Il mosaico romano, noto in latino come “opus musivum” (“opera delle Muse”), è una forma d’arte che ebbe origine nel III secolo a.C. Consiste nell’accostare frammenti di materiali diversi (chiamati tessere) per creare immagini e disegni, inizialmente soprattutto per pavimenti, ma successivamente anche per pareti.
Origini e funzioni del mosaico romano: da pavimento a decorazione
Inizialmente, il mosaico romano era utilizzato principalmente per rendere i pavimenti più resistenti e impermeabili. Le prime forme consistevano nell’incorporazione di frammenti di materiali vari (ciottoli, conchiglie, ecc.) nella terra battuta. A partire dal I secolo a.C., il mosaico iniziò a essere utilizzato anche per decorare pareti, in particolare in ninfei (costruzioni incavate dedicate alle ninfe) ed esedre (nicchie semicircolari).
La tecnica del mosaico romano: strati, materiali e artigiani
La tecnica del mosaico romano prevedeva la creazione di un supporto solido e impermeabile su cui applicare le tessere, generalmente di forma cubica. La preparazione del pavimento avveniva in più strati:
- Statumen: Strato di base composto da pietre grezze.
- Rudus (o rufus): Strato intermedio di ghiaia e calce.
- Nucleus: Strato composto da tre parti di cocciopesto (frammenti di terracotta e laterizi) e una parte di calce.
Dopo aver livellato il nucleus, si applicava un ultimo strato di malta fine (composta da sabbia, calce e polvere di marmo) su cui venivano posate le tessere, fissate con cemento. Era importante che il pavimento avesse una leggera pendenza per permettere il deflusso delle acque.
I ruoli degli artigiani del mosaico
Diversi artigiani specializzati collaboravano alla realizzazione di un mosaico:
- Il pictor imaginarius (pittore creativo): forniva il disegno o il cartone preparatorio.
- Il pictor parietarius (pittore murale): adattava il disegno alla superficie da decorare.
- Il musivarius (mosaicista) o il tessellarius: eseguivano materialmente il mosaico, posando le tessere.
Le tessere potevano essere di basalto, travertino, marmi di vari colori, pasta vitrea, conchiglie e altri materiali. La dimensione delle tessere influiva sul costo del mosaico: tessere più grandi rendevano l’opera più economica, mentre tessere più piccole (e quindi un lavoro più dettagliato) erano più costose e destinate a committenti più facoltosi.
Evoluzione stilistica: dal bianco e nero alle scene di vita quotidiana
Inizialmente, il mosaico romano imitò quello greco, ma sviluppò poi tecniche e stili propri. I primi mosaici erano spesso in bianco e nero e decoravano le case private, con motivi geometrici, iscrizioni di benvenuto o il nome del proprietario. Con il tempo, si diffusero mosaici policromi e figurativi, con rappresentazioni di scene mitologiche, di caccia, di pesca, di banchetti, di vita quotidiana e di elementi naturali stilizzati (come la vegetazione).
Esempi di mosaici romani: Pompei, Ercolano e Palestrina
Roma e le città vesuviane di Pompei ed Ercolano conservano straordinari esempi di mosaici romani. Il Mosaico del Nilo di Palestrina (I secolo a.C.) è un esempio di mosaico parietale che raffigura scene di vita lungo il fiume Nilo. A Ercolano, il mosaico “Nettuno e Anfitrite” (I secolo d.C.) decora una parete di una casa. A Pompei, la Casa del Fauno (II secolo a.C.) conserva numerosi mosaici, tra cui il celebre “Mosaico di Alessandro”, che raffigura la battaglia di Isso tra Alessandro Magno e Dario III.
Il mosaico romano rappresenta una forma d’arte di grande importanza, che testimonia l’abilità tecnica, il gusto estetico e la vita quotidiana dei Romani. Dalla sua funzione pratica di pavimentazione, il mosaico si evolse in una forma di decorazione raffinata, diffondendosi in tutto l’Impero e influenzando l’arte musiva delle epoche successive.
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