un romanzo diviso in tre volumi tramite cui la scrittrice si impegna nella lotta ai diritti civili e sociali delle popolazioni native, ancora oggi emarginate e tenute in uno stato di semi-schiavitù. Tutte e tre le storie forniscono infatti al lettore un rendiconto romanzato della vita delle popolazioni tribali dell’India, le cui protagoniste sono prevalente donne.
In uno dei tre racconti che compongono il volume, ovvero The Hunt, Mahasweta Devi sposta l’attenzione del lettore sull’immagine di una donna fortemente indipendente, rompendo il classico stereotipo della donna nativa sottomessa e schiava di un uomo potente spesso bianco.

Fin dall’inizio la protagonista Mary Oaron, ci viene descritta come una donna autoritaria e capace di rivendicare la propria identità. A gravare sulle sue spalle è però la memoria di un passato tanto triste quanto discriminante; Mary è infatti il frutto di un abuso sessuale commesso da un colonizzatore bianco su una donna indiana.
Ciò nonostante la protagonista continua a svolgere il suo ruolo di donna e fa della sua femminilità il suo maggior punto di forza.
In un contesto post coloniale, Mahasweta Devi ci propone come antagonista del racconto il personaggio di un uomo bianco la cui intenzione è quella di comprare parte del terreno di cui si occupa Mary.
Al di là del motivo economico c’è però il gioco dell’inganno tra uomo potente e donna vittimizzata, questa volta però non sarà Mary a cadere nello stereotipo della donna priva di ingegno. Contrariamente a quanto appena detto infatti è la stessa protagonista a rovesciare l’immagine della donna vista come facile preda trasformandosi lei stessa in cacciatrice. È proprio durante la festa della caccia, annualmente organizzata dal villaggio, che Mary riesce infatti a cacciare “la bestia bianca” per poi ucciderla rivendicando la sua autorità e fuggendo da un destino già scritto, come quello di cui era stata vittima la madre. In questo modo Mary si trasforma nell’immagine di una donna meritevole di dignità e considerazione, ma soprattutto capace di liberarsi dall’oppressione dell’uomo bianco.

Leggendo il romanzo di Mahasweta Devi il lettore si ritroverà quindi immerso in una realtà diversa dal solito e avrà la possibilità di riflettere sulle conseguenze della grande opera di colonizzazione britannica osservando in breve il processo di formazione della donna moderna la cui immagine è quella di una figura forte e indipendente.

Fonte immagine: lacittadiisaura.it

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