Negli ultimi anni si parla sempre di più di identità di genere e soprattutto di identità non binarie. C’è chi le considera una moda, chi pensa siano concetti messi su senza una base solida, ma una cosa è certa: affinché ognuno di noi possa esprimere la sua opinione su questo argomento bisogna conoscere bene ciò di cui si sta parlando, un argomento che potrebbe risultare ostico alle generazioni più grandi della nostra. Tra le identità non binarie si trovano le etichette non-binary e genderfluid, dove in realtà la seconda è una categoria derivante dalla prima. Quindi, qual è la differenza non-binary e genderfluid?
Non-binary e genderfluid. Identità di genere e identità non binarie
Il primo a parlare di identità di genere fu lo psicoanalista statunitense Robert Stoller negli anni ’60. Innanzitutto, bisogna chiarire che le identità di genere non corrispondono necessariamente all’identità biologica di un individuo, infatti vi sono casi in cui posso differire. Così, dal concetto di identità di genere viene fuori anche quello di identità non binarie, ovvero tutte quelle identità che non si riconoscono in un solo genere che sia maschile o femminile. Inoltre, le identità non binarie sono correlate anche al concetto di transgender, poiché la maggior parte delle persone non-binary si identificano generalmente in un genere diverso da quello assegnato, ovvero il loro genere biologico.
Non-binary
Dunque, una persona non-binary è una persona che non si identifica nel binarismo di genere, dunque né nel genere femminile né in quello maschile, ma che può attribuire a sé stessa uno o più generi contemporaneamente: per questo motivo il termine non-binary è considerato un termine ombrello che al suo interno contiene diverse categorie di identità che fanno capo a quella non-binary. Ogni identità di genere ha una sua bandiera, e la bandiera dell’orgoglio non-binary è caratterizzata da strisce di colore giallo, bianco, viola e nero, dove il giallo rappresenta l’identificarsi al di fuori del binario, il bianco è per tutti coloro che non abbracciano un’unica identità di genere, il viola rappresenta il mix del sesso maschile e femminile, e infine il nero indica l’assenza di genere.
Genderfluid
Come abbiamo già visto precedentemente, l’etichetta genderfluid è legata al concetto di identità non-binary, e a differenza di quest’ultima che non prevede che un individuo si identifichi in uno o nell’altro genere, chi si identifica nell’etichetta genderfluid “oscilla” tra un genere e l’altro nel corso del tempo. La bandiera genderfluid si caratterizza di cinque colori: il rosa rappresenta il sesso femminile, il blu rappresenta il sesso maschile, il bianco indica l’assenza di genere, il viola rappresenta il mix tra maschile e femminile, ed infine il nero indica tutti i generi.
Non-binary e genderfluid in rapporto con la società odierna
Con un utilizzo dei social sempre maggiore, che permettono ad ogni persona di esprimersi liberamente, la questione non-binary ha portato alla luce diversi aspetti legati al genere grammaticale di ogni lingua. Infatti, per quanto riguarda la lingua inglese, chi non si riconosce in un unico genere o in nessun genere, utilizza i pronomi they/them, pronomi neutri che evitano un’assegnazione errata di genere. Lo stesso accade per altre lingue come il norvegese, lo svedese e l’arabo che contengono, all’interno della loro grammatica, dei pronomi neutri. Nei paesi con lingue di origine romanza, la situazione è ben diversa, poiché non esistono affatto pronomi neutri, e dunque, per non-binary e genderfluid, si sta cercando di espandere l’utilizzo di quelli che sono stati creati negli ultimi anni, come succede in Francia e in Spagna. In Italia, invece, per non-binary e genderfluid si utilizza lo scevà o schwa al posto della desinenza che rappresenta il genere nello scritto, mentre nel parlato viene utilizzata una “-u” come desinenza, ma in entrambi i casi si tratta di alternative non accettate dall’Accademia della Crusca a causa della loro poca praticità.
Fonte immagini: Wikipedia