Odi et amo di Catullo, una lettura del Carme 85

Odi et amo di Catullo, una lettura del Carme 85

Odi et amo: analisi del carme 85 di Catullo, la poesia d’amore e odio più famosa

Odi et amo: con queste parole, Gaio Valerio Catullo, il massimo esponente dei poeti neoteroi, dà inizio al suo carme 85, una delle poesie più famose e intense della letteratura latina. Ed è proprio da queste parole che anche noi iniziamo la nostra analisi. Odi et amo, odio e amore, due sentimenti che la ragione considera opposti e inconciliabili, ma che la logica emozionale, per usare un termine mutuato dalla psicoanalisi, concepisce come inestricabilmente legati. Infatti, nell’inconscio, amore e odio possono convivere, e proprio da questo concetto, così distante dalla razionalità, nascono dolorosi dissidi interiori, conflitti che lacerano l’animo umano. Il carme 85 di Catullo, composto in un distico elegiaco, mette a nudo proprio questo dissidio, questa lotta interiore tra due forze contrastanti, in un’esplosione di passione e tormento, con l’uso sapiente di figure retoriche come l’antitesi e l’ossimoro.

Odi et amo: il dissidio interiore di Catullo nel carme 85

La poesia si apre con una frase di immediata pregnanza: odi et amo, che racchiude in sé tutta la forza dirompente del conflitto interiore del poeta, probabilmente rivolto alla sua amata Lesbia, pseudonimo dietro cui si cela, secondo molti studiosi, la nobildonna romana Clodia.

Che l’elegia sia un pretesto per parlare di sé o per mostrare la propria abilità nella scrittura, il poeta lascia fuori dai suoi distici la poesia civile, l’epos fine a se stesso, pur non essendo estraneo al dibattito politico-culturale del suo tempo. Catullo, originario di Verona, visse infatti in un’epoca di grandi sconvolgimenti per Roma, a cavallo tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero.

Il tema civile dell’Odi et amo di Catullo si intreccia dolorosamente al tema personale.

Questo tema, eccoci di nuovo ai versi di odi et amo, è sempre collegabile alla storia: è la corruzione di un mondo da cui Catullo vorrebbe allontanarsi a provocare il discidium della donna, vittima inconsapevole di quel negotium, di quell’attività politica che allontana il poeta dal suo rifugio letterario, dall’otium.

Odi et amo: Catullo tra otium e negotium

Ecco allora il conflitto, il dissidio interiore, nel poeta elegiaco: non si può odiare sic et simpliciter la donna, non si può odiare la donna nel suo essere ontologico. Si odia, il suo essere per generalizzazioni: non si odia la donna, quindi, ma si odia l’impossibilità di amarla e l’impossibilità di essere amato da lei. L’odio, dunque, non è rivolto alla donna in sé, ma alla situazione, al contesto che impedisce a Catullo di vivere serenamente il suo amore.

Odio e amore: un dualismo insanabile nell’animo umano

Come si potrebbe desiderare di amare chi si odia? “Odi et amo”: così si esprime la mente del poeta, “[…] Nescio, sed fieri sentio et excrucior”, la mente non lo capisce, ma ne prende atto e ne soffre. La mente, intesa come parte razionale della psiche, non comprende, non sa catalogare un moto dell’anima vivente sul dualismo amore-odio, un amore ed un odio che, pur oscillando nel loro presentarsi al poeta, restano a convivere contemporaneamente, come sostrato del suo agire; convivono nella parte emozionale dell’io perché il soggetto di quel sentire è lo stesso e non vi è definitiva vittoria dell’uno sull’altro. Amore e odio, due facce della stessa medaglia, convivono nell’animo di Catullo, generando un tormento indicibile, espresso con efficacia dal verbo “excrucior“, che significa letteralmente “sono messo in croce”, “sono torturato”.

Chi erano i poeti neoteroi e perché Odi et amo ne è un esempio

Il termine neoteroi (in latino poetae novi) fu coniato da Cicerone, forse con intento dispregiativo, per indicare un gruppo di poeti che si proponevano come innovatori rispetto al canone letterario tradizionale. Questi poeti, tra cui spicca proprio Catullo, si distaccavano dalla vita pubblica e politica (il negotium) per dedicarsi a componimenti incentrati sull’otium, l’amore e l’amicizia. Scrivevano nugae (cose di poco conto), poesie brevi e raffinate, e carmina docta, componimenti eruditi che dimostravano una profonda conoscenza della mitologia e della letteratura greca. I poetae novi erano influenzati dalla poetica alessandrina di Callimaco, che propugnava una poesia breve, raffinata e lontana dai grandi temi epici (il famoso mega biblìon, mega kakòn, “grande libro, grande male”). I loro versi erano caratterizzati dalla brevitas (stile conciso), dal labor limae (l’artificio retorico e la perizia nello stile) e dalla varietas (varietà di metri e temi trattati). Odi et amo è un esempio perfetto della poesia neoterica: un componimento breve, intenso, incentrato su un’esperienza personale e universale al tempo stesso, l’amore, e scritto con uno stile raffinato e ricco di artifici retorici.

Odi et amo: testo e traduzione del carme 85 di Catullo

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che accade e mi tormento.

Il carme 85 di Catullo, con la sua bruciante immediatezza, è una delle più alte espressioni della poesia d’amore di tutti i tempi, un testo che, a distanza di secoli, continua a parlare al cuore dei lettori, testimoniando la forza e l’universalità dei sentimenti umani, con uno sguardo attento ai dettami e alle caratteristiche della nuova corrente poetica di cui Catullo stesso è il massimo esponente nel panorama della letteratura latina.

Fonte immagine: Wikipedia

A proposito di Roberta Attanasio

Redattrice. Docente di Lettere e Latino. Educatrice professionale socio-pedagogica. Scrittrice. Giornalista pubblicista. Contatti: [email protected] [email protected]

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