La fiaba de “La Bella e la Bestia”, con la sua storia di amore che sboccia oltre le apparenze, ha affascinato generazioni di lettori e spettatori. Ma in pochi sanno che dietro questa fiaba, resa celebre anche dal classico d’animazione Disney e dal suo remake, potrebbe celarsi una storia vera, quella di Petrus Gonsalvus, un uomo affetto da una rara condizione genetica che lo rese un personaggio straordinario nel XVI secolo. In questo articolo, esploreremo la sua vita e il suo legame con la celebre fiaba.
La Bella e la Bestia: dalle origini letterarie alla storia di Petrus Gonsalvus
Le radici antiche del racconto: da Apuleio a Straparola
Il tema dell’amore tra una fanciulla e una creatura mostruosa ha radici antiche, rintracciabili nella letteratura greco-latina, in particolare nella favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nel II secolo d.C. all’interno della sua opera Le Metamorfosi (o L’asino d’oro). Questa storia, con le sue varianti, ha ispirato numerose versioni della fiaba in tutta Europa, incentrandosi sulla trasformazione, sulla redenzione e sull’importanza di guardare oltre le apparenze, valorizzando la bellezza interiore.
La prima versione scritta de “La Bella e la Bestia”
La prima versione scritta de “La Bella e la Bestia”, per come la conosciamo, si deve allo scrittore italiano Giovanni Francesco Straparola, che nel 1550 la incluse nella sua raccolta di racconti “Le piacevoli notti”.
Si ritiene che Straparola possa essersi ispirato, per la sua versione, proprio alla storia di Petrus Gonsalvus.
La vita di Petrus Gonsalvus: un “uomo selvatico” alla corte di Francia
L’infanzia a Tenerife e la condizione di ipertricosi
Petrus Gonsalvus, il cui vero nome era Pedro Gonzales, nacque a Tenerife, nelle Isole Canarie, intorno al 1537. Era un discendente dei “mencey”, i re dei Guanci, la popolazione indigena delle Canarie, sconfitta e sottomessa dagli spagnoli.
Pedro era affetto da ipertricosi congenita, una rara malattia genetica che provoca una crescita eccessiva di peli su tutto il corpo, compreso il viso. Questa condizione, all’epoca sconosciuta e fonte di grande stupore e paura, gli valse l’appellativo di “uomo selvatico” o “uomo lupo”.
L’arrivo alla corte di Enrico II e l’educazione umanistica
All’età di dieci anni, Pedro fu portato via dalla sua terra e offerto come “dono” a Enrico II di Valois, re di Francia. Inizialmente destinato a Carlo V d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, il piccolo finì alla corte francese a causa di un’incursione di corsari durante il viaggio.
Nonostante il suo aspetto insolito, Enrico II e sua moglie, Caterina de’ Medici, decisero di accogliere Pedro a corte e di dargli un’educazione adeguata. Il re latinizzò il suo nome in Petrus Gonsalvus.
Caterina, in particolare, si interessò a Petrus, affascinata dalla sua condizione e desiderosa di dimostrare che anche un “uomo selvatico” poteva essere civilizzato. Petrus ricevette quindi un’istruzione umanistica di alto livello, imparando il latino, le lettere e le arti, e diventando un vero e proprio gentiluomo di corte.
Il matrimonio con Catherine Raffelin: un amore oltre le apparenze
Raggiunta l’età adulta, Caterina de’ Medici decise di trovare una moglie per Petrus, scegliendo una delle sue dame di compagnia, Catherine Raffelin. Si narra che la giovane donna, inizialmente spaventata dall’aspetto di Petrus, sia rimasta colpita dalla sua intelligenza, dalla sua cultura e dalla sua gentilezza.
Contrariamente alle aspettative, il matrimonio tra Petrus e Catherine fu felice e duraturo. Ebbero sei figli, quattro dei quali ereditarono la condizione del padre. La loro storia dimostra come l’amore possa nascere e crescere anche al di là delle apparenze, superando i pregiudizi e le convenzioni sociali, valorizzando la bellezza interiore.
L’eredità di Petrus Gonsalvus: tra scienza, arte e leggenda
Gli studi di Ulisse Aldrovrandi e i ritratti di Lavinia Fontana
La famiglia Gonsalvus divenne oggetto di interesse scientifico e artistico. Il naturalista Ulisse Aldrovrandi studiò il caso di Petrus e dei suoi figli, fornendo una delle prime descrizioni accurate dell’ipertricosi. La pittrice Lavinia Fontana realizzò diversi ritratti della famiglia, contribuendo a diffonderne l’immagine in tutta Europa.
Il significato della storia di Petrus Gonsalvus: bellezza interiore e accettazione della diversità
Dopo la morte di Caterina de’ Medici, Petrus e la sua famiglia lasciarono la corte francese e si trasferirono in Italia, prima alla corte dei Farnese a Parma e poi a Capodimonte, sul lago di Bolsena, dove Petrus morì nel 1618.
La storia di Petrus Gonsalvus, al di là del suo possibile legame con la fiaba de “La Bella e la Bestia”, è una testimonianza di come la diversità possa essere fonte di ricchezza e di come l’amore e l’accettazione possano trionfare sui pregiudizi e sulle apparenze.
La sua vicenda ci ricorda l’importanza di guardare oltre l’aspetto esteriore e di valorizzare le qualità interiori delle persone, un messaggio universale e senza tempo. I dettagli della sua vita sono custoditi nell’Archivio Vaticano e negli Archivi di Stato di Roma e Napoli.