Oriente-Occidente, è possibile riflettere su questo scontro partendo dall’antichità classica e dalle Guerre persiane?
Lo scontro fra Oriente e Occidente è uno dei temi più interessanti dell’attuale dibattito politico, culturale e letterario. La civiltà occidentale ha (quasi sempre) manifestato curiosità e paura nei confronti delle popolazioni orientali. Alessandro Magno si spinse in India, dopo aver sconfitto l’esercito persiano di Dario III, credendo di essere arrivato ai confini del mondo, Marco Polo (accompagnato dal padre Niccolò e dallo zio Matteo) raggiunse la corte del Gran Khan Kublai, Vasco da Gama doppiò Capo di Buona Speranza per giungere a Calicut e il commodoro della marina statunitense Matthew Perry sbarcò sulle spiagge dell’arcipelago nipponico, decretando la fine del lungo isolamento del Giappone.
Nonostante i diversi incontri e collaborazioni, spesso le due parti si affrontarono in lunghi conflitti sia bellici che ideologici. Alle origini della diatriba Oriente-Occidente, dobbiamo risalire alla nascita della nostra civiltà; ovvero, durante l’età classica e (precisamente) nello scontro tra le poleis greche e l’Impero persiano. Le Guerre persiane furono molto importanti, esse decretarono la fine dell’Età arcaica della Grecia e segnarono l’avvento di una successiva epoca splendente. Da un (presunto) nostro punto di vista, fu questa la prima manifestazione dello scontro fra diverse civiltà?
Eschilo e le Guerre persiane raccontate attraverso il teatro tragico
Importante per questa riflessione è una battuta della tragedia I persiani, scritta dal drammaturgo Eschilo. Si tratta di una delle poche tragedie a tema storico e non mitologico, un caso unico che ci racconta come i greci si contrapponevano ai loro rivali:
E niun fu mai sí chiaro
come la scorsa notte. Or te lo narro.
Pareano innanzi a me giunger due femmine
in vesti adorne: un manto persïano
cingeva questa, e quella un manto dorico:
e di statura molto soverchiavano
le donne d’ora, e belle senza pecca,
e d’un sangue, sorelle. Ed abitavano
contrade avute in sorte: ellène questa,
barbare quella. Or, fra le due sorgeva,
pareami, una contesa. E il figliuol mio
se ne avvede, e le frena, e le ammonisce,
ed ai carri le aggioga, e impone redini
alle cervici. E in questa foggia, l’una
si pompeggiava, ed adattava docile
alle briglie la bocca: invece l’altra
relutta fiera, e con le man’ gli arnesi
strappa del cocchio, e rompe a mezzo il giogo,
e senza freno lo trascina a forza.
Il figliuol mio giú piomba; e appare Dario
suo padre, e lo compiange. E appena Serse
lo vede, strappa dalle membra i panni.
Ciò che ti dico, ho visto fra le tenebre.
(Eschilo, I Persiani, a cura di Ettore Romagnoli, Bologna, Zanichelli, 1922, primo episodio)
Queste sono le parole della regina persiana Atossa, la madre di Serse, che racconta di aver visto nel sogno due fanciulle: una persiana e una greca. La prima soccombe facilmente alle catene dello scià; invece, l’altra si rifiuta e affronta il monarca. Un presagio che preannuncia la disfatta della flotta persiana a Salamina.
L’opera di Eschilo alterna le vicende storiche alle visioni di Atossa e all’apparizione dello spettro di Dario (l’altro sovrano sconfitto dai greci). L’autore ci illustra la volontà greca di non volersi sottomettere all’invasore iranico. Eschilo condanna l’imperatore dell’Oriente, costui è accusato di voler conquistare la Grecia (e il resto dell’Occidente) con un esercito di più di mille uomini. La sua colpa (o hybris), secondo “l’etica greca”, riguarda l’essersi spinto troppo oltre i limiti per la propria superbia.
Lo scontro rive grazie al fumetto? Frank Miller e lo scontro tra Oriente e Occidente
Lo scontro tra persiani e greci (nel quale abbiamo due visioni diverse del mondo) ritornò tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio attraverso un nuovo medium: il fumetto. Era il 1998, quando la casa editrice Dark Horse Comics pubblicò la graphic novel 300 di Frank Miller. Nove anni dopo seguì l’adattamento cinematografico curato da Zack Snyder. L’uscita delle due opere divisero la critica e il pubblico, si aprì un dibattito fra gli opinionisti. Il giornalista e scrittore Roberto Saviano elogiò 300 in un suo articolo sul quotidiano l’Espresso:
Il film ti carica. Come se dietro la poltroncina del cinema qualcuno ti stesse girando la molla esattamente all’altezza del midollo […]. E non sai se sono stati gli effetti speciali, o i racconti che ti hanno formato da bambino, ma alla fine del film ti sale una voglia strana. Ti va di andare da tuo figlio, se ce l’hai. O di raccogliere per strada un ragazzino qualsiasi, prenderlo per un braccio e portarlo in qualche angolo dove l’Italia è ancora Magna Grecia, davanti al tempio di Poseidon a Paestum, o a Pozzuoli al tempio di Serapide, o dinanzi all’orizzonte marino del tempio di Selinunte in Sicilia, e raccontargli delle Termopili e di come 300 spartani, 300 uomini liberi, hanno resistito contro un’immensa armata di soldati-schiavi. E ti viene voglia di prendergli la testa fra le mani e urlargli affinché non si dimentichi mai le parole di Leonida: «Il mondo saprà che degli uomini liberi si sono opposti a un tiranno, che pochi si sono opposti a molti e che.. persino un dio-re può sanguinare.»
Invece, il collettivo di scrittori Wu Ming criticò l’adattamento cinematografico e l’opera originaria in un articolo dal nome Allegoria e guerra in 300. In particolar modo, Wu Ming 1 sottolineò una presunta natura razzista, ma afferma che il film è come “una falange spartana, muraglia di opliti che urta e travolge”:
Il film si rivolge agli ormoni, è probabile che nessun maschio, per quanto critico del proprio genere, del proprio ruolo e dei propri comportamenti, possa restare indifferente di fronte a una simile apologia della Maennerbund, del cameratismo maschile di guerra. Il legame tra i maschi del branco umano si tempra nella lotta contro un nemico e si esprime nella forma più alta al momento della vittoria, dove collassa ogni distinzione e affondiamo nel carnaio del sacro: per un orgasmico istante si oblitera il mondo, il colpo decisivo annichilisce la realtà e la fa scomparire, c’è solo l’arma che affonda nella carne, il nemico che stramazza, i compagni intorno a me. Se sopraggiunge la morte ci stringiamo la mano e pronunciamo la parola “onore”. Viva la muerte! grida il mio cervello rettile.
Frank Miller cambiò il panorama della “nona arte”, regalandoci opere mature che appassionarono i lettori di tutto il mondo. Batman: Anno Uno è il racconto delle origini del famoso Crociato incappucciato della DC; Il ritorno del cavaliere oscuro ci presenta (con i piani cinematografici) un anziano Bruce Wayne che decide di cominciare a vestire di nuovo i panni dell’Uomo-Pipistrello, a causa dell’alto tasso di criminalità a Gotham City; Devil: Rinascita è il ritorno dell’alter ego di Matt Murdoch, dove il protagonista deve vedersela con Kingpin e Bullseye in una delle pubblicazioni più mature della Marvel; la serie Sin City omaggia il cinema e la letteratura noir con le vicende criminali a Basin City e, infine, abbiamo Ronin, la storia di un samurai senza padrone risuscitato e ritrovatosi in un futuro cyberpunk.
Il re spartano Leonia e il monarca persiano Serse sono molto più simili agli altri personaggi di Miller che alle loro controparti storiche, come denunciato dal collettivo di scrittori. Il fumettista, di origini irlandesi e cresciuto in ambiente cattolico e conservatore, contrappone il mondo greco (rappresentazione allegorica degli USA secondo alcuni) all’enorme Impero persiano (nel quale si intravede l’Iran di Khomeyni oppure la Cina): da un lato la democrazia, la libertà e il coraggio di uomini cresciuti con fatica e privazioni; dall’altro lato, la corruzione causata dal lusso, la lussuria dei bordelli orientali, la tirannia di Serse e la schiavitù. Ciò che ha visto Atossa nel suo sogno nella tragedia greca si ripresenta anche nella graphic novel statunitense, si tratta di esaltare le virtù eroiche dei personaggi tragici per narrare un’epica vicenda immortale. Un bellissimo atto di poiesis vittima di fraintendimenti e appropriazioni politiche, le quali mettono (quasi sempre) in cattiva luce gli autori nei confronti del pubblico. Certamente, bisogna ricordare che il 300 fumettistico e quello cinematografico sono opere di fantasia che presentano molte “licenze artistiche”, in quanto non sono realizzati con finalità divulgative.
La soluzione di Erotodo, una collaborazione tra civiltà e rispetto reciproco?
Infine, superando la retorica dello scontro tra civiltà, lo storico e docente universitario Marco Bettalli propone una nuova prospettiva all’interno del suo manuale Storia Greca (scritto assieme ad Anna Lucia D’Agata e Anna Magnetto). Tra coloro che ebbero l’occasione di assistere allo scontro tra greci e persiani, c’era lo storico Erotodo. Anziché demonizzare il nemico, nelle sue Storie, Erotodo propone una collaborazione tra civiltà, nonostante l’inevitabilità dei conflitti.
Oggigiorno il mondo ci sembra diviso in una sorte di revival della Guerra Fredda. I paesi del BRICS si sono mostrati predisposti a collaborare fra loro, nell’Africa subsahariana abbiamo diverse crisi socioeconomiche e il Medio Oriente è diviso da questioni ideologiche e culturali fra le nuove e le vecchie generazioni (come gli scontri in Iran dello scorso anno). In questa situazione di caos geopolitico, l’Unione Europea (le cui radici culturali risalirebbero al mondo greco-romano oltre a quello giudaico-cristiano) avrebbe molto da imparare dal sapiente greco, circa una possibile collaborazione con l’altro, dove ci sia un reciproco rispetto tra la cultura autoctona e quella dei “nuovi cittadini” da parte di ambedue i gruppi.
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