Ospitalità.
Forse è questa la parola che meglio racchiude lo spirito e l’essenza di Napoli.
Un’essenza rara ma comunque non impossibile da trovare altrove.
In fondo, alle spalle dell’ospitalità non c’è altro che una fiumana di persone. E di persone buone, il mondo, ne è pieno. Basta soltanto saper cercare.
Cercare e trovare, nonostante il periodo di anormalità che stiamo vivendo da un anno e mezzo, sono dunque le parole da cui partire.
Partire verso quale meta? Questa volta non si tratta di alcun luogo esotico o città d’arte. Semplicemente si parte verso la risposta alla nostra domanda iniziale: quanto siamo simili ai nostri vicini? Cosa ci accomuna agli altri popoli?
Quella partenopea si sa essere una terra multiculturale anzi, fatta a strati, potremmo dire visitando la Napoli sotterranea. D’altronde numerosi decenni, anzi secoli, di storia in cui Napoli ha indossato le vesti di un ricamatore fra culture differenti non possono far altro che incidere sul sentimento di ospitalità e apertura nei confronti dell’altro.
La lingua
Partiamo dall’elemento forse più affascinante, che anche in questo momento ci permette di comunicare: la lingua. La lingua è uno dei fattori che accomuna l’Italia, e in particolare Napoli, con alcuni stati europei. Spagnolo, francese, romeno, portoghese e italiano vengono tutte denominate, infatti, lingue romanze o neolatine.
Merita, tuttavia, un’attenzione particolare lo stretto legame fra Napoli, Francia e Spagna: frutto delle dominazioni dei secoli passati. Ne derivano, così, diverse intersezioni e punti d’incontro. Sapete, per esempio, come si traduce moglie/donna in spagnolo? Mujer! Vi ricorda qualcosa…?
Oppure il frutto della ciliegia che in spagnolo diventa cereza, o ancora l’italiano risparmio che in napoletano diventa ‘o sparagno e in francese esparagne!
Il cibo
E nei momenti in cui la lingua diventa un ostacolo alla comunicazione entra in gioco un altro elemento di comunanza: il cibo. Niente è, infatti, meglio di una tavola imbandita per mettere in contatto più persone, anche tanto diverse fra loro.
Il fascino del cibo italiano, tra cui rientra una serie infinita di specialità campane, è incomparabile e spesso preceduto dal mito che lo avvolge. Portare con sé o addirittura cucinare all’estero un casatiello, una mozzarella o una pastiera vi farà guadagnare all’istante un livello inaudito di stima! E anche 92 minuti di applausi, direbbe qualcuno.
Il legame con le tradizioni
Passeggiando fra le strade di Napoli non si può far altro che avvertire nell’aria un attaccamento alle tradizioni. Tocchiamo con mano questo sentimento soprattutto durante le festività, ma non solo.
Modi di dire, proverbi, canti e balli sono infatti tutti sintomi evidenti di questa piacevole malattia. E il bello è che non siamo i soli! In particolar modo si avverte un attaccamento alle tradizioni, anche fra i più giovani, da parte di turchi e spagnoli.
Ad unirli sono soprattutto i balli e i canti popolari, a cui vanno aggiunti giochi (alcuni estremamente simili ai nostri) e usanze. In quest’ultimo caso ricordiamo la fantastica tradizione turca che vede come protagonisti il caffè e il futuro! Una lettura del proprio avvenire, dopo aver bevuto una bella tazza di caffè turco è di certo una di quelle esperienze da provare almeno una volta nella vita!
L’autoironia
Alla fine, ma non per importanza, troviamo l’autoironia, presente in gran quantità soprattutto nel popolo romeno! Prendere la vita con leggerezza, per citare Italo Calvino, è una grande qualità, che permette di vivere in un modo diverso, più sereno e leggero.
D’altronde rispondere ai pregiudizi con una risata rappresenta una sconfitta enorme per chi vive per sentito dire o di falsi miti. Per chi vive puntando perennemente il dito, rinchiudendosi di fatto nella propria mente, poco incline all’apertura verso l’altro.
Allora ecco che il cerchio si chiude: l’ospitalità minata dal pregiudizio si nutre di risate e di sorrisi.
E fortunatamente crescono in abbondanza nella nostra terra.
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