Odino in Campania, l’arrivo dell’antica divinità nordica dei Longobardi e la sua assimilazione all’arcangelo Michele
L’arcangelo San Michele (dall’ebraico Mîkhā’ēl, traducibile in italiano con la domanda “Chi è come Dio?”), è uno dei quattro arcangeli della tradizione giudaico-cristiana assieme a Gabriele, Raffaele e Uriele.
Il suo culto è molto diffuso nell’Italia centro-meridionale; per esempio, in Puglia c’è un santuario dedicatogli presso Monte Sant’Angelo (in provincia di Foggia). Ma un caso molto interessante è la venerazione della creature celeste in Campania, in molte chiese nella provincia di Salerno e di Benevento. Quello che può interessare gli studiosi di teologia e di storia tardoantica è la compresenza in quei luoghi di un culto germanico, il quale arrivò in Italia grazie alle invasioni dei Longobardi: si tratta di quello del dio Wotan\Wodan, conosciuto anche come Odino.
L’arrivo di Odino in Campania, chi era la famosa divinità conosciuta come Wotan per le restanti popolazioni germaniche?
Chi era il dio Odino prima del suo arrivo in Campania e dell’assimilazione alla figura dell’arcangelo Michele?
Costui è una delle più importanti divinità nordiche, è il padre di Thor (il dio del tuono che brandisce il martello Mjöllnir), di Baldr (o Baldur, il più bello tra gli dei) e alleato del trickster Loki (il dio dell’inganno e della menzogna), il sovrano divino che risiede ad Asgard e il custode dell’antica saggezza e delle arti magiche. Quella nordica è una religione che continua ad affascinare i romanzieri e i fumettisti, come il caso di Jack Kirby con le avventure di Thor per la Marvel Comics o lo scrittore Neil Gaiman, autore del romanzo fantasy American Gods (senza dimenticarci che tale religione ispirò anche J.R.R. Tolkien nella stesura dei suoi romanzi e racconti ambientati nella Terra di Mezzo).
L’arrivo di Odino in Campania era dovuto all’ultima invasione germanica nei territori del precedente Impero romano. I Longobardi giunsero in Italia nel biennio 568-569, quando la penisola era stata devastata dalla Guerra greco-gotica, combattuta tra gli invasori bizantini e i locali ostrogoti, da una terribile epidemia di peste proveniente dall’Oriente e da una grave carestia. L’età tardoantica fu un periodo oscuro, ma l’Italia pagò il prezzo più alto di vite umane rispetto al resto del Vecchio Continente.
I nuovi arrivati dalla Pannonia, come affermato dal docente di storia medievale Giovanni Vitolo nel suo manuale omonimo, attaccarono i Bizantini. La penisola si trovò divisa tra possedimenti dell’Impero bizantino (il territorio di Roma, di Napoli e una parte della Romagna e dell’Umbria), mentre il resto della penisola cadde nelle mani della nuova popolazione. Nel Mezzogiorno i Longobardi scelsero la città di Benevento come centro del loro ducato. A differenza delle altre popolazioni e tribù, che si erano convertite all’arianesimo, i nuovi invasori erano ancora legati alla religione del dio Wotan.
L’arrivo di San Michele in Campania dalla Puglia e l’incontro con Odino-Wotan
La diffusione del culto micaelico in Italia meridionale iniziò dalla Puglia, durante la dominazione bizantina. L’archeologa Paola Valittutti (in un documento redatto per il Comune di Salerno a scopo divulgativo) afferma che l’interesse per gli abitanti di Costantinopoli per l’arcangelo era dovuto alla sua celebre apparizione, assieme a Gesù Cristo, nel sogno di Costantino prima della Battaglia di Ponte Milvio del 306 (dove il futuro imperatore sconfisse il rivale Massenzio).
Le prime testimonianze nel Gargano risalgono al V secolo. La tradizione racconta di un pastore che scoccò una freccia contro un toro scappato in un grotta, ma la freccia tornò indietro e ferì il pastore. Il vescovo locale consigliò all’uomo di trascorrere tre giorni pregando e digiunando. In seguito apparve l’arcangelo Michele, il quale gli disse di aver scelto la grotta, dove il toro si era rifugiato, come proprio santuario.
Quando i Longobardi si impossessarono del Gargano, il re Grimoaldo promosse il culto locale dell’arcangelo anche presso i suoi uomini. L’adozione del culto micaelico presso i nuovi arrivati creò l’immagine dell’arcangelo come un giustiziere e “protettore delle milizie”. L‘iconografia di San Michele che affronta i nemici in un cielo tonante e tempestoso, come affermato da Valitutti, ricorda quella di Wotan (o Odino) che combatte i rivali scatenando tempeste.
I primi luoghi di culto dedicati all’arcangelo Michele nella Campania altomedievale
Il culto micaelico in Campania, che in realtà assimilò quello di Odino, risale al VI secolo e abbiamo diverse tracce:
- nella città di Salerno c’è il famoso monastero femminile di San Michele, eretto nel 963,
- nella località di Olevano sul Tusciano, la grotta sul Mons Aureus (sul Monte Raione) era già luogo di pellegrinaggio nel 870,
- un documento del 756 riporta che il monastero San Benedetto in Xenodochio a Benevento era conosciuto come San Michele e San Benedetto,
- a Capua (Caserta) nel X secolo c’era una porta cittadina dedicata all’arcangelo Michele,
- invece a Napoli abbiamo una chiesa dedicata all’angelo guerriero eretta nel 924 nei pressi delle mura.
L’esempio del sincretismo culturale e religioso tra l’arcangelo della religione giudaico-cristiana e il dio delle popolazioni della Germania dimostra come il Cristianesimo facilmente assimilò i culti pagani di origine celtica, greco-romana, orientale o germanica. Dietro alle “madonne nere” si nasconde l’immagine di Iside con Horus sul trono, il culto di Mitra ribadisce che la nascita di tale divinità avvenne il 25 dicembre (occasione di festa anche per i Romani con i Saturnalia) e che Ferragosto era un giorno di riposo per volere di Augusto, poi divenuto occasione per celebrare l’Assunzione della Vergine Maria. Anche dietro la venerazione di San Michele quindi si nasconde il culto di una divinità pagana.
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