Negli scorsi mesi si è fatto un gran parlare della cannabis legale, specie dopo la bocciatura del referendum per la sua depenalizzazione da parte della Corte Costituzionale.
Questa manovra ha diviso ancora di più l’opinione pubblica da quella politica e ha contribuito all’aumento di pregiudizi da parte dei più titubanti.
Ad ogni modo, oggi la legge consente l’acquisto di questi prodotti: non è strano, infatti, trovare numerosi shop di cannabis legale sia fisici che online.
Ma come si è espresso il governo in merito alla legalità del cannabidiolo?
Per rispondere a questa domanda, nel seguente articolo si cercherà di fare maggiore chiarezza circa la legislazione italiana sul CBD.
Cosa dice la legge italiana sul CBD
OMS: il cannabidiolo non è una sostanza pericolosa
Circa due anni fa, il Ministero della Salute aveva emanato un decreto che avrebbe sconvolto i sostenitori della cannabis: il cannabidiolo (CBD) è stato classificato come farmaco per prescrizione orale che poteva essere richiesto solo dietro ricetta non ripetibile.
Il problema sorge nel momento in cui questa sostanza entra a far parte della Tabella dei Medicinali del D.P.R. 309/90, in particolare nella sezione dei medicinali capaci di provocare dipendenza al livello psichico e fisico in chi li assume.
Stando così le cose, il CBD non poteva essere venduto liberamente dai commercianti ma, fortunatamente per loro, il decreto ha avuto vita breve.
Un mese dopo, il Ministero ha pubblicato un’altra ordinanza dove faceva dietrofront, così da far tirare un sospiro di sollievo ai professionisti del settore.
In effetti, il primo decreto entrava in netto contrasto con le posizioni di due istituzioni di globale rilevanza: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la World Anti-Doping Agency (WADA).
Entrambe, infatti, riconoscono nel CBD un prodotto sicuro e non classificabile tra l’elenco delle sostanze dopanti. Questo ha permesso agli atleti di assumerlo in totale libertà, purché dimostrassero di non fare uso di sostanze contenenti THC.
Ma quindi il CBD è legale in Italia?
Al momento non esiste una normativa che vieti espressamente l’uso del CBD, ma ciò non toglie che tuttora permanga un grosso vuoto che avrebbe bisogno di essere colmato, così da non lasciare spazio a fraintendimenti.
Per fare maggiore chiarezza facciamo riferimento alla posizione della Corte Europea, che il 19 novembre del 2020 aveva assolto due imprenditori.
Il capo d’accusa? I due avevano venduto delle sigarette elettroniche il cui liquido conteneva cannabidiolo.
Con la loro assoluzione è stato decretato che “Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”.
Quali sono le conseguenze?
Ciò significa che per la Corte Europea il CBD non è una sostanza da considerarsi illegale, il che ‘obbliga’ il Belpaese – sotto un certo aspetto – ad adattarsi di conseguenza.
Referendum Cannabis legale: il no da parte della Consulta genera malcontento
Sono state raccolte più di mezzo milione di firme nella speranza che nel febbraio di quest’anno venisse approvato il referendum per la depenalizzazione della cannabis.
Eppure, la Corte Costituzionale ha categoricamente bocciato la proposta: il presidente della consulta, Giuliano Amato, aveva risposto alle critiche dichiarando che “il quesito referendario non era sulla cannabis ma sulle droghe pesanti, insistendo sui quei commi dell’articolo 73 del Testo Unico degli Stupefacenti che non contenevano la cannabis, ma facevano riferimento a sostanze che includono papavero e coca, da qui la violazione di obblighi internazionali”.
Quindi, la domanda sorge spontanea: è veramente così che stanno le cose?
Per rispondere occorre fare un passo indietro.
Analizzando la situazione, è possibile credere che ci sia stato un fraintendimento tra le due parti, e ciò è dovuto alla richiesta di eliminare la coltivazione tra l’elenco delle attività sanzionabili all’interno del Testo Unico degli Stupefacenti.
In particolare, ci riferiamo all’articolo 73, che recita così:
“Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000”.
Quindi, il problema ruota attorno a un’unica parola, ed è il verbo ‘coltiva’.
A tal proposito, i difensori del referendum ne contestano la bocciatura, dichiarando che la cannabis è l’unica pianta che, se coltivata, permette di ricavare sostanze stupefacenti; ma Amato risponde che l’articolo fa riferimento anche ad altre droghe, il che rende la richiesta inaccettabile.
Ma che dire del CBD?
Come abbiamo detto poco fa, il cannabidiolo non è classificato tra le sostanze psicotrope, il che la rende legale a tutti gli effetti.
In particolare, la legge 242 del 2016 riconosce la legalità della cannabis light (che quindi contiene CBD), purché abbia un contenuto di THC compreso tra lo 0,2% e lo 0,6%.
Conclusioni
Questo articolo aveva il proposito di apportare maggiore chiarezza in merito alla legalità del cannabidiolo in Italia.
Riconosciuto come sostanza sicura da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il CBD è legale anche in Italia, nonostante le controversie in merito alla depenalizzazione della cannabis.
Per il momento, è possibile acquistare cannabis legale presso negozi autorizzati, come l’italianissimo Justbob, e-commerce considerato dai più un punto di riferimento del settore.