Negli anni successivi all’occupazione statunitense, dopo essere uscito sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale, il Giappone divenne uno dei paesi con una delle fonti energetiche più stabili al mondo, grazie all’introduzione dell’energia nucleare. Ciò gli permise di superare indenne shock economici di grande portata, come nel caso di entrambe le crisi del petrolio (1973 e 1979). Nel 1966 venne messa in funzione la prima centrale nucleare a uso energetico/commerciale del Giappone, la Tokai. Oggi, lo stabilimento è ancora situato nella prefettura di Ibaraki, a nord di Chiba, ma rientra nella lista delle centrali inattive dopo il triplice disastro del 2011 (di cui l’evento più impresso nella memoria collettiva è sicuramente l’esplosione della centrale nucleare di Fukushima).
Nell’articolo Post-political uncertainties: Governing nuclear controversies in post Fukushima Japan del Professor Maxime Polleri, viene citato uno scambio con Hiroaki Koide, un ingegnere nucleare in pensione intervistato nel 2016. Egli descrive gli anni ’60 come era del nucleare, un momento storico in cui le fonti energetiche tradizionali come carbone e petrolio iniziavano ad esser svalutate e considerate obsolete. Questa condizione ha generato due tipologie di narrazione atomica giapponese nella cultura pop: una propagandista e a favore, e una fortemente contraria e critica.
La denuncia dell’atomica
La critica al nucleare ha avuto una presenza decisamente più prolifica rispetto alla controparte di difesa: per comodità e chiarezza, è meglio suddividerla ulteriormente in due sottocategorie: quella realistica e quella fantasy.
La critica realistica è caratterizzata da opere come Gen di Hiroshima (はだしのゲン, di Nakazawa Keiji, serializzato dal 1973 al 1987), La pioggia Nera (黒い雨, di Ibuse Masuji, 1965) e Pikadon (ピカドン, corto animato del 1978). Queste rappresentazioni crude e dirette degli orrori della guerra avevano l’obiettivo di sensibilizzare ed educare il pubblico attraverso immagini davvero difficili da dimenticare, favorendo una narrazione molto realistica della guerra.
La seconda categoria, la critica fantasy, invece, presenta titoli come Nausicaä della Valle del Vento (風の谷のナウシカ, di Miyazaki Hayao, serializzato dal 1982 al 1994), Ken il Guerriero (北斗の拳, di Buronson e Hara Tetsuo, serializzato dal 1983 al 1988), il celeberrimo Godzilla (ゴジラ, 1954) e Akira (アキラ, di Ōtomo Katsuhiro, serializzato dal 1982 al 1990) , in cui la denuncia è più allegorica, anche se non meno significativa, talvolta condizionata dall’estetica, che ha un ruolo predominante.
Entrambi i filoni sono stati tasselli fondamentali nell’affermazione della narrazione atomica all’interno del panorama letterario, non solo giapponese, ma mondiale.
La rinascita dell’atomo: la narrazione atomica giapponese propagandistica
Il prodotto principale della propaganda pro-nucleare, invece, è rappresentato da una delle mascotte più riconoscibili dell’editoria a fumetti e dell’animazione giapponese: Tetsuwan Atom (鉄腕アトム, di Tezuka Osamu, serializzato dal 1952 al 1968). A differenza di altre opere rilasciate poco dopo il capolavoro di Tezuka, come La corazzata Yamato, Gatchaman e Mazinger Z, che hanno possibili rimandi al nucleare usato per proteggere il pianeta ma non lo citano in maniera chiara, il piccolo Astro Boy simboleggia in maniera chiara e inconfutabile la “rinascita dell’atomo“, ovvero la rivalutazione del nucleare.
Nonostante sia tra i pochi, se non unici, lavori all’interno dell’intricato mosaico della narrazione atomica che abbiano provato a mettere in buona luce l’utilizzo dell’energia nucleare a scopo commerciale, l’immensa portata del suo successo lo ha fatto godere della stessa, se non superiore, rilevanza delle sue controparti di aspra critica.
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