Minamoto no Yoshitsune, l’eroe della sconfitta

Minamoto no Yoshitsune

Tutti abbiamo un’idea comune della figura dell’eroe: forte, temerario, coraggioso e soprattutto vittorioso. Eppure, in Giappone non è così: secondo la cultura nipponica, è proprio il combattente sconfitto colui che, pur di inseguire i propri ideali, si ritrova ad affrontare la morte e che merita di essere celebrato come eroe. La storia e la letteratura del Paese del Sol Levante hanno diversi esempi di tali personaggi, ma sicuramente il caso più famoso è quello del guerriero Minamoto no Yoshitsune.

Chi era Minamoto no Yoshitsune?

Ci troviamo nel XII secolo, periodo di grandi cambiamenti per il Giappone: l’elegante corte di Heian (oggi Kyoto) sta perdendo sempre di più il proprio potere e allo stesso tempo si afferma la classe sociale dei samurai, costituita da clan che diventano sempre più forti e che arrivano ad avere un ruolo preponderante anche nell’amministrazione del Paese, entrando nel merito delle questioni burocratiche e private della famiglia imperiale. Così, prendendo parte alle diatribe che sorgono, si giunge a quello che è stato uno dei conflitti più importanti della storia giapponese: la guerra Genpei (1180-1185), che vede contrapposti i clan dei Taira, che in questo momento detengono il potere a corte, e dei Minamoto. Ed è proprio qui che collochiamo la figura del samurai Minamoto no Yoshitsune. In realtà, le notizie sulla sua vita sono scarse, molte leggendarie: i testi che ci forniscono maggiori informazioni sono lo Heike Monogatari e il Gikeiki, appartenenti al genere dei Gunki monogatari, racconti di guerra giapponesi.

Figlio di Minamoto no Yoshitomo, ucciso per aver preso parte alla Ribellione di Heiji, il giovane samurai cresce in un monastero buddhista, ma mostra fin da subito una straordinaria abilità nell’arte della spada. A un certo punto, il suo fratellastro, Minamoto no Yoritomo, raccoglie le truppe per combattere il clan nemico, guidato da Taira no Kiyomori. Ed è qui che Yoshitsune decide di prendere le armi e scendere in campo per vendicare la morte del padre. Ad accompagnarlo nelle sue avventure c’è il suo fedele compagno Benkei, monaco guerriero che, dopo essere stato battuto da Yoshitsune in un duello, sbalordito dalle sue abilità, gli aveva giurato eterna fedeltà. Il nostro eroe è infatti descritto come un giovane ribelle e caparbio, ma anche carismatico e impavido che suscita l’ammirazione di tutti coloro che incontra lungo il suo cammino e che decidono di diventare suoi seguaci. Dapprima sconfiggendo il cugino Yoshinaka, rivale di Yoritomo, poi affrontando il clan nemico, Minamoto no Yoshitsune ottiene una vittoria dopo l’altra, giungendo al momento cruciale della battaglia di Dan-no-ura del 1185, che segna la fine della guerra, con la sconfitta dei Taira e il trionfo del clan dei Minamoto.

Ma allora perché Yoshitsune è un eroe “perdente”?

Questa vittoria, benché favorevole, porta Yoritomo a provare gelosia nei confronti del fratello, che nel mentre acquisisce sempre più fama e approvazione da parte della popolazione. Accusato quindi di tradimento, Minamoto no Yoshitsune è costretto a scappare insieme al suo seguito. Questa fuga lacera pian piano l’animo dell’eroe, che da figura impulsiva e pronta a qualsiasi rischio pur di difendere i propri ideali, finisce per arrendersi all’inesorabile destino che lo attende e, pur di non cadere nelle mani del nemico, decide di commettere seppuku, ponendo fine alla propria vita nel 1189. La scena della morte di Minamoto no Yoshitsune è una delle più iconiche della letteratura giapponese ed è raccontata nel Gikeiki con un pathos e tensione narrativa che hanno affascinato i lettori per secoli. Ciò che colpisce dell’eroe è proprio il fatto che, nonostante la gloria ottenuta attraverso le sue numerose vittorie, il fato gli abbia comunque riservato una fine cruenta e segnata dalla sconfitta. Quella subita da Minamoto no Yoshitsune è un’ingiustizia, il che porta ad empatizzare con lui. Non a caso, nella lingua giapponese esiste l’espressione hougan’biiki, ovvero compatire o accogliere nelle proprie grazie un debole, ispirata proprio da lui. Nella cultura giapponese sono personaggi come Yoshitsune a fare da modello di eroismo e ciò ha influenzato tante altre figure della storia del Paese, che hanno sacrificato la propria vita per i propri ideali, come lo scrittore Yukio Mishima.

Come viene rappresentato Yoshitsune nella letteratura e nella cultura di massa?

La fama che Minamoto no Yoshitsune ha acquisito nonostante il suo triste destino si esprime nella moltitudine di opere a lui dedicate e che narrano le vicende della sua vita. Oltre ai già citati Heike Monogatari e Gikeiki, si racconta di lui in drammi di teatro e Kabuki, come Funa Benkei e Jōruri Jūnidan zōshi, dove egli non è il protagonista, ma ha comunque un ruolo preponderante nello svolgersi degli eventi. O ancora lo troviamo nell’opera Ataka, dove viene messo in scena uno dei momenti più carichi di tensione della fuga di Yoshitsune: lui e i suoi uomini vengono fermati presso un posto di blocco dai soldati di Yoritomo, ma Benkei, attraverso un astuto stratagemma, fa sì che riescano a passare, facendo così sfoggio non solo della sua genialità, ma anche della sua totale lealtà nei confronti del suo padrone, che è disposto a difendere fino alla fine. A rendere famoso questo episodio è anche un film nel quale viene rappresentato, ovvero Gli uomini che mettono il piede sulla coda della tigre, del famoso regista giapponese Akira Kurosawa e dedicato proprio alle vicende della fuga dell’eroe. Nella cultura nerd vediamo Minamoto no Yoshitsune raffigurato in diverse serie televisive e animate, come nell’anime Drifters, o nel videogioco Fate/Grand Order con il nome di Ushiwakamaru.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

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